A Capo Verde tra poesia e vita dura

«Hanami» è un termine giapponese che significa «osservare i fiori di ciliegio durante la loro fioritura», una bellezza fugace che simboleggia la caducità della vita e la sua continua rinascita. Come mai la giovane regista capoverdiana cresciuta in Ticino Denise Fernandes ha scelto un titolo simile per il suo lungometraggio d’esordio? Lo ha spiegato lei stessa alla fine dell’applaudita prima proiezione del film, inserito nel concorso Cineasti del Presente. «Capo Verde e il Giappone - ha detto - sono due realtà lontanissime per molti aspetti, ma hanno anche diversi elementi in comune. Il territorio di entrambi è formato da un gruppo di isole dove la presenza dei vulcani è una costante, ma al contrario del Giappone, Capo Verde soffre da sempre di una cronica mancanza di precipitazioni che è la causa principale dell’emigrazione di una parte cospicua della sua popolazione». Sin dal titolo, quindi, Denise Fernandes dimostra di utilizzare un approccio molto personale che le permette di raccontare una vicenda in apparenza semplice ma di estrema profondità emotiva. Un modo per riannodare i fili con una terra d’origine con la quale aveva avuto soltanto contatti sporadici, ma anche per rendere omaggio ad una popolazione che, nonostante l’estrema povertà e le difficili condizioni di sopravvivenza, conserva la dignità delle proprie tradizioni e ha saputo sviluppare una cultura - soprattutto musicale - di grande originalità sfruttando al meglio le influenze eterogenee che si incrociano a queste latitudini.
Hanami racconta due momenti della vita di Nana, bambina rimasta orfana che viene salvata dalla morte grazie a una serie di riti magici, e poi adolescente aperta alle prospettive del futuro ma al tempo stesso custode dei segreti del passato. Nella sua linearità, che viene spezzata solo dai ricorrenti ritorni a casa degli emigranti, il racconto mantiene costantemente un sapore di quotidianità al quale si affianca però con naturalezza un valore simbolico. Il tempo meteorologico, la costante (e a tratti assordante) presenza del mare, l’asprezza del paesaggio contribuiscono a fornire allo spettatore emozioni forti, così come le prestazioni della bambina e della giovane che vestono i panni della protagonista e di tutti i personaggi di contorno che non mostrano mai un segno di forzatura o di artificialità nel loro comportamento. Hanami è il frutto di un lungo lavoro introspettivo da parte della sua autrice, ma anche di un’esplorazione accurata di un mondo che ha saputo fare pienamente suo, riuscendo così a trasmettere delle sensazioni importanti agli altri. Se lo scopo di Denise Fernandes era quello di far ritrovare un posto sulle mappe geografiche ad un Paese che viene troppo spesso dimenticato, si può senz’altro dire che l’obiettivo è stato pienamente raggiunto. Vedere Hanami fa lo stesso effetto di ascoltare una canzone della grande Cesaria Evora: si percepisce la durezza della vita in questo sperduto lembo di terra ma anche la speranza senza la quale la poesia - al pari dei fiori di ciliegio - non potrebbe mai fiorire.