Vita da Cannes

Joaquin Phoenix, sceriffo in un'America da western

In «Eddington», diretto dall’emergente cineasta statunitense Ari Aster, ambientato in una cittadina del New Mexico durante la pandemia di Covid-19, che ci mostra una società spaccata in due tra «fake news» e complottismo, turbe psicologiche e derive horror
© AP/Scott A Garfitt
Antonio Mariotti
16.05.2025 23:15

Prendete un quarantenne cineasta americano che si è fatto un nome grazie a un paio di horror psicologici (Heredity, Midsommar) il cui stile è stato arditamente paragonato da alcuni critici a quello di un Polanski o di un Kubrick. Mettetegli a disposizione uno dei pochi attori che a ogni sua comparsa sul grande schermo fa parlare di sé (quasi sempre in bene) come Joaquin Phoenix con il quale il regista ha già collaborato sul suo precedente film (la commedia psicologica Beau is Afraid del 2023). E per finire lasciategli scrivere una sceneggiatura ambientata nello stato in cui vive e quindi conosce alla perfezione (il New Mexico) durante il mese di maggio del 2020, quindi in piena Covid-19, un periodo non troppo amato dal pubblico.

Questa la ricetta di Eddington di Ari Aster, passato oggi in concorso e che colpisce in primo luogo per la sua durata, per molti versi eccessiva, di 2 ore e 28 minuti. Un arco temporale di cui Aster si serve per mettere in mostra tutto il suo campionario narrativo e stilistico, tra ellissi temporali e improvvisi momenti di violenza, digressioni psicologiche e chiarissimi richiami allo stile del cinema western. E come capita in quasi tutti i film western, a far rispettare la legge nella città di Eddington ci pensa lo sceriffo, Joe Cross (Phoenix), il cui avversario di turno non è il solito misterioso pistolero giunto da lontano bensì il sindaco, Ted Garcia (Pedro Pascal), che tutto separa dalla tronfia, burbera e supponente figura del tutore dell’ordine. Un contrasto che in tempi normali si sarebbe probabilmente risolto con una sfida dura ma corretta in occasione delle imminenti elezioni municipali. Visto il periodo già colmo di tensioni sotterranee (il complottismo sulle cause della Covid è al suo apice) e il confronto a viso aperto tra chi porta la mascherina e chi no (elemento che Aster sfrutta bene richiamandosi al foulard dei cowboy), il contrasto tra i due uomini di potere causerà una scia di omicidi e distruzione. E il regista non dimentica nemmeno di inserire nella trama le conseguenze locali delle manifestazioni del movimento «Black Lives Matter» scoppiate dopo la morte di George Floyd il 25 maggio 2020.

Un attore meno preparato di Joaquin Phoenix avrebbe forse issato bandiera bianca dopo essere precipitato in un simile calderone di emozioni, rancori e incomprensioni che da diversi anni a questa parte costituiscono l’humus della vita quotidiana del sui Paese. Il protagonista di Joker e The Master non si perde però d’animo e, anzi, si carica sulle spalle tutto il peso di Eddington, dando vita come spesso gli accade a un personaggio ambiguo, sfuggente, eppure persino commovente nella sua ottusità e nella sua ostinazione a vedere il mondo attraverso una lente deformante. Un personaggio che mette in ombra tutti i comprimari, pur interpretati da nomi del calibro di Emma Stone o Austin Butler..

La doppia vita di Fatima

Secondo film visto in concorso oggi, La petite dernière, è il quarto lungometraggio della regista e attrice francese di origine maghrebina Hafsia Herzi. Protagonista del film è Fatima (Nadia Melliti), ultimogenita di una famiglia algerina che cresce nella banlieue parigina e brilla negli studi. I dubbi della giovane riguardano soprattutto il modo di conciliare la propria cultura islamica tradizionale con la propria identità sessuale ancora fluida ma che predilige le donne. Un tema non nuovo, affrontato con giustezza di toni e con la necessaria delicatezza ma che, forse proprio per questo, rimane un po’ troppo flou. La regista (autrice anche della sceneggiatura tratta dall’omonimo romanzo di Fatima Daas) ci propone infatti una protagonista dal temperamento estremamente freddo e determinato nell’esplorare il mondo della sessualità adulta, che solo nelle scene finali mostra le proprie emozioni. Un po’ troppo tardi per conquistare il cuore dello spettatore.