Mostre

Un Ceresio tutto da (ri)scoprire nell'arte della Fondazione Bally

Coniugando qualità, eleganza e spirito del tempo, la collettiva «Un lac inconnu» propone le opere di una ventina di grandi nomi della scena contemporanea e inaugura la presenza a Villa Heleneum della prestigiosa istituzione internazionale
© Bally
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
24.05.2023 06:00

È vero, il genius loci è potente e di certo aiuta, ma non basta. Così come non basta la pura magia di un luogo indescrivibile come Villa Heleneum, dove la prestigiosa Fondazione Bally (che esiste dal 2006) ha finalmente trovato una sede permanente all’altezza della sua fama, dei suoi valori e delle sue ambizioni. La mostra collettiva Un lac inconnu che segna l’esordio «concreto», in uno degli angoli più suggestivi e magnetici del Ceresio, dell’estensione artistica e culturale del grande marchio svizzero sapientemente guidato da Nicolas Girotto, deve molto alla sensibilità e alla classe di curatrice abile e raffinata della sua direttrice, Vittoria Matarrese, che ha portato in questo debutto espositivo tutte le emozioni del suo incontro con questo lago ineffabile e sublime. E se fino ad ora la vocazione alla creatività che il marchio Bally porta con sé fin dai suoi primordi era passata attraverso collaborazioni prestigiose con artisti, con il MASI o dall’ambito Bally Artist Award, ora «questa mostra inaugurale - come spiega l’esperta d’arte internazionale reduce dalla proficua esperienza alla direzione di Villa Medici a Roma o del Palais de Tokyo di Parigi - è già un invito al potere evocativo della natura circostante. Alla sua capacità di aprire l’immaginazione e creare immagini persistenti. A penetrare nelle acque profonde, calme, materne o turbolente. A trasformare i confini tra esterno e interno in sottili membrane e perlustrare i nostri propri giardini intimi, i nostri paesaggi sommersi». Una mostra collettiva che si annuncia come «una passeggiata poetica e filosofica» tra le opere di ventitré grandi artisti internazionali, con l’idea «di dare forma all’acqua che scivola tra le dita eppure scava un solco, una proposta di connessione con se stessi e con il mondo». I nomi? È la stessa curatrice a passarne in rassegna alcuni con malcelato orgoglio, «da Hélène Muheim con i suoi giardini disegnati con l’ombretto, a quelli incisi da Willa Wasserman o tessuti da Elise Peroi, in cui le forsizie giganti di Petrit Halilaj e Álvaro Urbano ci proteggono dalle tempeste emotive e dove possiamo incontrare le figure metà umane e metà vegetali di Vito Acconci, i fiori alati di Wilfrid Almendra e gli oggetti animati/animisti di Rebecca Horn (presente con un’opera, Belle du vent, proveniente da un prestito della Collezione Olgiati di Lugano in un’ottica di promettente collaborazione sul territorio, ndr). Un’esplorazione del subconscio, come nel lavoro di Paul Maheke, delle crepe e delle immagini che ci abitano, delle voci che ci ossessionano, come quelle della scultura di Tania Gheerbrant, della narrazione di Yannick Haenel o del coro di Adélaïde Feriot, tanto meravigliose quanto inquietanti.

Se l’affresco di Mathias Bensimon ci offre una visione speculare del lago, la pittura di Oliver Beer e la scultura di Ligia Dias si sono spinte nelle profondità dell’acqua per trovare gli elementi che le compongono, mentre gli oggetti liquidi di Mel O’Callaghan fanno risuonare i respiri nel nostro essere più profondo. Di fronte al lago, sotto il lago, siamo le esploratrici e gli esploratori solitari delle vestigia del paesaggio e delle nostre memorie - chiosa Vittoria Matarrese - seguendo l’esempio di Caroline Bachmann, Emilija Škarnulytė o Karim Forlin, creando un ponte, una breccia che ci permette di entrare più da vicino in un territorio, nella sua storia e nei suoi miti». Ai quali possiamo aggiungere l’opera Unseen (Daylight) della canadese Angela Bulloch, che illumina la stanza e ipnotizza i visitatori, il cartello segnaletico immaginario (Snow Dancing) di Philippe Parreno, che suggerisce un rituale di danza nella speranza di veder cadere la neve, una pratica considerata superstiziosa nell’immaginario popolare o ancora la fotografia del Ceresio di fine Ottocento del francese Constant Puyo, senza dubbio l’opera più figurativa della mostra, essendo il suo soggetto l’unico che si riferisce direttamente al luogo che la ospita oppure la scritta Close your eyes con cui Haim Steinbach accoglie i visitatori sull’enorme finestra al piano terra della villa, con un’opera che funge da strumento di transizione e invita a una ricerca intima: abbandonare il paesaggio esterno per guardare e vedere quello nascosto in ognuno di noi. Ma non è facile descrivere singolarmente opere che in realtà assumono un significato anche superiore soltanto entrando in relazione tra loro e nel preciso contesto, interno ed esterno alla Villa Heleneum, in cui sono collocate. È infatti stupefacente notare come la stessa villa liberty, il paesaggio e le opere d’arte lavorino insieme per dare vita a un’esperienza di fruizione unica. Così come unica si sta rivelando la vocazione di questa Fondazione che affiancandosi ad altre realtà notevoli come quella dei coniugi Olgiati o la Fondazione Braglia, al panorama museale che ha tratto nuova energia e valore dalla creazione del MASI e all’immenso patrimonio delle gallerie d’arte contribuisce a impreziosire il tessuto culturale del territorio ribadendo, con la forza e il valore del suo prestigio, la sua natura di luogo di sperimentazione e di dialogo dove la vocazione al contemporaneo si concretizza grazie alle sinergie tra spazio pubblico e competenza e forza di privati illuminati. Di certo con Un lac inconnu Bally ha inteso collocare l’asticella di partenza molto in alto, con una mostra di superlativo valore artistico e di notevole profondità concettuale. Riscoprendo e riconoscendo il lago e i suoi segreti, i visitatori si trovano confrontati con loro stessi rielaborando introspettivamente come connettersi con la Natura attraverso gli aspetti dimenticati del proprio modo di sentirsi umani.

Fondazione Bally-Villa Heleneum, Un lac inconnu. A cura di Vittoria Matarrese. Fino al 24 settembre 2023. Via Cortivo 24, Lugano. La Fondazione è aperta da mercoledì a sabato dalle 13.30 alle 19. La domenica dalle 11.30 alle 17. Il parco e i saloni al piano terra sono accessibili gratuitamente. Il biglietto d’ingresso dà accesso alla mostra temporanea ai piani superiori. www.ballyfoundation.ch