Il bilancio finale

A Locarno oltre 154 mila spettatori: «Il pardo piattaforma indispensabile»

Secondo il CEO Raphaël Brunschwig i numeri della rassegna appena conclusa confermano la «centralità del festival ticinese» – Rese note le date del prossimo anno: 5-15 agosto – Confermata la volontà di anticipare a luglio dal 2027, «ma non lo faremo in rottura con il territorio»
©Gabriele Putzu
Mattia Sacchi
17.08.2025 22:30

Con l’ultimo film proiettato in Piazza Grande, sabato sera si è chiusa la 78. edizione di Locarno, una rassegna che quest’anno ha messo in fila 224 titoli, 101 prime mondiali e oltre 154 mila spettatori tra sale e piazza. Una fotografia in numeri che racconta una crescita costante, a conferma della capacità del Pardo di consolidare e ampliare il proprio ruolo nel panorama internazionale dei festival cinematografici.

Per Raphaël Brunschwig, CEO del Locarno Film Festival, i numeri non bastano però a spiegare ciò che è accaduto. «È stato un successo - dice al CdT - Non solo sul piano artistico, che Giona Nazzaro ha curato al di sopra di ogni aspettativa, ma in ogni àmbito. Penso all’ulteriore crescita di Locarno Pro, al successo delle attività della Locarno Factory, alle giornate di riflessione su cultura e società, agli incontri al Monte Verità, fino alle attività per bambini e adolescenti. In 11 giorni si è creata una pluralità di voci che conferma il festival come piattaforma generativa e di riferimento».

Centralità è la parola che Brunschwig ripete più volte. Non un’autocelebrazione, ma una constatazione. «Abbiamo visto arrivare ministri, associazioni culturali, editori, fondazioni. Tutti hanno trovato a Locarno un luogo di confronto. All’interno di Locarno Pro, una nuova attività dedicata a filantropi e investitori ha arricchito il nostro modo di rafforzare il modello di finanziamenti pubblici e privati».

I dati confermano l’impressione: +10% di abbonamenti, oltre 5 mila accreditati, con quasi 900 giornalisti presenti (+13%). «Un incremento sorprendente - osserva il CEO - In un periodo in cui i media culturali faticano, vedere così tanti critici e fotografi a Locarno ci ha colpito. E questa presenza si riflette sulla copertura internazionale, che quest’anno è stata più forte che mai». Le grandi star hanno contribuito, ma con una modalità diversa da altri festival. «Emma Thompson ha detto che Locarno è il festival più bello a cui sia mai stata, perché qui vieni trattato come un essere umano e non come un prodotto. E Jackie Chan ha girato un video promozionale sul Lago Maggiore: se avessimo dovuto pagarlo, sarebbe costato cifre impensabili. Invece, nasce da spontaneità e generosità. Non paghiamo le star, ma offriamo momenti autentici. In cambio, riceviamo coinvolgimento».

Per Brunschwig, il festival vuole essere sempre più un “salotto buono” del cinema indipendente. «È bello vedere i grandi nomi confrontarsi con i cineasti emergenti. Questo dialogo informale è prezioso, e sarà rafforzato dai progetti futuri: la Rotonda che diventerà giardino urbano, il ritorno del Grand Hotel, Largo Zorzi più verde e vivibile. Tutto ciò radicherà ulteriormente il festival territorio e allo stesso tempo lo aprirà al mondo».

Lo striscione contro l’UBS

L’edizione 2025 non ha portato solo glamour. In Piazza Grande hanno trovato spazio anche la protesta e il dissenso. Migliaia di cartoline insanguinate sollevate dal pubblico per Gaza alla serata di apertura, manifestazioni in centro città, volantini e uno striscione contro lo sponsor UBS, accusato di legami con l’industria bellica israeliana. Brunschwig affronta il tema con chiarezza: «Il Festival di Locarno si svolge su suolo pubblico, per sua natura aperto e accessibile. Come evento culturale e non politico, accogliamo e diamo spazio, tramite il cinema, a una pluralità di voci, che godono della piena libertà di esprimersi, così come è libero di esprimersi il nostro pubblico. Purché non vengano disturbate le proiezioni, non spetta a noi intervenire».

Sul piano organizzativo, il CEO sottolinea la forza della nuova governance. «La complessità del contesto odierno richiede competenze distribuite. Assieme alla presidente Maja Hoffmann, a tutto il CdA, al direttore artistico Giona Nazzaro, al resto della direzione e a tutto il team abbiamo lavorato come una squadra. È un modello che funziona, perché le sfide globali del cinema e della cultura necessitano di competenze distribuite e risposte corali».

Resta però la questione economica. «Abbiamo annunciato un deficit di 350 mila franchi, ma sono fiducioso che potremo migliorarlo. Il modello tiene, ma richiede un lavoro enorme: nessuno ci deve qualcosa, ogni anno bisogna rinnovare molti accordi e quindi convincere, raccontare, spiegare il valore di ciò che facciamo. I prossimi anni saranno cruciali per consolidare questo modello e attrarre nuovi partner internazionali».

E poi c’è il calendario. La prossima edizione potrebbe essere l’ultima che si svolgerà interamente ad agosto (per la cronaca, dal 5 al 15). «Abbiamo espresso la nostra preferenza - dice Brunschwig - ma non possiamo farlo in rottura con il territorio. Se la comunità ci seguirà, ci rimboccheremo le maniche. Se resteremo in agosto, lavoreremo al meglio in quella cornice. È una decisione che avrà implicazioni sul nostro posizionamento internazionale, ma dovrà nascere dal dialogo e da visioni condivise». Lo sguardo è tuttavia già rivolto all’80. edizione, quella del 2027. «Sarà un traguardo simbolico. Vorremmo organizzare un’edizione capace di anticipare il volto del festival che verrà, un’anticipazione di ciò che saremo. Senza dimenticare i dettagli: nei festival i dettagli fanno la differenza. Se il cinema ha un potere trasformativo, come ricorda Giona Nazzaro, noi vogliamo continuare a essere il luogo dove questo accade per il maggior numero possibile di persone».

Sullo sfondo, anche l’ipotesi di un nuovo «Patto di Locarno» evocata dal consigliere federale Ignazio Cassis, che ha proposto, per il 2027, una conferenza internazionale sulla diplomazia della pace. Un’idea che guarda al futuro, ma che trova terreno fertile in una rassegna che - sottolinea Brunschwig - «già oggi ha un ruolo di rilievo nella diplomazia culturale, offrendo uno spazio di dialogo aperto e critico».

Alla fine, il CEO sorride, pensando al suo immediato futuro: «Domani mattina accompago mia figlia, che non vedo da un po’, alla scuola nel bosco. È il mio prossimo film, quello che mi mancava di più». Corriere del Ticino

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