76. Festival di Cannes

Wenders elogia la solitudine

Il regista tedesco ha interamente girato a Tokyo il suo nuovo poetico lungometraggio «Perfect Days» visto ieri in concorso – In «L’été dernier» la cineasta francese Catherine Breillat prosegue invece la propria personale battaglia contro l’ipocrisia della morale borghese
Koji Yakusho (a sinistra) è il convincente protagonista di «Perfect Days» che Wim Wenders ha girato a Tokyo in appena 17 giorni.
Antonio Mariotti
26.05.2023 06:00

Che il cinema di Wim Wenders si porti dentro un «nocciolo» giapponese non è certo una novità. Già nel 1985 il 77.enne regista tedesco aveva realizzato il documentario Tokyo-Ga, nel quale raccontava il proprio viaggio nella megalopoli nipponica alla ricerca dei luoghi visti nei film del maestro Yasujiro Ozu. Quasi quattro decenni più tardi, e dopo aver percorso il mondo intero attraverso i suoi film, Wenders è quindi tornato a Tokyo per girarvi, in soli 17 giorni, Perfect Days (visto ieri in concorso): un’opera per molti versi sorprendente che unisce perfettamente lo spirito europeo, le influenze statunitensi e il fascino per il Paese del sol levante che si sovrappongono nella personalità dell’autore di Paris, Texas. Protagonista di questo «piccolo film» che scava però a fondo nell’anima umana è Hirayama (magistralmente interpretato da Koji Yakusho), un uomo di mezza età che vive in periferia e ogni mattina si svegli all’alba, indossa la sua tuta con la scritta «The Tokyo Toilets» e passa le sue giornate sempre uguali a pulire con accuratezza una serie di bagni pubblici della città. Al di là di qualche scambio di battute con un giovane collega e di rari incontri casuali, Hirayama vive in assoluta solitudine e silenzio. Ciò non pare però intaccare il suo morale: scattare fotografie di alberi, leggere libri e soprattutto ascoltare musica pop rock americana degli anni 60 e 70 solo su musicassette vintage riempie a sufficienza la sua mente e il suo tempo libero e gli permette di mantenere una disciplina di vita esemplare. Quando Niko, figlia adolescente della sorella che l’uomo non vede da tempo, gli sbarca in casa, Hirayama è però costretto a modificare parzialmente le sue abitudini e, soprattutto, a parlare di sé rispondendo alle domande della ragazza. Poco a poco, si intuiscono così i motivi che lo hanno spinto ad accettare una simile condizione quando avrebbe potuto mirare ben più in alto. Wenders (che ha anche scritto il film insieme a Takuma Takasaki) non giudica però mai il suo protagonista. Al contrario, si limita a mostrarci la sua vita quotidiana: ripetitiva, solitaria, umile ma tutto sommato felice. Una scelta coraggiosa da parte di un regista che, soprattutto nel recente passato, aveva oscillato tra documentari classici e fiction fin troppo macchinose. Una scelta in perfetto «stile Ozu» per rimanere in ambito nipponico.

A quasi 75 anni, la regista francese Catherine Breillat non sarà più la provocatrice dei suoi film più sulfurei degli anni 90 (basti pensare a Romance, nel quale «sdoganò» Rocco Siffredi fuori dal mondo del cinema porno) ma non ha certo smesso di fustigare l’ipocrisia della morale borghese, soprattutto passando attraverso l’elemento sessuale. È ciò che fa anche in questo L’été dernier (ieri in concorso) che arriva dopo dieci anni di silenzio. La situazione di partenza è più che classica: la tranquilla e e sterile esistenza di una coppia benestante che ha adottato da qualche anno due gemelline asiatiche, con la moglie (avvocatessa impegnata a difendere i diritti dei minorenni abusati) molto più giovane del marito (businessman super impegnato), viene sconvolta dall’arrivo di Théo, il figlio adolescente del precedente matrimonio dell’uomo. Piccolo delinquente senza occupazioni né scopi nella vita, Théo finirà ben presto nel letto dell’annoiata padrona di casa. L’originalità della vicenda sta nel fatto che - quando le cose si fanno troppo vistose e la donna vorrebbe troncare di netto ogni relazione - il giovane si rifiuta di farlo mostrando una inattesa sensibilità. Colei che fa rispettare i diritti dei minorenni si trasformerà così in abusatrice e sarà costretta a patteggiare per evitare il processo. Melodramma caustico e spietato, L’été dernier vive anche grazie alla buona prova dei due protagonisti: Léa Drucker e l’esordiente Samuel Kircher.