Locarno78

Lo spirito di Locarno illumina l’apertura del Festival

Una cerimonia intensa e partecipata dà il via alla 78ª edizione: tra parole di pace, un malore e l’abbraccio del pubblico, il cinema si conferma strumento di empatia e resistenza
©JEAN-CHRISTOPHE BOTT
Mattia Sacchi
06.08.2025 20:50

L’esprit de Locarno ha compiuto cent’anni. Ed è proprio da quel concetto – evocato più volte alla Magistrale – che ha preso il via la 78ª edizione del Locarno Film Festival. Un’idea nata nel 1925 con la conferenza che portò alla firma del Patto di Locarno, e che oggi risuona come bussola etica e politica: credere nella forza del dialogo, nella dignità umana, nella risoluzione pacifica dei conflitti. È questo lo spirito che ha accompagnato l’apertura ufficiale del Festival, tra visioni artistiche e imprevisti umani.

A rompere il ghiaccio è stata la presidente Maja Hoffmann, ancora emozionata benché visibilmente più sicura rispetto all’esordio dello scorso anno. Ha parlato in francese, con un discorso denso e appassionato sul ruolo del cinema nell’epoca degli algoritmi. «Il cinema non è solo intrattenimento: è un invito all’empatia, uno spazio di ascolto, una forma di resistenza alla semplificazione. È uno dei pochi linguaggi veramente universali», ha detto, prima di scandire personalmente un applauso dedicato a tutto il personale del Festival.

A seguire, il sindaco Nicola Pini ha offerto una lettura civile e storica dell’evento: «Locarno è città del cinema e città della pace. Lo è da cent’anni. E lo sarà anche oggi, in un’epoca attraversata da incertezze e da conflitti». Ha ricordato il Patto di Locarno del 1925, che garantiva i confini tra Stati e proponeva l’arbitrato come strumento di risoluzione delle dispute. «Tutti noi firmeremmo per dieci anni di pace, oggi come allora. Per buon senso, non per ricevere un Nobel», ha detto, rilanciando il Festival come spazio di empatia, cittadinanza attiva e consapevolezza. «Il cinema lavora per l’umanità. Un film alla volta».

Un’umanità che si è manifestata nel modo più concreto possibile durante il successivo intervento della Consigliera di Stato Marina Carobbio Guscetti. Mentre parlava, una persona in sala ha avuto un malore. La cerimonia si è interrotta per quindici minuti. Quando i soccorsi sono intervenuti e la persona è stata trasportata via per accertamenti, i presenti hanno reagito con un lungo applauso. Un gesto semplice, spontaneo, che ha incarnato proprio quello esprit de Locarno citato in precedenza e sublimato nel suo significato più profondo: prendersi cura dell’altro, senza esitare.

Nel suo discorso, Carobbio Guscetti ha poi ricordato il potere del cinema come «spazio di resistenza alla semplificazione» e ha citato due opere segnate dal conflitto in Medio Oriente: Put Your Soul on Your Hand and Walk, legato alla figura della fotoreporter palestinese Fatma Hassona, e No Other Land, costruito da un collettivo di registi israeliani e palestinesi. «Proteggere queste immagini – ha detto – significa proteggere la verità, la complessità, la speranza». Ha inoltre ribadito l’impegno, anche finanziario, del Cantone Ticino nei confronti del Locarno Film Festival.

A chiudere la sequenza istituzionale è stata la Consigliera federale Élisabeth Baume-Schneider. Ha parlato di Locarno come «faro della democrazia culturale», un festival che ha sempre scelto di non voltarsi dall’altra parte, anche di fronte ai conflitti più controversi. «Oggi il mondo sembra smarrito, prigioniero di interessi particolari. Ma proprio per questo la cultura è ancora più importante. Perché unisce, fa memoria e genera futuro», ha detto, ricordando la scelta di proiettare a Locarno film capaci di «riflettere la complessità del nostro tempo, come Yes, We Will Face It o The Deal».

A quel punto, per non dilungare ulteriormente la cerimonia dopo i soccorsi medici, il CEO del Festival Raphaël Brunschwig ha deciso di rinunciare al proprio discorso, limitandosi a un ringraziamento: «Il nostro pensiero va alla persona colta da malore. E a tutti voi, che rendete possibile questo Festival».

Anche Giona A. Nazzaro, direttore artistico, ha abbreviato il suo intervento, ma non ha rinunciato a sottolineare la centralità del cinema come «linguaggio della democrazia, della vicinanza, dell’empatia». In un passaggio improvvisato, ha invitato il pubblico a guardarsi intorno: «Siamo vicini gli uni agli altri. Le nostre parole si liberano e possono incontrare quelle degli altri. Questo è anche ciò che fa il cinema. E questo è un momento da tutelare».

Tra il pubblico, presente anche l’ex presidente Marco Solari, in buonumore ed emozionato, e il nuotatore Noè Ponti, reduce da due medaglie d’argento ai Mondiali. Nessun discorso, nessuna uscita di scena: solo la presenza, viva e partecipe, di due volti che hanno segnato – e segnano – l’identità del Ticino nel mondo, che sia dal punto di vista culturale o sportivo.

Terminata la cerimonia alla Magistrale, il pubblico si è poi spostato verso Piazza Grande, dove ha preso il via la prima proiezione. Sullo schermo, In the Land of Arto di Tamara Stepanyan ha intrecciato il lutto e la memoria. Sotto le stelle di Locarno, lo esprit de Locarno ha trovato ancora una volta il suo riflesso più nitido: un cinema che ascolta, connette e immagina. Un cinema che non chiude gli occhi.

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