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Aspettando il 2022 con l’OSI

Il direttore d’orchestra Rune Bergmann presenta il concerto di San Silvestro con cui augurare «un mondo nuovo»
Al LAC di Lugano i musicisti dell’Orchestra della Svizzera italiana propongono un programma con un’impronta americana. © OSI - Kaupo Kikkas
Nicola Cattò
31.12.2021 06:00

Non saranno i valzer, le polke e le mazurche della famiglia Strauss a risuonare al LAC di Lugano venerdì 31 dicembre, alle 18.00, per salutare l’anno nuovo, secondo la tradizione viennese: «Quella musica – ci dice Rune Bergmann, il direttore d’orchestra norvegese che sarà sul podio dell’OSI per l’ormai tradizionale Concerto di San Silvestro – è troppo associata a Vienna e ai Wiener Philharmoniker, quindi io cerco di evitarla in altri contesti. E allora con Christian Weidmann, il direttore artistico e amministrativo dell’Orchestra della Svizzera italiana, abbiamo pensato a qualcos’altro».

Sul podio dell’OSI il direttore norvegese Rune Bergmann. © Kristin Hoebermann
Sul podio dell’OSI il direttore norvegese Rune Bergmann. © Kristin Hoebermann

Ossia a un tema americano, che parte dalla Nona sinfonia Dal Nuovo Mondo di Dvořák e prosegue con Bernstein (Tre danze da On the Town e Danze sinfoniche da West Side Story): come mai?
«Ci voleva qualcosa di divertente, che desse l’idea della festa: particolarmente in questi momenti, in cui speravamo di essere fuori dalla pandemia, ma purtroppo ne stiamo ancora subendo gli effetti. Ecco, allora, il tema del Nuovo Mondo: una sinfonia che tutti conoscono e amano, in cui c’è una forte influenza americana ma nella quale le radici tradizionali slave di Dvořák sono evidenti. Forse è la sinfonia più celebre in assoluto e il motivo credo risieda proprio in questo perfetto mix di vecchia Europa e Nuovo Mondo. E a Lugano la faremo in modo un po’ diverso: sarebbe naturale concludere la serata con questa sinfonia, e invece sarà il pezzo d’apertura. Poi suoneremo Bernstein: tutti amano questa musica e, tra l’altro, c’è una singolare coincidenza con il nuovo film di Spielberg su West Side Story, uscito da poco nei cinema. Non importa quanto uno possa essere scorbutico: dopo due note del Mambo gli verrà subito un bel sorriso sulla faccia! Insomma, ecco la nostra idea: con questa musica entriamo in un mondo nuovo, in un anno nuovo. Certo, non sappiamo ancora quale mondo sarà, ma lo facciamo con fiducia e speranza. Questo concerto (prevendita biglietti qui) sarà come una cena fatta di tre dessert, senza il piatto principale: sono sicuro che il pubblico ne sarà entusiasta»!

Ha citato il film di Steven Spielberg: si ricorda quando ha visto per la prima volta quello «originale» del 1961?
«Certo, ero molto giovane e ricordo che quello che mi colpì non fu tanto la trama o il film in sé, ma la musica: è strano, forse, ma ogni tanto vado a vedere un musical o un’opera ed è principalmente la musica che mi attrae, non tanto le parole o la parte visiva».

Parlando della Nona di Dvořák, Bernstein diceva che «non ha nulla di americano»: come se lo spiega?
«Nel secondo movimento, il celebre Largo, si possono benissimo sentire le praterie americane, i vasti spazi naturali incontaminati: certo, forse non suona americano nel modo in cui lo intendeva Bernstein, in cui ha svolto tutta la sua vita. È l’America delle fattorie, delle vecchie tradizioni, dai ritmi lenti e non quella della New York spumeggiante e stimolante in cui si muoveva Bernstein. Tutto ciò mi affascina: in qualsiasi nota Dvořák abbia scritto si sente l’anima ceca, ma in questa sinfonia c’è anche un ritratto musicale dell’America quale era all’epoca. Devo dire che ho esitato a lungo prima di dirigere la Nona e l’Ottava sinfonia: sono troppo spesso eseguite, anche dalle orchestre di studenti, sono state distrutte da centinaia di pessimi concerti. Ma poi mi sono deciso e sia il pubblico che l’orchestra hanno apprezzato molto la mia lettura, forse per un’ideale sintonia tra il mio background norvegese e lo spirito ceco di questo repertorio. Qualche settimana fa ho diretto a Baltimora, negli Stati Uniti, l’Ottava ed ora torno alla Nona con nuovo entusiasmo: se si riesce ad arrivare all’anima di questa musica, è come un’esplosione di fuochi d’artificio, di energia e passione. Per il direttore non ci sono grandi difficoltà tecniche: tutto sta nell’ispirare i musicisti e tirare fuori il meglio da loro. L’OSI del resto ha una reputazione eccellente, e sono sicuro che faremo grandi cose insieme»!

Leonard Bernstein è annoverato tra i più grandi compositori, pianisti e direttori d’orchestra del ’900. © Al Ravenna / Library of Congress
Leonard Bernstein è annoverato tra i più grandi compositori, pianisti e direttori d’orchestra del ’900. © Al Ravenna / Library of Congress

Bernstein, inutile dirlo, è stato un gigante del podio e abbiamo le incisioni della sua musica diretta da lui stesso: un riferimento che non si può evitare, o è lecito prendere altre strade a livello interpretativo?
«Dipende dalle orchestre: alcune sanno adattarsi a questo stile di musica con grande facilità, tuttavia immagino che la musica di Bernstein non faccia parte del repertorio comune dell’OSI (ma lo stesso vale per gran parte delle orchestre europee). Non è facile ottenere un vero swing da un’orchestra tradizionale: quella di Bernstein è musica “classica”, ma scritta come se fosse per una big band. E bisogna trovare quel punto di confine fra i due mondi, tra i due modi di suonare. Credo però che l’OSI, a metà fra Italia e Nord Europa, sarà perfetta per questo difficile equilibrio».

D’altronde Bernstein diceva che la musica si divide solo in due generi: quella buona e quella cattiva...
«È davvero così e nessuno come lui ha saputo unire in maniera fluida e naturale i generi più lontani, sia come direttore che come compositore. L’apertura, l’avvicinamento, la comunicazione: questo era il suo segreto».

Ci sono tradizioni particolari nella «sua» Norvegia per l’ultimo giorno dell’anno?
«Nulla di specifico. Ecco, forse talvolta suoniamo quelle musiche viennesi cui facevamo riferimento poco fa, oltre – naturalmente – a musica popolare, tradizionale. Diciamo che il programma di Lugano potrebbe essere tipico anche di un Capodanno norvegese»!

Cosa augura per l’anno nuovo ai lettori e a chi verrà al concerto?
«Ho tanti auspici, ma il più importante è che si possa uscire presto da questa pandemia. La cultura, la musica e tutte le cose meravigliose di cui possiamo godere possono dare un grande aiuto: anche per noi musicisti è stata durissima. Il mio augurio è quindi di salute fisica ed equilibrio mentale: credo che questa pandemia ci abbia insegnato molto su noi stessi, sugli altri, su quello che è importante e quello che lo è meno. Personalmente ho imparato a essere meno perfezionista, a lasciare fluire la musica più liberamente durante il concerto, con un certo margine di spontaneità: mi affido di più al momento e non tornerei mai indietro sui miei passi».

Scoprite di più sulla stagione 2022 dell’OSI e sugli eventi in programma dal 31 dicembre al 6 gennaio, sfogliando AgendaSette n. 52, in allegato oggi al Corriere del Ticino e sempre a portata di clic con l’app CdT Digital.

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