La guerra dei diritti per «Pulp Fiction» tra Tarantino e Miramax

«Pulp Fiction» potrebbe diventare un NFT. Ovvero un Non-fungible Token, un bene di criptoarte unico, vendibile e possedibile soltanto in forma virtuale. A riportarlo – oltre alle testate americane – il Guardian, spiegando però che no, non si tratta di una nuova versione «Django Unblockchained», ma di una questione che sta interessando anche i tribunali. Partiamo dall’inizio. Il regista Quentin Tarantino sta pensando di vendere come NFT alcune parti della sceneggiatura originale del suo capolavoro cinematografico oltre a scene iconiche (anche indite, tagliate dal montaggio finale), corredate da commenti o disegni realizzati da lui stesso. Come detto, questi beni non fungibili sono unici e, una volta venduti, diventano di proprietà esclusiva del loro detentore. Possiamo quindi immaginare la corsa all’acquisto che si scatenerebbe tra gli appassionati di «Pulp Fiction» per aggiudicarsi un pregiato e unico pezzo da collezione. Tutto bene fin qui. Non fosse che la Miramax, casa di produzione della pellicola, si oppone all’idea di Tarantino citandolo in una causa che determini il possesso dei diritti sulla sceneggiatura del film. E rivendicando lei stessa la proprietà sulla sceneggiatura. La questione è delicata e sta scatenando una vera e propria guerra dei diritti di proprietà intellettuale. Ma quindi chi li possiede realmente? Tarantino ha il diritto di vendere alcune parti della sua creazione? La diatriba legale che si è accesa tra le parti deriva da due diverse – e opposte – letture del contratto. Un documento redatto quasi trent’anni fa, nel 1993 e che difficilmente poteva comprendere basi legali che trattassero degli NFT.
Le parti cosa sostengono?
Secondo la casa di produzione il regista non detiene nulla: Tarantino avrebbe ceduto i suoi diritti sul film quando lo ha sviluppato. In pratica, la Miramax accusa il regista di non possedere i diritti che sta cercando di vendere. Tarantino, dal canto suo, ha specificato che nel momento della negoziazione contrattuale è stato attento a non cedere i diritti riservati alla pubblicazione e alla stampa della sceneggiatura. E l’NFT è fondamentalmente una pubblicazione di stampa della sceneggiatura. Alla risposta di Tarantino la Miramax replica con una sfumatura, sostenendo che il fatto di vendere alcune parti della sceneggiatura una volta sola e per una cifra enorme (il tratto distintivo degli NFT) è una cosa diversa dallo stampare l’intera sceneggiatura come se fosse un libro. Una bella battaglia che si sta combattendo sulle interpretazioni di disposizioni contrattuali.
Ma chi ha ragione?
Per cercare di sciogliere la questione di proprietà intellettuale a livello giuridico, abbiamo rivolto le nostre domande a Gianni Cattaneo, Avvocato e Docente SUPSI di diritto e tecnologia.
Innanzitutto, come possiamo capire chi ha ragione sulla questione dei diritti d’autore? La chiave di tutta la vicenda risiede nel contratto che le parti hanno stabilito nel momento del loro accordo. Naturalmente trent’anni fa non si pensava di certo all’ascesa di criptovalute e criptoarte attivi su blockchain. Ora, la vaghezza e le lacune sul tema hanno permesso ai due opponenti di concepire due diverse letture del contratto per avere ragione. Abbiamo chiesto a Cattaneo se ci si possa basare su un contratto «vecchio stile» per risolvere una diatriba «moderna» che riguarda la proprietà degli NFT. «Non conosco i dettagli del caso» ci risponde, «tuttavia non ritengo che questa tecnologia possa mettere in scacco contratti di questo genere, che sono concepiti in maniera volutamente ampia». Per quanto riguarda i diritti, «in genere, lo sceneggiatore e il regista cedono il diritto d’autore rispettivamente sulla sceneggiatura e sulla trasposizione cinematografica (il film) al produttore, il quale assume tutte le spese (e i rischi) per la realizzazione del film. Questa cessione comprende in genere tutti i diritti di utilizzazione e sfruttamento commerciale, attuale e futuro, parziale e totale, delle opere. Ciò include pacificamente il diritto di estrarre fotogrammi e spezzoni per creare NFT destinati alla vendita». Quindi dovrebbe essere la Miramax a tenere le redini del gioco.
Le basi legali
È vero, gli NFT e le blockchain si sono sviluppati molto recentemente ma esiste attualmente una regolamentazione della proprietà intellettuale riguardo a questi beni? Esistono delle basi legali adattabili? Secondo Cattaneo «la legge federale sul diritto d’autore (LDA) disciplina la materia dal punto di vista della proprietà intellettuale sull’opera. Essa riconosce all’autore, ossia alla persona fisica che crea l’opera, un monopolio giuridico assoluto di durata determinata (70 anni dalla morte dell’autore) sull’opera, suddiviso in diritti economici cedibili (sfruttamento dell’opera) e diritti morali non cedibili (legati alla persona del creatore), quale il diritto di essere menzionato quale autore». Quindi, rivenendo sulla questione che oppone Miramax e Tarantino, Cattaneo specifica che «come detto, se l’autore cede al produttore o a colui che acquista l’opera (fisica o digitale) il diritto d’autore, questo esce dal patrimonio dell’autore ed entra in quello dell’acquirente. Diversamente, l’autore resta titolare del diritto d’autore». Aggiungendo anche un’importante precisazione: «Di conseguenza, il semplice acquisto di un NFT non comporta l’acquisizione del diritto d’autore sull’opera. Occorre una specifica clausola di cessione che deve essere allestita da professionisti del settore. Molti acquirenti non sono consapevoli di questo e credono di aver acquistato con l’NFT anche il diritto d’autore relativo all’opera».
E sulla necessità di una legge apposita in tale direzione, Cattaneo precisa: «Non credo che debba essere varata una legislazione ad hoc, il diritto attuale è sufficiente, tenuto anche conto della recente modernizzazione del nostro ordinamento giuridico in relazione alla tecnologia del registro distribuito (blockchain) che permette di tokenizzare con valenza giuridica diritti e crediti. Ciò che manca a mio giudizio sono consapevolezza del pubblico sulle implicazioni giuridiche concernenti le transazioni su NFT. Si pensi all’attuale trend di frazionare i NFT per effettuare acquisiti di gruppo oppure di raccogliere tramite NFT i fondi per finanziare nuovi progetti – ad esempio i videogiochi – con la promessa di ricevere vantaggi e/o flussi di denaro in futuro. Molti progetti stanno entrando in collisione con il mondo dei mercati finanziari e in futuro è prevedibile un intervento delle autorità di vigilanza».
L’impatto della causa sulla definizione di NFT
La causa che sta opponendo Tarantino e Miramax sta avendo una certa eco, sia per le parti coinvolte che per il tema toccato. Indipendentemente dal vincitore, la sentenza ci aiuterà a delimitare in modo più concreto i confini degli NFT? Potrebbe anche creare dei precedenti? «Questa causa è americana e concerne il diritto americano» ci risponde Cattaneo, aggiungendo una precisazione sul diritto d’autore: «Potrà portare in Svizzera qualche chiarimento, senza tuttavia essere determinante. Al riguardo è utile rammentare che nel diritto d’autore l’utilizzo concreto di un’opera è regolato dallo Stato in cui avviene il consumo. Se un NFT viene pertanto creato e commercializzato in Svizzera è il diritto d’autore svizzero ad applicarsi».
Uno sguardo sul futuro del cripto-commercio
Gli NFT sono dei beni unici per loro stessa definizione e con un unico proprietario. L’ambizione dei collezionisti. Per questa ragione sono in grado di muovere grosse somme di denaro. Come vede il futuro del commercio virtuale? «Gli NFT sono una tecnologia interessante e utile nell’ambito del concetto di smart property. Passato questo periodo di follia e apportata la dovuta trasparenza sulle transazioni, credo che il futuro sarà molto promettente».