Made in Ticino

Benvenuti a Villa Tatum dove la fantasia è al potere

Con il suo nuovo album, il primo cantato totalmente in italiano, Tatum Rush mette da parte quell’approccio alla musica più sperimentale e controcorrente dei precedenti lavori a favore di un pop gradevole e multicolore che spazia tra differenti stili e decenni ma sempre conservando tratti di inconfondibile originalità
Giordano «Tatum» Rush: americano di nascita ma cresciuto in Ticino, ha all’attivo due album e una quindicina di singoli. ©Alessandro Oliva
Alessandro Pironaci
10.11.2022 06:00

Una delle dinamiche più intriganti e imprescindibili dell’essere umano è che egli conosce se stesso attraverso gli altri. Rivediamo negli altri moti, sguardi ed emozioni che creano come per magia un ponte che ci conduce a quelle piccole verità in grado di farci comprendere meglio noi stessi. Ogni medium artistico ci concede un accesso immediato a delle sintesi di queste piccole verità e Villa Tatum, il nuovo album di Tatum Rush, non fa eccezione, anzi. Più che un disco questo lavoro pare infatti un tempio dalle luci soffuse e dalla sgargiante architettura, con al suo interno dodici stanze piene di storie, musica ed evocativi disegni.

Quello pubblicato nelle scorse settimane dall’artista nato in America ma cresciuto in Ticino, è il primo album cantato totalmente in italiano. Un dettaglio non di poco conto considerato che il suo album precedente, Guru Child, risalente a sette anni orsono, era invece totalmente in inglese. Ma le differenze con le sue precedenti proposte non stanno solo nella lingua utilizzata. In Villa Tatum il cantante, oltre che la lingua di Dante abbraccia infatti pure il pop italiano e i suoi stilemi mettendo da parte quell’approccio alla musica più sperimentale e «controcorrente» al mainstream che caratterizzava i suoi precedenti lavori. Il risultato è un Tatum che, pur mantenendo il suo caratteristico taglio originale e quelle sue sfumature quasi mistiche che danno all’ascoltatore la sensazione di avere a che fare con qualcosa di decisamente innovativo, condisce il tutto con una salsa squisitamente pop e R&B, con le varie canzoni che viaggiano su assi temporali e geografici a volte espliciti e a volte meno: ascoltando Villa Tatum si passa dal Brasile all’Italia, dalla Francia al Giappone fino ad arrivare in India. E, al medesimo tempo, dalle sonorità degli anni ’70 e ’80 sino a quelle del primo decennio del nuovo Millennio che l’artista miscela con il suo consueto tatto ed eleganza.

Aprendosi con un delizioso arpeggio di chitarra classica fitto di aromi dolci e speziati, l’album mette al secondo e terzo posto della sua scaletta due dei singoli che hanno preceduto la sua pubblicazione (Valentina e Sparring Partner) per poi proseguire con Big Mama, in cui spicca il featuring quasi techno con Frah Quintale: un brano che tratta sempre dell’ammirazione per la donna, in un immaginario quasi stilnovista in cui l’uomo è stregato dalla figura femminile sotto qualsiasi forma. Tra citazioni ai Gipsy Kings e a Lucio Dalla, tra brani oscillanti fra trap e R&B con Lulu, che da canzone diventa featuring, Villa Tatum prosegue poi attraverso mille colori e panorami che affascinano ma che, per chi segue da tempo l’artista, non rappresentano una sorpresa: dall’inizio della sua carriera Tatum Rush ci ha infatti viziato svelando piccole verità che raramente vengono cantate. E questo accade anche con questo suo nuovo disco che, ne siamo certi, farà fatica a invecchiare e che anche fra svariati anni sarà in grado di evidenziare la sensibilità artistica fuori dal comune del suo autore.