Due madri e l'amore di una figlia

C'è un'intima assonanza, o per lo meno così dovrebbe essere, tra la storia di un film e la sua ambientazione. Di sicuro questa è presente in Figlia mia, ultima prova della regista romana Laura Bispuri ospite in marzo della scorsa edizione de L'immagine e la parola a Locarno. Il film - coprodotto anche da RSI e dall'elvetica Bord Cadre -, presentato in concorso all'ultima Berlinale, racconta un legame antico, arcaico, quello tra madre e figlia. E lo racconta in una chiave particolare, mettendo in luce anche tutte le possibili asperità di questo legame indissolubile. Lo fa immerso nello scenario di una terra che è anch'essa arcaica e anch'essa aspra: la Sardegna.Qui Laura Bispuri mette in scena una storia con tre protagoniste: la piccola Vittoria (Sara Casu), la sua madre naturale Angelica (Alba Rohrwacher, di nuovo con Laura Bispuri dopo Vergine Giurata), una ragazza emotivamente fragile, che vive di espedienti immersa in un caos esistenziale, una donna che vuole sì bene alla figlia ma che non ha idea di come occuparsene. Poi c'è Tina (Valeria Golino), alla quale Angelica ha «ceduto» la bambina affinché se ne occupasse e la crescesse, cosa che quest'ultima ha fatto con tutto l'amore possibile, dando alla piccola stabilità e calore. Un rapporto non facile, a cui Laura Bispuri dà corpo con uno stile che opera dopo opera continua a delinearsi, quasi documentaristico, ruvido ma capace anche di essere efficace e adatto alla storia che racconta. Come è questo il caso.