"Divergent" al secondo capitolo

Con "Insurgent" continua la saga fantascientifica
Una scena di "Insurgent" (Foto Eagle Pictures)
Marisa Marzelli
20.03.2015 00:31

Ricapitolando. Attualmente i cantieri aperti sulle saghe cinematografiche di fantascienza distopica, con immaginarie società del futuro e tratte da romanzi di successo per «giovani adulti», sono tre. C'è la testa di serie Hunger Games, c'è la new entry Maze Runner – Il labirinto e c'è questo Insurgent, sequel di Divergent che ha aperto la serie. Ha solo 26 anni la scrittrice americana Veronica Roth, autrice della triologia Divergent. In una Chicago in rovina i sopravvissuti sono divisi rigidamente in gruppi a seconda dei loro caratteri: gli Altruisti, i Candidi, i Pacifici, gli Eruditi, gli Intrepidi. Chi non rientra in una delle categorie o finisce tra gli Esclusi (reietti, poveri e incapaci di integrarsi) oppure diventa un ribelle, un Divergente. Divergente al cento per cento è la protagonista Tris (Shailene Woodley, già star di Colpa delle stelle insieme Hansel Elgort, pure lui nella serie Divergent), insieme al suo innamorato Quattro (l'inglese Theo James) e ad altri fuggitivi. Insurgent inizia pochi giorni dopo una battaglia; Tris e i suoi, braccati, cercano alleati. Ma sono inseguiti dalle guardie della spietata Jeanine (Kate Winslet). Quest'ultima ha però bisogno dei Divergenti per decifrare una misteriosa scatola con un messaggio degli antenati. Tris si consegna perché non ci siano altre vittime e viene sottoposta ad una serie di simulazioni, indotte da un siero, che la mettono a confronto con le sue angosce. Finché non arriva Quattro a salvarla. Tra voltafaccia di ex amici (la serie è ricca di potenziali nuovi divi; tra questi si fa notare Miles Teller, rivelato da Whiplash), buchi e salti logici nella sceneggiatura, psicologie abbozzate e tanta action il film si conclude dopo aver saccheggiato narrativamente e visivamente modelli ben riconoscibili, da The Village di Shyamalan a Inception di Nolan, per lo spettacolare sbriciolamento (mentale) degli edifici. La regia è affidata all'artigiano di origine tedesca Robert Schwentke; a suo favore un ritmo sempre sostenuto, ambientazioni già viste ma efficaci e un 3D non invasivo.

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