Personaggi

Arte indipendente come spazio di libertà

Riccardo Lisi sarà nella giuria di selezione delle prossime due Biennali di Venezia
Riccardo Lisi fotografato sul tetto dell’edificio che ospita la rada.
Dalmazio Ambrosioni
13.05.2019 06:00

Appena inaugurata l’edizione 2019 della Biennale di Venezia (fino al prossimo 24 novembre), giustamente Pro Helvetia già pensa alla presenza svizzera alle prossime edizioni, 2021 e 2023. E qui c’è una novità che riguarda il Ticino e la Svizzera Italiana: a far parte della giuria di selezione della presenza svizzera a queste due edizioni è stato chiamato Riccardo Lisi, da sette anni direttore dello spazio per l’arte contemporanea «la rada» (si scrive così, sempre minuscolo) in via Morettina 2 a Locarno. La commissione è composta di quattro critici e un artista, due uomini e tre donne e le prospettive di lavoro «sono molto interessanti, come ha confermato la prima riunione che abbiamo avuto a fine aprile a Zurigo». Inutile chiedere di più a Riccardo Lisi, visto che il percorso è appena iniziato. Ma con la sua presenza nella commissione di selezione finalmente qualcosa si muove nel collegamento tra la mostra d’arte contemporanea più famosa al mondo e il Canton Ticino. L’argomento è anche doloroso perché, se la Biennale di Venezia è ben visitata da addetti ai lavori e anche dal pubblico ticinese, balza all’occhio da troppo tempo l’assenza di artisti e curatori d’arte del nostro cantone nel bel e ben situato padiglione della Svizzera nella sede centrale situata ai Giardini. Tutte le edizioni si spera di cogliere qualcosa che inserisca anche il Ticino nella scena svizzera della cultura artistica, rimanendo fatalmente delusi. E tutte le volte ci si pone la stessa domanda: ma davvero in Ticino non succede nulla che meriti di essere quantomeno segnalato alla Biennale?

La risposta è, finalmente, nella scelta di un operatore culturale che opera in Ticino. Riccardo Lisi esprime «soddisfazione ma anche la sorpresa. Per me, per la rada e per tutta la scena degli spazi indipendenti dell’arte contemporanea in Ticino e dintorni». Sono parecchi e vivaci, attenti al nuovo e ai giovani, alla ricerca e alla sperimentazione di modi, spazi e tempi. Basti citare Sonnestube e Morel, l’Artelier di Alex Dorici e lo Spazio 1929 a Lugano, Spazio Lampo a Chiasso, lo stesso Mact Cact arte contemporanea Ticino di Casanova a Bellinzona e altri ancora, compresi naturalmente la rada a Locarno, la Fabbrica di Losone ed altri gruppi più isolati, nelle valli, talvolta pochissime persone che magari una volta sola l’anno fanno una mostra o altro. O produce film, come Hanna Hildebrand a Chiasso.

Una sorta di vocazione
Questa la realtà dell’arte giovane e indipendente («una realtà composita, dalle molte facce alla quale è bene che Cantone e Confederazione dedichino la giusta attenzione») nella quale Riccardo Lisi si muove da più di vent’anni tra curiosità, ricerca, iniziativa, dedizione. Appena s’è diffusa la notizia della sua nomina è stato inondato di likes, mi piace, quasi fosse una vittoria di tutti, ed in parte lo è. Imperterrito, continua con coerenza, testardamente, seguendo una sorta di vocazione (c’è qualcosa di monacale nella sua dedizione), affrontando i rischi del caso. Con qualche premessa ideale («la passione per l’arte del nostro tempo è parte del mio amore per la libertà») e l’attrazione verso il Ticino: «negli anni d’oro di Villa Favorita venivo in treno a Lugano per seguire quelle esposizioni, dagli Impressionisti in avanti». Nato a Pescara, Abruzzo, 56 anni fa, diplomato in statistica, ha lavorato a Milano e nelle Marche, «una terra con punti in comune con il Ticino, anche nella dolcezza del paesaggio». Abitava nella villa abbandonata di famiglia, appesa in cucina la riproduzione di Dejeuner sur l’herbe di Claude Monet. Il contatto con una ragazza di Breganzona che studiava storia dell’arte l’ha ulteriormente avvicinato al Ticino. Eccolo insegnare statistica al Swiss Marketing SMC-Ticino di Bruno Marchi a Lugano, e poi coordinare per il Corriere del Ticino i sondaggi delle elezioni cantonali del 1991. Va a vivere a Porlezza dove nel ’96 organizza una mostra nei tunnel stradali abbandonati; per sicurezza, ci dorme dentro. È l’anno del Molino a Lugano, ex macello. Come manager d’una band partecipa alle assemblee, collabora a gestire la fase di trasferimento, ne è a volte anche il portavoce. Aiuta a promuovere l’attività culturale in un centro sociale a Milano, quartiere Isola. «Queste iniziative danno la possibilità di vivere il tempo libero e la notte senza passare attraverso le categorie commerciali. La parola chiave è sempre libertà. La mia sobrietà permette agli altri di essere liberi nei propri comportamenti. Vengo da una famiglia libertaria, socialista, progressista, scuola sartriana, vicina all’esistenzialismo». Gli basta poco per vivere con dignità in una sorta di reciproca attrazione verso gli spazi culturali e le ragioni dei giovani. Come con la Fabbrica di Losone, anno 2000. «C’erano eventi day and night, ingresso gratuito. Quell’esperienza stava terminando, non era previsto nient’altro per cui mi interesso, incontro Michele Tognetti, vero "angelo" per la cultura e la socialità nel Locarnese, mi propone di essere coordinatore, accetto». Da dicembre 2001 e per quasi sei anni è il perno della Fabbrica organizzando mostre d’arte ed eventi «senza scopo di lucro», muovendosi tra artisti anche conosciuti, soprattutto ma non solo giovani, dalla Svizzera tedesca all’Italia con al centro il Ticino. «Un’esperienza fondamentale, avvincente, vissuta con spirito giovane; una sorta di full immersion in un continuo scambio generazionale. Nell’arte contemporanea assumersi dei rischi permette di ottenere risultati solidi, che non svaniscono dopo le mostre, anche agganciando, mettendo in dialogo nuove tecnologie e nuove generazioni».

Innovare nel metodo
Conclusa ma non accantonata l’esperienza della Fabbrica, alla Gamec di Bergamo, mostra di Enzo Cucchi, conosce poco dopo, aprile 2007, Vanessa Beecroft, artista affermata. «In giugno aveva una performance alla Biennale di Venezia. Riteneva che il personale delle Gallerie non fosse in grado, per metodologia di lavoro, di gestire un intervento in uno spazio pubblico, mi chiede di collaborare. Lei è in California, comunichiamo per mail, mi sposto a Venezia e con l’aiuto di suo fratello maggiore allestisco la parte logistica come produttore esecutivo. Vanessa è soddisfatta, collaboriamo in varie occasioni. Sono anni intensi, mi muovo come battitore libero, ad esempio come produttore esecutivo di due film di Marco Poloni prodotti dalla rada. Giriamo tra Sicilia e Sardegna, la collaborazione funziona tanto che la rada, febbraio 2012, mi affida la direzione». Lui che fa? Inizia e continua innovando, anche nel metodo. Mostre, eventi, gran lavoro per esplorare, conoscere, coinvolgere con precisione e gentilezza, sempre un grazie ai tanti che collaborano con lui. «Il manager peggiore è quello che non fa sopravvivere la sua impresa a se stesso, quindi amo molto coinvolgere e delegare contribuendo tra l’altro a formare una serie di giovani curatori, soprattutto donne, quasi tutte ticinesi. Molto aiuta a crescere anche il nuovo programma di Pro Helvetia per spazi culturali non museali e senza scopo di lucro, allo scopo di valorizzare la giovane scena culturale ed artistica svizzera». Dove Riccardo Lisi si muove come un pesce nella sua acqua, sempre con quella sua allure monacale e un’attenzione all’arte come spazio di libertà. «Per i giovani, certo, ma per tutti».