Streaming

Ma davvero Netflix vuole uccidere il cinema in sala?

La domanda è sulla bocca di tutti, negli Stati Uniti, per via della maxi-offerta per acquistare Warner Bros. Discovery – La risposta è: non lo sappiamo
© AP/Jae C. Hong
Marcello Pelizzari
22.12.2025 19:30

«Che cosa farà, Ted?». La domanda, negli Stati Uniti, è all'ordine del giorno. Parentesi: per Ted s'intende Ted Sarandos, co-amministratore delegato di Netflix. Il quale, pur con Paramount alla finestra, confida di mettere (presto) le mani su Warner Bros. Discovery. L'affare del secolo. La domanda, posta non senza timore e ansia, è legata a doppio filo al futuro dei film e, allargando il campo, del cinema.   

Più di un osservatore, a Hollywood e dintorni, ritiene che una fusione Netflix-Warner sia una catastrofe. A più livelli, o se preferite sia a monte sia a valle della catena che alimenta l'industria dell'intrattenimento. Non è un caso se lo stesso Sarandos, a mo' di pompiere, ha sfoderato tutto il suo fascino e il suo savoir-faire a livello di pubbliche relazioni. Ribadendo che Warner, almeno per un po', continuerà a fare quello che ha sempre fatto: distribuire film nelle sale cinematografiche. In realtà, nessuno sa con esattezza che cosa farà Ted. Né quali sono i piani di Netflix. 

Sappiamo, questo sì, che Sarandos è stato piuttosto chiaro: con il tempo, la finestra in sala concessa a un determinato film si sarebbe ridotta. Già ora, invero, è corta, se non cortissima. Viene da chiedersi, a questo punto, fino a dove potrebbe spingersi Netflix. Le coordinate, più o meno, sono queste: se Warner, nelle mani del colosso dello streaming, decidesse di cambiare le carte in tavola riducendo di una settimana all'anno la citata finestra, nel giro di appena quattro anni la stessa durerebbe appena due settimane. Potremmo ancora chiamarla finestra?

L'esclusiva concessa alle sale, dicevamo, è una strategia da tempo pericolante. Da anni, infatti, sempre più persone saltano l'uscita al cinema perché sanno che, nel giro di un mese, potranno godersi il film desiderato in streaming. Con una finestra di appena due settimane, tuttavia, l'effetto sarebbe decisamente catastrofico. Il pubblico fedele al buio delle sale, semplicemente, scomparirebbe. E Ted Sarandos, va da sé, ne è perfettamente consapevole. C'è chi, di conseguenza, ha osservato: gli basterà aspettare, al grido «il futuro è lo streaming». 

Difficile contraddire Sarandos, d'altro canto. È stato appena annunciato che gli Academy Awards, gli Oscar, a partire dal 2029 non saranno più trasmessi da reti televisive tradizionali ma, attenzione, da YouTube. Normale, logico anche, per quanto brutto volendo affrontare la questione con le lenti della nostalgia e del passatismo. La televisione broadcast, in America come altrove, ha perso la sua forza centralizzante e la sua capacità di fare cultura. Sul fronte opposto, grazie a YouTube gli Oscar potrebbero davvero diventare un evento globale. Anche se, paradossalmente, senza una televisione «vera» alle spalle rischierebbero altresì di diventare un rumore di sottofondo. È proprio questo, il rischio che esperti e analisti vedono in una Warner cannibalizzata da Netflix: ovvero, che i film vengano talmente diluiti nel marasma dello streaming da perdere sia la loro attrattiva sia la loro forza culturale. 

C'è chi, dall'interno, ha chiamato il settore a rivoltarsi e ribellarsi. Senza, però, rendersi conto dei possibili risvolti negativi legati all'alternativa. Netflix, giova ricordarlo, non vuole tutto il gruppo, ma punta solo alla creatività e allo streaming. L'accordo prevede l'acquisizione degli Studios (film e serie TV), del canale via cavo HBO e della piattaforma HBO Max. La parte dei canali televisivi lineari e documentaristici (come CNN e Discovery) verrebbe invece separata in una nuova società indipendente chiamata Discovery Global. A differenza di Netflix, che punta a rafforzare la sua posizione dominante nello streaming, Paramount vuole l'intero impero Warner Bros. L'offerta, insomma, include gli Studios, HBO Max, ma anche tutti i canali TV. Con il rischio, evidente, che si crei una concentrazione di potere mediatico senza precedenti, specialmente nel settore dell'informazione. Paramount possiede CBS News, uno dei tre principali network nazionali americani. Warner possiede CNN, il leader globale delle notizie all-news. Un'unica proprietà, dunque, controllerebbe due delle redazioni più influenti al mondo. Questo solleva timori non solo sulla concorrenza economica, ma sulla pluralità dell'informazione e sul rischio di influenze politiche centralizzate. 

La scelta, per il Consiglio di amministrazione di Warner, si riduce a un bivio esistenziale: l'eutanasia lenta del cinema per mano di Netflix o l'elefantiasi pericolosa dell'informazione sotto Paramount? Ted Sarandos sorride e aspetta, consapevole che il tempo gioca a suo favore. Ma mentre i giganti decidono chi deve mangiare chi, resta un dubbio di fondo. Una domanda inevasa: in un mercato dominato da pochi, pochissimi attori, quanto spazio rimarrà per l'imprevisto, per il rischio creativo, per quella scintilla che ha reso grande Hollywood? Forse, la vera catastrofe non è chi vincerà la partita, ma il fatto che, ormai, ci siamo abituati a guardarla solo dal lato del portafoglio. 

In questo articolo: