Il compleanno

Le donne di Tinto Brass

I 90 anni del maestro dell’erotismo cinematografico, capace di inventare un genere senza mai scivolare nell’intellettualismo o nel porno...
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Stefano Olivari
26.03.2023 06:00

Tinto Brass compie novant’anni ed anche il suo cinema non è tanto giovane: impensabile nel 2023 proporre o anche soltanto pensare film come La Chiave, Miranda e Paprika nel circuito mainstream. Non tanto per il contenuto erotico, quanto per l’immaginario che Brass dà per scontato: uomini che desiderano donne, donne che desiderano uomini, uno schema oggi quasi eversivo. In ogni caso tutti sono capaci di riprendere attori nudi, ma soltanto Brass è diventato il maestro dell’erotismo: perché?

La chiave

Pochi oggi conoscono il Brass prima di La Chiave, l’opera che nel 1983 rilanciò Stefania Sandrelli nell’immaginario collettivo e che trasformò il cinquantenne Brass, all’anagrafe Giovanni, in un’icona ed anche, per i suoi detrattori, in un traditore del cinema cosiddetto serio di cui era stato una delle promesse. Questo liberissimo adattamento del romanzo di Tanizaki era ambientato a Venezia durante il fascismo e per la prima volta Brass abbandonò temi erotico-intellettuali per fare direttamente un film erotico, con il sesso centrale e non funzionale ad un altro tipo di racconto. Fu lì che nacque il suo mito, basato su una certa ossessione per il passato e su parti anatomiche ben definite. Il manifesto ideologico di Brass, «La faccia può mentire, il culo no», non sarebbe più stato tradito. E come curiosità per cinefili sarebbero rimasti i suoi anni da assistente di Rossellini, da studioso e forse aspirante regista della Nouvelle Vague, film di vario genere, fino ad essere una specie di Visconti dei poveri (con tanto di Helmut Berger) in Salon Kitty. Un percorso stranissimo, che ad un certo punto avrebbe potuto portare Brass verso la gloria eterna, quella che il fondoschiena di Claudia Koll o di Debora Caprioglio forse non gli daranno. O forse sì: Brass ha quasi tutte le caratteristiche necessarie per essere rivalutato.

Arancia meccanica

Senza mettersi a fare fantacinema, si può dire che Brass nella storia di questa arte non sia stato esattamente Kubrick ma avrebbe potuto girare Arancia Meccanica al posto di Kubrick. Infatti nel 1968 la Warner Bros, che aveva acquisito i diritti del romanzo di Anthony Burgess, stava cercando buone idee per la trasposizione cinematografica di temi pesanti come la violenza e il controllo. La sceneggiatura che piacque di più fu quella proposta da Brass, che però non firmò il contratto perché, con il senno di poi in maniera scellerata, preferì terminare le riprese del mediocre L’urlo. I produttori non avevano un piano B e continuarono la ricerca, che si concluse 3 anni dopo proprio con l’ingaggio di Kubrick. Una sliding door quasi incredibile, ma era l’epoca in cui Brass era ritenuto un regista da Festival (L’Urlo sarebbe infatti andato a Cannes) e non uno da megaproduzioni internazionali. A dargli l’ispirazione e successo sarebbe poi arrivato l’erotismo, ma certo il cattivo rapporto con la critica nasce proprio dal fatto che Brass si sentisse uno di ‘loro’ con però la colpa di aver raggiunto il successo senza pose da vittima del sistema.

Stefania e le altre

Brass ha diretto tanti grandi attori, ma lo spettatore medio fa fatica a ricordarsene uno. I suoi film da La Chiave in poi sono sempre coincisi con la figura della protagonista: dopo la Sandrelli, moglie di un mercante d’arte, Serena Grandi locandiera in Miranda, Francesca Dellera ragazza facile in Capriccio, Debora Caprioglio prostituta in Paprika, Claudia Koll moglie insoddisfatta in Così fan tutte, la promessa sposa Anna Ammirati in Monella, del 1998, forse il suo ultimo film davvero ispirato. Di sicuro Brass ama le donne, in un modo maschilista che già ai suoi tempi veniva criticato ma anche in modo maschile che nella fluidità (almeno nella fiction) di oggi farebbe fatica a trovare spazio. Comunque tutte le sue attrici hanno avuto una carriera, ma quasi tutte sono ricordate soprattutto per il ruolo con Brass, oggetti e soggetti del desiderio in un’Italia con la testa già rivolta verso un passato meraviglioso mai davvero esistito. Va anche detto che, Sandrelli a parte, nessuna ho mostrato gratitudine nei confronti del maestro, anzi.

Tinta

Il personaggio Brass ha indubbiamente oscurato il regista, anche per le mille comparsate televisive, il sigaro e tutto il resto, e lui è il primo ad esserne consapevole anche adesso che un ictus e vari altri guai lo hanno messo fuori dai giochi. Centrali nella sua vita sono state la libertà e le donne, su tutte la prima moglie Carla Cipriani, sorella dell’Arrigo dell’Harry’s Bar di Venezia. Carla, detta Tinta, per quasi mezzo secolo è stata anche la sua principale musa e collaboratrice, quella che fra le altre cose sceglieva le attrici: è anche per questo che tanti film hanno colpito sia l’immaginario maschile sia quelle femminile, proponendo desideri inconfessabili. Un rapporto profondo, per forza di cose più intellettuale, anche con la seconda moglie Caterina Varzi, di 28 anni più giovane. Brass non è stato soltanto il cultore ed il cantore dei bordelli che in Italia sono stati legali fino al 1958 (e lui sfruttò i leggendari ‘casini’ fino all’ultimo) e tanti appassionati di cinema glielo riconoscono mentre è ancora in vita. È stato uno dei pochi, di sicuro il primo, a togliere l’erotismo dalla Serie B e fonderlo con il cinema. E una delle sue grandi qualità è sempre stata quella di non prendersi troppo sul serio, come si vede in uno dei suoi ultimi film, il trashissimo Senso ’45 con Anna Galiena e Gabriel Garko, con citazioni buttate lì per far vedere che lui era di Serie A ma che questo campionato se lo è giocato a modo suo. Non ha voluto vincere, ma soltanto emozionare: ci è riuscito alla grande.