Le 10 cose

Dieci grandi canzoni che non hanno vinto Sanremo

Tra sconfitte clamorose, outsider e pezzi diventati famosissimi, abbiamo raccolto alcuni brani che avrebbero meritato di più all’Ariston - VIDEO
Michele Montanari
07.02.2023 09:45

(Dall'archivio) Quanti telecomandi lanciati contro il televisore quando viene annunciato il vincitore del Festival di Sanremo. Effettivamente, se c’è una cosa che sa dividere gli spettatori, quasi più di una partita di calcio, è proprio il risultato finale della kermesse canora. Spesso sono i dati di vendita dei dischi, insieme al Premio della Critica, a far risplendere gli artisti più meritevoli finiti inspiegabilmente in fondo alla classifica. Abbiamo cercato di rispolverare 10 canzoni, partendo dal 1980, che pur non avendo vinto, hanno lasciato il segno, tra sconfitte clamorose, outsider che avrebbero meritato di più e pezzi diventati famosissimi.

Decibel - Contessa (1980)
Musicalmente un brano con pochi eguali a Sanremo, raffinato e provocatorio allo stesso tempo. I Decibel, gruppo punk/new wave con alla voce Enrico Ruggeri, portarono sul palco dell’Ariston una canzone ispirata al cabaret tedesco degli anni Venti, con tanto di «stop and go», cori e cambi di registro che trasportano improvvisamente all’interno di un ballo di corte a Versailles. Un gioiello di pop fuori dagli schemi che, manco a dirlo, ebbe ben più fortuna lontano dal Festival. Nell’edizione del 1980 trionfò Toto Cutugno con Solo noi.

Toto Cutugno - L’italiano (1983)
L’Italiano è praticamente un inno nazionale non ufficiale. Quinta classificata nel 1983, edizione vinta da Tiziana Rivale con Sarà quel che sarà, la canzone ottiene in seguito un grandissimo successo a livello mondiale, tant’è che ne esistono versioni in diverse lingue (la prima cover arriva, nello stesso anno, dal finlandese Kari Tapio). Più che per la musica andante e orecchiabilissima di Toto Cutugno, il brano è entrato nel cuore degli italiani per un testo (di Cristiano Minellono) un po’ retorico, ma capace di descrivere alla perfezione il Belpaese degli anni Ottanta, con i suoi vizi e le sue passioni (dal calcio al cibo). L’italiano compare nella colonna sonora di svariati film, pure nel greco Miss Violence di Alexandros Avranas.

Vasco Rossi - Vita spericolata (1983)
Vasco Rossi sul palco dell’Ariston. Vestito come fosse appena tornato dal bar, mani in tasca, aria scazzatissima. E come se non bastasse rivela il playback (in quegli anni su usava) salutando il pubblico prima della fine del brano. È storia della TV, per una canzone entrata nel cuore di molte generazioni. L’inno di chi ama far tardi la notte, un grido di libertà per i giovani. Vita spericolata arrivò penultima nell’edizione del 1983, vinta da Tiziana Rivale con Sarà quel che sarà. Inutile dire che il pezzo di Vasco è considerato un capolavoro della musica italiana, conosciuto anche dai sassi, ed è impossibile non essersi immedesimati almeno una volta in quelle parole.

Fiorella Mannoia - Quello che le donne non dicono (1987)
Ultimamente il brano è spesso preso di mira dalle femministe più severe, segno che i tempi sono davvero cambiati (tra le frasi incriminate: «E dalle macchine per noi, i complimenti del playboy. Ma non li sentiamo più, se c’è chi non ce li fa più». Ouch!). Quello che le donne non dicono divenne però una grandissima hit nel giro di pochi mesi e gli anni non ne hanno scalfito l’intensità. Certamente è la canzone più famosa e amata di Fiorella Mannoia. Scritta da uomini (le firme sono di Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone), vinse il Premio della critica nel 1987, ma si classificò solamente ottava. L’abbiamo ascoltata milioni di volte in programmi TV, pubblicità e film. Un brano «dolcemente complicato», che Ruggeri scrisse al femminile pensando di modificarlo a fine stesura. Le cose andarono diversamente e fu affidato alla elegante voce della cantante romana. L’ex leader dei Decibel poi vinse quell’edizione del Festival insieme a Gianni Morandi e Umberto Tozzi con Si può dare di più.

Mia Martini - Almeno tu nell’universo (1989)
Una canzone rimasta chiusa nel cassetto per anni, poi esplosa grazie all’incredibile voce di Mimì. Almeno tu nell’universo, oggi considerata uno dei capolavori della musica italiana, venne scritta da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio nel 1972, ma finì sul palco dell’Ariston solo nel 1989. Il ritornello «Tu, tu che sei diverso, almeno tu nell’universo», con l’intensità di Mia Martini, non può che far venire i brividi lungo la schiena. Il brano arrivò solo nono a Sanremo, ma ottenne il Premio della critica, e segnò il grande ritorno al successo dell’artista calabrese, dopo un periodo di lontananza dal mondo dello spettacolo. L’edizione del 1989 venne vinta da Anna Oxa e Fausto Leali con il brano Ti lascerò.

Giorgio Faletti - Signor tenente (1994)
Una delle canzoni più amare portate sul palco dell’Ariston. Signor tenente (chiaro omaggio al film Mediterraneo di Gabriele Salvatores) tratta una tematica difficilissima: la mafia dal punto di vista delle forze dell’ordine che devono combatterla «per poco più d’un milione al mese». Il testo di Giorgio Faletti è un capolavoro che rimanda alle stragi di Capaci (1992) e di via D’Amelio (1993), in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Una ferita ancora aperta nel cuore degli italiani, che lo scrittore scomparso nel 2014 immortala in un brano da pelle d’oca. La parola «minchia», ripetuta più volte, è un riferimento alla criminalità organizzata diffusa in Sicilia. La canzone vinse il Premio della critica e si piazzò clamorosamente seconda dietro a Passerà di Aleandro Baldi.

Elio e le Storie Tese - La terra dei cachi (1996)
La canzone più votata dell’edizione del 1996, ma si classificò seconda. Le pesanti polemiche su presunte irregolarità vennero poi confermate dalle indagini dei Carabinieri: La terra dei cachi del gruppo Elio e le Storie Tese avrebbe dovuto vincere il Festival. Il brano venne probabilmente penalizzato per il suo testo scomodo, ma maledettamente reale, in cui, con satira beffarda, vengono sbattuti in prima pagina vizi e scandali italiani, dai criminali impuniti alla malasanità. Non mancano poi gli stereotipi, come il calcio, gli spaghetti e la pizza, che ne fanno una sorta di versione scorretta de L’italiano di Toto Cutugno. Su una musica allegra e scoppiettante, va in scena una critica feroce, ma intelligentissima, del malcostume italiano. Alcuni passaggi del testo sono puro genio. La canzone ottenne il Premio della critica nell’edizione vinta da Ron e Tosca con Vorrei incontrarti fra cent’anni.

Patty Pravo - ...E dimmi che non vuoi morire (1997)
La favoritissima che non ce l’ha fatta. ...E dimmi che non vuoi morire, testo di Vasco Rossi e musica di Gaetano Curreri, è tra le canzoni più eleganti mai sentite sul palco di Sanremo, ma incredibilmente arrivò solo ottava. L’edizione del 1997 venne poi vinta da Fiumi di parole dei Jalisse, tra lo stupore generale. La voce vellutata e sensuale di Patty Pravo racconta in modo unico una storia d’amore matura ed emozionante. Un capolavoro senza tempo della musica italiana. Per chi scrive, ...E dimmi che non vuoi morire resta il miglior brano portato alla kermesse ligure. Giustamente premiato dalla critica.

Afterhours - Il paese è reale (2009)
Prima del 2009 gli Afterhours erano materia per pochi, ma la band paladina dell'alternative rock italiano era già un'istituzione nella scena underground (il disco Hai paura del buio? è un autentico capolavoro, con buona pace di tutti). Vedere gli Afterhours a Sanremo è stato un fulmine a ciel sereno, un tradimento per molti fan della prima ora. Il conduttore Paolo Bonolis li ha voluti a tutti i costi nel concorso canoro, senza contare che Manuel Agnelli ha poi sfruttato il «momento di gloria» per dare visibilità a numerosi e meritevoli artisti di nicchia, con la raccolta Afterhours presentano: Il paese è reale (19 artisti per un paese migliore?). La canzone - non la loro migliore, ma di forte impatto ed estremamente coerente all'interno del percorso della band - è stata esclusa dalla gara alla prima fase ad eliminazione, ma si è comunque aggiudicata il Premio della critica. Il Festival venne vinto da Marco Carta con La forza mia.

Bugo e Morgan - Sincero (2020)

Sulla carta l’esibizione del duo a Sanremo doveva essere una bomba, e in effetti lo è stata, ma per altri motivi. Bugo, artista indie, sconosciuto ai più, aveva all’attivo dischi notevoli, mentre Morgan, senza stare a citare i fenomenali Bluvertigo, aveva scritto una robetta del calibro di Altrove. Cosa poteva andare storto? Di fatto, tutto. La lite, il testo modificato, il «Che succede?», ormai sono storia. Quello che invece è passato in secondo piano, è proprio il brano proposto: Sincero. Uno dei pezzi più interessanti degli ultimi anni, nonostante sia praticamente impossibile non canticchiarlo con il testo alternativo («Le brutte intenzioni, la maleducazione, la tua brutta figura di ieri sera...»). Una serie di istantanee sul sentirsi sempre fuori luogo e la difficoltà ad adattarsi a certe convenzioni sociali. E poi quel giro di synth, non si schioda più dalla testa. Sincero avrebbe meritato molto, ma molto di più. L’edizione 2020 è poi stata vinta da Diodato, con Fai rumore. Ed è giusto così.