Cinema

Séverin Guelpa e le contraddizioni del progresso: «Il limite non è la natura, ma la nostra idea di dominarla»

Al St. Moritz Art Film Festival l’artista ginevrino, unico svizzero in concorso, ha presentato Times Parallax, un viaggio tra deserti e miniere che riflette sul rapporto tra risorse, tecnologia e futuro
Mattia Sacchi
31.08.2025 15:37

Al Cinema Scala di St. Moritz, dove per quattro giorni il cinema si è intrecciato con l’arte, la voce di Séverin Guelpa ha avuto un peso particolare. Unico artista svizzero in competizione, non ha conquistato premi ma ha lasciato un segno profondo, raccogliendo un consenso che, a tratti, vale più di una vittoria. Il suo Times Parallax è stato percepito come un viaggio sensoriale e concettuale, capace di trasportare il pubblico dalle distese del deserto di Atacama fino alle viscere delle montagne svizzere.

«Questo film è la sintesi di oltre dodici anni di lavoro nei deserti – racconta Guelpa –. Ho esplorato territori estremi in Cile, Bolivia, California e Svizzera, luoghi in cui la scarsità delle risorse e la durezza della natura convivono con l’avidità estrattiva. Ho cercato di restituire questa tensione non come reportage, ma come esperienza: volevo che lo spettatore percepisse il tempo e la materia sulla propria pelle».

La sua è un’arte che nasce dalla materia, da pietre e sali, da metalli e venti, da un’osservazione paziente e quasi geologica. Lo dimostra anche il modo in cui ha costruito il film: senza artifici digitali, ma con esplosioni reali. «Non volevo scorciatoie tecnologiche – sottolinea –. Ogni immagine è frutto di un gesto concreto, sperimentato sul campo. Anche l’esplosione che si vede nel film è stata realizzata con una pietra e una telecamera ad alta velocità, niente è stato aggiunto».

In sala, le sue immagini hanno evocato suggestioni contrastanti: il fascino ipnotico dei paesaggi siderali e, allo stesso tempo, l’angoscia di un pianeta consumato dall’estrazione incessante. «Times Parallax mette in discussione l’idea di progresso – osserva l’artista –. L’astronauta che nel film osserva la Terra da un modulo in avaria si accorge che i materiali con cui la sua macchina è stata costruita vengono estratti proprio dalle miniere che vede scorrere sotto di sé. Più si avvicina a queste ferite, più perde il contatto con il pianeta».

Foto Gian-Nicola Bass
Foto Gian-Nicola Bass

Questa riflessione è il cuore della sua pratica artistica, che da anni si muove tra installazioni, sculture e progetti collettivi sotto l’ombrello di Matza, piattaforma che Guelpa ha fondato per lavorare in territori fragili e marginali, dalle isole tunisine al Salar de Atacama, dalle periferie colombiane alle Alpi svizzere. «Ogni volta – spiega – entro in relazione con comunità locali, cercando di imparare da loro. Non basta arrivare con un’idea dall’Europa: bisogna ascoltare chi quei luoghi li abita».

Il film proiettato a St. Moritz, che dura ventitré minuti, è stato concepito come una sorta di scultura in movimento, un’estensione della sua pratica. «Per me Times Parallax è una scultura filmata – confida –. Non mi considero un regista in senso tradizionale. Vengo dalla scultura e dall’installazione, e la videocamera è diventata un altro strumento per lavorare con la materia, per dare corpo al tempo. È stato emozionante scoprire che questo linguaggio poteva toccare il pubblico in maniera così diretta».

La sala gremita e gli applausi finali hanno confermato l’impatto del suo lavoro. «Non mi aspettavo una ricezione così calorosa – ammette –. Essere qui, unico svizzero in concorso, era già una sfida. Ma vedere che le persone, anche lontane dai deserti che racconto, si sono riconosciute in quelle immagini, mi ha dato la misura che l’arte può parlare a tutti, al di là delle geografie».

Il futuro di Guelpa si annuncia denso di progetti: nuove installazioni tra Losanna e Stoccarda, il lavoro con il collettivo Matza in Africa e Sud America, e un ritorno al deserto del Mojave. Ma l’esperienza engadinese resterà speciale. «Il St. Moritz Art Film Festival ha qualcosa di unico – conclude –. È raccolto, intimo, ma capace di aprirsi al mondo. Portare qui Times Parallax significa intrecciare le ferite del Sud globale con le montagne svizzere, ricordarci che tutto è connesso. L’arte, quando funziona, apre possibilità».

Nel silenzio della sala, il suo deserto continua a vibrare: un paesaggio remoto e vicinissimo, un memento poetico sulla fragilità del pianeta e sulla necessità urgente di ripensare la nostra idea di progresso.

Foto Gian-Nicola Bass
Foto Gian-Nicola Bass
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