"Baarìa", un kolossal per Tornatore

Giuseppe Tornatore ama il cinema. È innamorato di quel cinema che ha iniziato ad amare nella sala buia del Nuovo Cinema Paradiso, a cui ha dedicato il suo miglior film. Tornatore è regista da grandi film: ha bisogno di tempo, di spazio, di musiche roboanti, di attori, di personaggi e anche di soldi. "Baarìa", la sua ultima opera presentata poche settimane fa in apertura della 66. Mostra di Venezia, non fa che confermare tutto ciò. I numeri sono da kolossal in tutti gli ambiti della produzione: 50 milioni di franchi per tornare a casa, nella cittadina in provincia di Palermo dove è nato e cresciuto. È lì che ambienta la saga della Famiglia Terraciano: stirpe di povera gente che si troverà a flirtare con le idee social-comuniste, rimanendo però sempre perbene e patendo, oltre alle sofferenze della miseria, anche quelle dell?emigrazione. Una saga costellata di piccoli episodi, di una miriade di personaggi (troppi, soprattutto all?inizio, quando la sovrabbondanza finisce con il confondere lo spettatore) e che si dipana sullo sfondo della Storia: dal fascismo alla guerra fino ai moti del ?68. Nelle sue due ore e mezza "Baarìa" vola tra alti e bassi, perdendo e ritrovando il filo di una storia labile che non riesce mai (anche se a Tornatore piacerebbe tanto...) ad assumere accenti felliniani. Per fortuna che nel magma di attori che sfilano sullo schermo ci sono i volti nuovi dei due protagonisti: Margareth Madè e Francesco Scianna. Sono loro le vere scoperte del film.