L'intervista

Federico Buffa racconta lo sciopero di Hollywood: «Gli attori non scherzano, è scontro vero»

Lo storyteller, grande conoscitore degli Stati Uniti, paragona lo sciopero in corso allo stop di qualche anno fa dei giocatori NBA: «Sono convinto che la protesta possa andare avanti a lungo»
©SARAH YENESEL
Mattia Sacchi
11.08.2023 11:30

«Don’t mess with Texas». Non scherzare con il Texas, dice uno noto slogan del Dipartimento dei trasporti texano. Ma non è che negli altri 49 Stati americani si prendano le cose molto più alla leggera. Lo sanno bene a Hollywood, dove lo sciopero di sceneggiatori e attori ha raggiunto i 100 giorni, con buona pace di chi era convinto che «fosse un gioco a cui avremmo giocato poco», per dirla alla De André.

«Siamo abituati a pensare agli USA come a un Paese in cui non ci sia concertazione a livello sindacale - racconta il giornalista e scrittore Federico Buffa, grande conoscitore degli States -. Invece il sindacato americano è molto potente e chiede ai suoi affiliati  sacrifici, che sono affrontati con convinzione. Gli USA sono crudeli, ma ti mettono nella condizione di lottare per qualcosa come in nessun’altra parte al mondo: proprio per questo sono convinto che lo sciopero andrà avanti ancora a lungo».

L’avvocato, come viene chiamato dai fan che lo seguivano nelle cronache tv di basket, conosce bene queste dinamiche, anche per i sui trascorsi di procuratore sportivo di giocatori della NBA. E proprio per questo, Buffa vede un parallelismo con i vari lockout della lega americana, che hanno visto la sospensione del campionato per diversi mesi. «È difficile da raccontare fuori dai confini americani, perché parliamo di atleti che guadagnano decine di milioni di dollari l’anno. Eppure, nel 2011 la serrata è durata 5 mesi e rischiava di proseguire ulteriormente. Quando LeBron James ha letto, in una riunione plenaria di giocatori, la lettera in cui una cameriera di un locale vicino al palazzetto di Cleveland spiegava come a causa della sospensione delle partite non ricevesse più le mance necessarie a mantenere il figlio, le cose sono cambiate. Sono emersi i danni collaterali per le categorie più deboli nella serrata. È stata la chiave di volta per l’incontro tra le parti sociali».

Il capolavoro di Ken Loach

«Ed è proprio per tutto quel cinema che non vediamo, che però alimenta in modo determinante l’industria americana, che sarà necessario trovare un accordo prima che comincino a sparire le grandi produzioni - prosegue Buffa - . Certo, poi a livello personale è una coltellata pensare che a causa dello sciopero non posso vedere Cate Blanchett e magari scambiare due battute con lei».

La passione per il basket è nota, quella per il Pardo un po’ meno: ma Federico Buffa sta seguendo la «Last Dance» di Marco Solari, per parafrasare il titolo del documentario sull’ultima stagione a Chicago di Michael Jordan? «L’ho incrociato più volte, ma mai conosciuto personalmente, anche perché passo i giorni locarnesi correndo da un cinema all’altro. Ho ammirato i suoi modi galanti e diplomatici, la dimensione internazionale che ha dato al Festival. Ha fatto un lavoro notevole, percepito anche da chi non vive le dinamiche ticinesi come il sottoscritto. Ora sono curioso di vedere che cosa farà Maja Hoffmann, un profilo davvero fuori dal comune che potrebbe portare il Festival a un altro livello».

E a proposito di livelli, com’è questa edizione? «Come sempre, ci sono così tante tematiche che il concorso è incostante: ho visto film grandiosi come The Old Oak di Ken Loach: se fosse davvero il suo ultimo, direi che chiuderebbe in bellezza la carriera, gli ultimi 20 minuti sono un capolavoro. In concorso, a parte quel fenomeno che è Radu Jude con lo strepitoso Nu aștepta prea mult de la sfârșitul lumii, ho visto un paio di film buoni. Ma per me Locarno è anche altro: sono un fan di Panorama Suisse e trovo incredibile che gioielli come Foudre, che rappresenterà la Svizzera agli Oscar, non sarà distribuito in Italia. Inoltre, penso che il livello dei documentari svizzeri sia tra i più eccellenti al mondo: è per questo che il Festival continua a essere uno dei miei appuntamenti imprescindibili».

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