Cinema

Quando la telefonata arriva direttamente dall'inferno

È nei cinema «Black Phone 2», seguito dell'horror di tre anni fa che, con un inedito Ethan Hawke «cattivo» nei panni di un temibile rapitore di ragazzini, metteva su schermo un racconto di un'altra «penna» della famiglia King, il figlio d'arte Joe Hill
© Universal Pictures
Max Borg
10.11.2025 06:00

In quello che è un anno molto particolare per Stephen King, con ben tre adattamenti dei suoi libri già usciti nelle sale e un quarto in arrivo a breve, in ambito horror è notevole anche la presenza di un lungometraggio che trae ispirazione dall’operato della generazione successiva: Black Phone 2, come il suo predecessore di tre anni fa, è infatti la trasposizione di un mondo ideato dallo scrittore Joe Hill, al secolo Joseph Hillstrom King, primogenito di Stephen (lo pseudonimo è nato per far sì che la sua carriera si evolvesse in maniera indipendente dall’associazione con l’illustre genitore, e la verità è venuta a galla solo dopo che Hill si era già fatto un nome). Per l’esattezza, nel 2022 abbiamo avuto modo di vedere sullo schermo uno dei suoi racconti più inquietanti, dove un ragazzino, Finney Blake (Mason Thames), veniva rapito da un serial killer noto come il Rapace (Ethan Hawke). A tenergli compagnia mentre era imprigionato nella cantina dello psicopatico c’era solo un telefono nero dal quale fuoriuscivano le voci delle vittime precedenti.

Quel film, diretto da Scott Derrickson che è tornato anche per il sequel, si concludeva con la morte del Rapace, e da allora sono passati quattro anni (adesso siamo nel 1982). Il ragazzo si fa ora chiamare Finn, e il suo comportamento si è fatto più cupo in seguito ai traumi da cui non si è mai del tutto ripreso. Non se la passa benissimo nemmeno la sorella minore Gwen (Madeleine McGraw), i cui poteri psichici – sogni premonitori – ereditati dalla madre si stanno facendo sempre più intensi. Proprio a causa di queste visioni lei propone che si vada a indagare su una colonia per giovani cristiani che si trova in mezzo alle montagne. Finn accetta a malincuore, soprattutto per assicurarsi che non accada nulla a Gwen. Ma una volta arrivati si rendono conto che i segreti di quel luogo sono ancora più cupi del previsto: vicino al lago c’è una cabina telefonica, teoricamente in disuso da anni. Eppure, il telefono squilla, e la voce che esce dalla cornetta è quella distorta ma riconoscibile del Rapace, pronto a invadere i sogni dei due fratelli per portare a compimento una vendetta dall’oltretomba.

In altre parole, il serial killer del primo film è ora un novello Freddy Krueger, una trasformazione che si manifesta principalmente nella performance ancora più sfrenata di Ethan Hawke che, complice la maschera indossata dal personaggio, si dà al lato oscuro dei suoi istinti recitativi con grande disinvoltura (il film precedente segnava la prima volta che l’attore accettava un ruolo da villain, per via della sua amicizia con il regista). Ma laddove Freddy è una figura segnata (letteralmente) dalle fiamme, il ritorno del Rapace è un connubio di neve e ghiacci, quasi come se lui fosse una manifestazione della Cosa che tormentava Kurt Russell e soci nel film di John Carpenter uscito proprio nel 1982. Un’estetica gelida che si scontra con le interpretazioni emotivamente cariche di tutto il cast, al servizio di un racconto di amore fraterno che medita sul lutto e sull’esistenza dell’aldilà, servendosi del brivido per arrivare a dei momenti più commoventi che spaventosi (a differenza del padre, spesso criticato per dei finali non all’altezza delle premesse, Hill – con l’aiuto di Derrickson e del co-sceneggiatore C. Robert Cargill in questo caso – tende a chiudere nel modo giusto). Tutti gli ingredienti giusti per un seguito che evita l’uscita estiva come invece era accaduto al primo episodio, per arrivare in sala giusto in tempo per Halloween e marchiare il mese del brivido con la triplice firma di Hill, Derrickson e il produttore Jason Blum.