Cinema

Buon compleanno Clint Eastwood

Nato il 31 maggio 1930, compie 90 anni una delle figure più importanti della storia del cinema - Attore feticcio e allievo di Sergio Leone, nella sua lunga carriera ha sviluppato una filmografia intensa, originale, di successo benché spesso lontana dagli stereotipi di Hollywood
Red. Online
30.05.2020 06:00

Sergio Leone, che lo lanciò internazionalmente negli anni Sessanta, lo definì «un blocco di marmo» nonché «una maschera con due sole espressioni: con il cappello o senza il cappello». Giudizi apparentemente severi ma dietro i quali si leggeva sempre una grande ammirazione nei confronti del neo-novantenne Clint Eastwood (l’attore e regista americano è infatti nato a San Francisco il 31 maggio 1930) che proprio partendo da questa sua imperturbabilità espressiva forgiata alla scuola del grande maestro del cinema italiano, ha costruito una delle più straordinarie carriere della settima arte.

Clint Eastwood agli inizi degli anni Sessanta in un’immagine pubblicitaria della serie tv «Rawhide»
Clint Eastwood agli inizi degli anni Sessanta in un’immagine pubblicitaria della serie tv «Rawhide»

Dagli inizi in tv a Cinecittà
Prima che il regista italiano lo trasformasse nell’iconico Uomo senza Nome della «Trilogia del dollaro» (Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo) capostipite del genere spaghetti-western, il trentenne e biondo Eastwood non era infatti che uno dei tanti attori del sottobosco hollywoodiano, asceso ad una discreta popolarità con la serie tv western Rawhide (Gli uomini della prateria, in italiano, passata alla storia più che per il suo valore per il rifacimento della sigla operato dai Blues Brothers nel 1980) ma sempre ai margini delle grandi produzioni – una figura della quale Quentin Tarantino ha fatto un caustico ritratto nel personaggio interpretato da Leonardo Di Caprio in C’era una volta a Hollywood.

Clint Eastwood sul set di «Per qualche dollaro in più»
Clint Eastwood sul set di «Per qualche dollaro in più»

Fu proprio l’esperienza romana a fargli fare il salto di qualità. Leone non solo seppe costruire quell’espressione glaciale sul suo volto, trasformandola in un marchio di fabbrica che Eastwood avrebbe poi sfruttato per tutto il resto della sua carriera, ma anche e soprattutto introdusse il giovane attore in una dimensione cinematografica diversa da quella roboante e fracassona di Hollywood. Una dimensione che, come ha fatto osservare recentemente il critico italiano Eusebio Ciccotti, ha quale archetipo Il buono, il brutto e il cattivo e soprattutto la scena in cui il Eastwood uccide i cacciatori di taglie che hanno catturato Tuco. Una scena, scrive Ciccotti, nella quale «la pistola estratta dalla fondina dal Biondo fa fuoco rapidamente, in un “baleno”, dopo lunghi interminabili momenti di silenzio, di osservazione, di dettagli in campo/controcampo di occhi che si scrutano, si scavano, di attività pensante e gesti lenti».

Un marchio di fabbrica

L’ispettore Callaghan, ruolo che Eastwood ha interpretato in cinque film.
L’ispettore Callaghan, ruolo che Eastwood ha interpretato in cinque film.

Lo sguardo concentrato e attento ai dettagli e un’azione repentina figlia di un ponderato pensare e di un’attenta elaborazione, sono infatti poi stati i tratti caratteristici dell’intensa carriera di Eastwood. Soprattutto quando dismessi i panni del duro, sia nel western sia nel poliziesco (i film dedicati all’ispettore Callaghan in cui ha sviluppato l’altra collaborazione cruciale della sua vita, quella con il regista Don Siegel), ha affiancato alla recitazione la regia. È da lì che ha origine infatti il lento agire da cobra, pronto a colpire feralmente del disincantato del vecchio ex pistolero William Munny degli Spietati; come pure la paziente lentezza «filosofica» di un uomo della terza età chiamato dalla sua coscienza a soffermarsi sul senso della vita (i ruoli da lui diretti e interpretati in Gran Torino, Million Dollar Baby e nel recente Il corriere-The mule), ma anche la lentezza-veloce degli infiniti e ripetitivi allenamenti di Million Dollar Baby e della finale di rugby tra Sud Africa e Nuova Zelanda raccontata in Invictus. Film nei quali Clint Eastwood si è progressivamente ispirato a storie e personaggi reali, dal solido impianto narrativo spaziando con eclettismo tra i generi. Nella sua sconfinata filmografia di regista-interprete (un doppio ruolo che nonostante avesse più volte deciso di scindere definitivamente ha portato avanti con caparbietà fino ad oggi) infatti è possibile trovare di tutto: dal mai rinnegato western al giallo, dal melodramma alla fantascienza, dai film musicali allo sport.

Clint Eastwood in «The Mule»
Clint Eastwood in «The Mule»

I riconoscimenti
Una poliedricità che se non sempre ha prodotto risultati eccelsi, gli ha comunque permesso di porre la sua firma su un buon numero di film entrati di diritto nella storia dei una cinematografia che non ha mancato di tributagli parecchi onori. Nella bacheca del novantenne Eastwood ci sono infatti cinque Oscar, sei Golden Globe e tre César e altrettanti David di Donatello: una pioggia di riconoscimenti che ne fanno, assieme ad una lista di nomination lunga un chilometro, uno dei giganti della settima arte. Anche se per chi vi scrive, Clint Eastwood rimarrà sempre l’enigmatico e silenzioso personaggio con il cappello calato sulla fronte, il sigaro toscano stretto tra i denti, il poncho sulle spalle e un nome tutto da scoprire.

Una scena di «Million Dollar Baby»
Una scena di «Million Dollar Baby»

La musica, un amore senza fine

«Ero un ragazzo che parlava poco, che viveva in un mondo tutto suo. E la cui unica passione era la musica». Così in varie interviste Clint Eastwood parlando della sua gioventù ha messo l’accento su quella che, oltre alla recitazione, è da sempre la sua grande passione: la musica. Che ha avuto una parte fondamentale all’interno della sua carriera cinematografico e che, personalmente, ha vissuto da protagonista. Firmando alcune pellicole ad essa dedicate: dallo splendido Bird (1988) dedicato al grande genio del jazz Charlie Parker, al più recente – e un po’ meno riuscito – Jersey Boys (2015) che racconta l’epopea dei Four Season di Frankie Valli (per i non troppo specialisti l’interprete del tema principale di Grease) passando attraverso l’intenso Piano Blues (2003) documentario di una serie dedicata alla «musica del diavolo» prodotta da Martin Scorsese al cui interno, tra le tante chicche, c’è un incantevole intervista-duetto tra Clint e Ray Charles.

Clint Eastwood e Ray Charles in «Piano Blues»
Clint Eastwood e Ray Charles in «Piano Blues»

Spesso Eastwood, che è pure un discreto musicista (passione trasmessa anche al figlio Kyle – un jazzista dalla discreta popolarità) ha curato personalmente le colonne sonore di parecchi suoi film (tra i tanti quelle di Mystic River, Million Dollar Baby, Changeling, Hereafter) e ha pure inciso delle canzoni. La più recente è Gran Torino, incisa nel 2009 per l’omonimo film e da lui interpretata con lo pseudonimo di Walt Kowalski assieme a Jamie Cullum, ma in precedenza ha realizzato molti altri singoli e album spaziando tra i suoi due generi preferiti, il jazz e il country. Genere quest’ultimo al quale ha dedicato un imperdibile doppio album: The Singing Cowboys realizzato assieme a Frankie Laine nel quale compare anche quella Rawhide ripresa con grande successo quarant’anni fada John Belushi e Dan Aykroyd e dedicata proprio al primo fortunato personaggio della sua carriera.