L'intervista

«Il cinema argentino è paralizzato: fare cultura è sempre più difficile»

La produttrice Paula Orlando, a Locarno per «The Birthday Party», racconta la scelta dolorosa di abbandonare il Paese d'origine a causa dell'impossibilità di lavorare - Mancano del tutto i fondi pubblici e a Buenos Aires, ormai, «c'è una censura silenziosa ma molto efficace»
Paula Orlando, terza da sinistra, con parte del team di The Birthday Party, presentato al Locarno Film Festival
Mattia Sacchi
11.08.2025 06:00

C’è stato un tempo, ormai molto lontano, in cui l’Argentina era «terra promessa» per chi, dall’Europa, cercava una nuova vita lontano dalla guerra e dalla povertà. Basta pensare alla famiglia Bergoglio per capire di cosa stiamo parlando

Oggi, il flusso sembra invertirsi: sono gli argentini, spesso discendenti di quegli stessi migranti, a salpare verso il Vecchio Continente in cerca di stabilità e futuro, ultimamente spinti anche dal desiderio di libertà. Tra loro c’è Paula Orlando, produttrice esecutiva che lavora a Barcellona con la spagnola Fasten Films, giunta a Locarno come coproduttrice di The Birthday Party di Miguel Ángel Jiménez, il film interpretato da Willem Dafoe, Emma Suárez e Carlos Cuevas nato da una collaborazione internazionale e proiettato in prima mondiale tre sere fa sotto le stelle di Piazza Grande.

«Non avevo mai vissuto nulla di simile - racconta Paula Orlando - Presentare un film davanti a migliaia di persone, in un contesto così rilassato e allo stesso tempo attento, è qualcosa di irripetibile. È davvero una celebrazione collettiva del cinema».

Una preoccupazione forte

Dietro il sorriso e la passione per il mestiere, Paula nasconde tuttavia a fatica una preoccupazione autentica: quella di un’industria cinematografica nazionale ormai in ginocchio.

Fino a poco più di un anno fa, Paula Orlando viveva e lavorava a Buenos Aires, alla guida della propria società di produzione, con oltre tredici anni di esperienza tra cinema d’autore, documentari e serie televisive. «Non è mai stato semplice fare film in Argentina - spiega al Corriere del Ticino la produttrice di Buenos Aires - ma c’era un’attenzione politica che lasciava spazio alla cultura. Con l’arrivo di Javier Gerardo Milei alla Casa Rosada, quel margine è scomparso».

Il cambiamento seguito all’ascesa al potere del leader di La libertà avanza (Milei è stato eletto presidente dell’Argentina il 10 dicembre 2023, ndr).è stato infatti molto netto: i fondi sono stati bloccati e le politiche culturali smantellate in pochi mesi. «Il cinema, la scienza, l’istruzione…  per me sono parte della stessa catena - dice Orlando - e oggi quella catena è stata spezzata. L’Instituto Nacional de Cine y Artes Audiovisuales è paralizzato: a sopravvivere sono poche grandi produzioni già sostenute da colossi dello streaming. Tutto il resto è fermo. E assieme al lavoro, che ormai manca quasi del tutto, si indebolisce anche la libertà di trattare temi come l’interruzione volontaria della gravidanza, i diritti della comunità LGBTQ+, la memoria storica del Paese. C’è una censura silenziosa ma molto efficace».

Servono anni per costruire un’industria, ma bastano pochi mesi e poche decisioni per comprometterla. «Quando c’è la volontà di demolire, si può fare in pochissimo tempo. Ricostruire, invece, è un processo lungo. Basta guardare al Brasile del dopo Bolsonaro: con Lula alla presidenza, il settore non è ancora tornato ai livelli di prima».

«Restare operativi»

Paula ha lasciato il Paese sfruttando la possibilità, ormai sempre più rara, di avere un passaporto europeo. Non si è trattato di un arretramento o di una rinuncia, ma di una scelta consapevole per continuare a battersi con strumenti concreti: restare operativa, mantenere un ruolo nel circuito internazionale, far sentire la propria voce.

«Molti miei amici registi oggi insegnano, fanno altri lavori, o girano film gratis chiedendo favori. Io volevo restare nel cuore della produzione, con la possibilità reale di portare avanti i progetti in cui credo. Volevo continuare a raccontare storie, senza doverle piegare a una linea politica che non condivido».

In Fasten Films ha trovato un ruolo che le permette di incidere sulle scelte artistiche. «Non è la mia compagnia, ma posso decidere, sviluppare, costruire. Sto lavorando a un film tratto dal Candido di Voltaire, in coproduzione con una grande società francese, e a un progetto del regista messicano Samuel Kishi, autore di Los Lobos. Sono due storie molto diverse, ma entrambe parlano di movimento: geografico, emotivo, esistenziale. In fondo, ogni film è un viaggio. E ogni viaggio insegna qualcosa che resta».

Sul lago Maggiore, nelle notti di Locarno, il cinema si fa rito comunitario. Paula lo vive con la lucidità di chi sa di appartenere a due mondi: quello che l’ha formata e quello che ora le permette di lavorare. «Non vedo un ritorno vicino - ammette - Ma il cinema argentino ha radici profonde. Resisterà. Ci vorrà tempo, e molte mani pronte a ricostruire. Io, da dove sono, continuerò a farne parte».

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