Bastian Baker, un anniversario straordinario

Lo avevamo lasciato poco più di due anni fa a Moon&Stars a Locarno, quando infiammò piazza Grande con un’esplosiva esibizione. Lo ritroviamo oggi in una dimensione diversa, come vedette del Circo Knie che in questi giorni chiude a Lugano il suo tour 2021/22. È il cantautore losannese Bastian Baker, una delle poche personalità del pop elvetico riuscita a guadagnarsi una solida reputazione internazionale che, a dispetto della crisi che sta attraversando il mondo musicale, sta vivendo un momento felice caratterizzato da un alcuni numeri: 30, ovvero il traguardo anagrafico appena raggiunto; 10 come gli anni di carriera professionale e 21 che, in numeri romani, compare nel titolo del suo quinto album in studio (Stories of the XXI) in uscita la prossima settimana.
Partiamo proprio da questo disco che colpisce per tre elementi: sintesi (solo nove canzoni, tutte piuttosto corte, immediate), dinamismo che caratterizza ogni brano e... internazionalità
«Questo album è stato una grande sfida per me, perché volevo concentrarmi proprio sugli elementi che hai citato. Mi sono infatti reso conto che spesso ci sono in giro dischi con talmente tante canzoni che nessuno riesce ad ascoltare dall’inizio alla fine. Una trappola da cui ho voluto sfuggire lavorando di sottrazione, inserendo nel disco solo quei brani in grado di mostrare il meglio di me. Dopo una lunga scelta mi sono accorto che quelli in cui credevo davvero tanto erano nove. E ho fatto il disco solo con quelli. Anche riguardo alla loro durata ho lavorato di sintesi, in modo che fossero molto immediati, togliendo ogni elemento in grado di appesantirli. Un lavoro meticoloso che ho fatto ricordandomi di ciò che imparai in un seminario a New York in cui si faceva notare che buona parte dei primi grandi classici del pop non duravano più di un paio di minuti...».
Hai citato New York, e qui entriamo nell’internazionalità di Stories of the XXI...
«Dal lato compositivo il disco è stato concepito in giro per il mondo. E ovviamente risente di tutto ciò, così come il lavoro di incisione che, a causa delle difficoltà degli spostamenti, è stato diverso rispetto al passato. A me piace infatti rimanere tanto tempo in studio, a stretto contatto con musicisti e tecnici: in questo caso, abbiamo dovuto lavorare il più delle volte a distanza, comunicando via e-mail o Zoom. Però sono soddisfatto del risultato».

Parliamo ora di concerti: l’ultima volta che ti abbiamo visto era nel 2019 a Moon&Stars. Da allora cosa è successo e quanto ti manca la dimensione del palco?
«Quello che è successo è sotto gli occhi di tutti anche se grazie al Circo Knie sono uno degli artisti che ha potuto vivere al meglio questo difficile biennio. Però fare dei concerti miei, come quello di Moon&Stars che è stato uno dei migliori in assoluto, perché quella sera c’era un’energia davvero speciale, mi è mancato tanto. Soprattutto perché senza i concerti non riesco a comunicare tutta l’energia che sento dentro e che è parte essenziale del mio essere musicista».
A proposito di Circo Knie: cosa fai nello spettacolo?
«Tante cose (ride...). È un’esperienza straordinaria che mi ha permesso di lavorare tantissimo e arricchito professionalmente. Anche perché quando mi hanno proposto di andare in tournée con loro ho messo in chiaro che non volevo essere solo un cantante che proponeva qualche brano tra un numero e l’altro: volevo essere parte integrante dello show. E questo mi ha obbligato a lavorare tantissimo. Faccio infatti un numero aereo con una ragazza, poi sono su un cavallo, poi c’è una coreografia in cui balliamo tutti assieme... Insomma, la mia performance non è uno showcase, né un concerto ma qualcosa di speciale, che è possibile solo nella dimensione del circo».

La tournée con il Circo Knie e il nuovo disco sono un modo un po’ particolare per festeggiare i tuoi primi dieci anni di carriera. Che bilancio puoi trarne?
«Positivissimo: il mio è un sogno che si è trasformato in realtà e che mi ha permesso di fare tante cose incredibili. Ho girato il mondo intero, ho fatto più di 1.500 concerti visitando 56 Paesi, sono stato in luoghi dove neppure pensavo si potesse andare a suonare, come in Madagascar, in Algeria, in Thailandia o in Corea del Sud. È stato un decennio, insomma, meraviglioso con pochi momenti brutti: l’unico è stato quando, un paio di anni fa ho dovuto cambiare alcune cose perché mi sono accorto che stavo entrando in una spirale pericolosa. A quel punto ho smesso di bere alcol, sono tornato a praticare con regolarità dello sport, ho cambiato alcune persone con cui lavoravo in modo da ritrovare quello spirito giocoso che è alla base del mio fare musica. Ed è accaduto, ed è anche grazie a questa sterzata che ho potuto affrontare la pandemia in modo sereno».
A Lugano terminerai il lavoro con il Circo Knie. E poi?
«Porterò in giro le canzoni del nuovo album con una serie di concerti in alcuni club dove mi sento a mio agio, cantare assieme al pubblico, improvvisare, divertirci con le canzoni che hanno fatto la mia storia. Se sarà possibile vorrei che si trattasse di concerti della durata di due o tre ore, con tanti amici, musicisti, sportivi che sono stati al mio fianco, mi hanno sostenuto in questi anni e che verranno a fare dei featuring, per festeggiare con me sul palcoscenico questo nuovo disco e questo importante anniversario».
La recensione del disco «Stories of the XXI» – Un frizzante giro di giostra tra le note

Anticipato da un paio di singoli, tra cui Dancing Without You, da oltre un anno stabilmente presente nelle classifiche di vendita e nell’airplay nazionale («Ma nell’album compare una versione più “compatta” e “asciugata”», spiega l’artista), Stories of the XXI è il quinto album registrato in studio da Bastian Baker dopo Tomorrow May Not Be Better (2011), Too Old To Die Young (2013), Facing Canyons (2015) e Bastian Baker (2018). Rispetto ai precedenti, questo lavoro si distingue principalmente per la sua compattezza: poche canzoni, nove, tutte molto veloci e incisive (la durata media dei brani è inferiore ai 3 minuti con due sole eccezioni, We Ruined Our Story e No Secrets che superano di poco i 240 secondi) e nelle quali non c’è spazio alcuno per i fronzoli. Ogni nota, ogni ritornello e riff sono infatti dosati con il bilancino in modo da rendere al massimo la fruizione dei brani, sia in un ascolto privato (già al secondo ascolto buona parte di loro si prestano infatti ad essere canticchiato), sia per la programmazione radiofonica. Sul fronte stilistico poche le novità se non un’accentuazione di quel sound molto americano che è da sempre la principale cifra stilistica di Bastian Baker e che la sua costante frequentazione di Nashville ha leggermente colorato con tinte più vicine alla tradizione del «new country», ma sempre con un occhio attento al mainstream pop-rock. Un album insomma gradevole, intenso, che si gusta in fretta, non fa a tempo ad annoiare e che, anzi, una volta terminato, si ha immediatamente voglia di fare ripartire. Per un altro piacevole e frizzante giro di giostra tra le note.