Agendasette

«Durante la pandemia ho scritto diverse canzoni che resteranno inedite»

Il famoso cantante italiano Pupo arriverà al Palazzo dei Congressi di Lugano giovedì 24 con il suo tour che celebra i 40 anni di «Su di noi»
© Gloria Bressan
Mattia Darni
18.02.2022 12:14

È l’autore di Gelato al cioccolato, Sempre tu, Ciao, Un amore grande, Firenze Santa Maria Novella: brani che, in Italia ma anche all’estero, hanno riscosso un tale successo che, ancora oggi, se li si cita vengono subito in mente le parole e si inizia a canticchiarli. Lui è Enzo Ghinazzi, in arte Pupo e giovedì 24 alle 20.50 arriverà con il suo tour che celebra i 40 anni di Su di noi al Palazzo dei Congressi di Lugano (prenotazioni: biglietteria.ch). Lo abbiamo incontrato.

Partiamo proprio da Su di noi: quando ha scritto questa canzone immaginava che avrebbe ottenuto un simile consenso?
«Premetto innanzitutto che, volendo essere precisi, la canzone ha ormai 42 anni e se festeggiamo solo ora il suo quarto decennio è perché, purtroppo, la pandemia ha bloccato per ventiquattro mesi il tour che avevo inaugurato proprio in Svizzera, alla Volkshaus di Zurigo. Venendo alla sua domanda: no, non immaginavo che, dopo tutto questo tempo, si parlasse ancora del brano. Ed è ancor più incredibile che, l’anno scorso, Su di noi è stato insignito del Disco d’oro essendo stato uno dei pezzi più ascoltati in Rete nel 2019».

Ampliando il discorso, le sue canzoni hanno la capacità di parlare a chiunque: pochi sono infatti quelli che non ne conoscono almeno il ritornello o la melodia. Qual è la ricetta di tale successo?
«Non penso che ce ne sia una. Ho semplicemente sfruttato un periodo per me fertile e favorevole lavorando con grande naturalezza e in sintonia con i gusti e le aspettative della gente. Se guardo alla società odierna il cui tratto distintivo è la frenesia, mi rendo conto che, oggi, è difficile replicare il mio percorso perché la musica è diventata un prodotto che si consuma in modo veloce e che, di conseguenza, difficilmente verrà tramandato ai posteri. Un’altra tendenza odierna è quella di scrivere i pezzi in virtù del talento vocale dell’interprete; ciò fa sì che il brano perda la sua natura atemporale perché è difficile che qualcun altro possa riproporlo in maniera convincente. Brani come i miei, quelli dei Ricchi e Poveri o quelli di Toto Cutugno, al contrario, possono venire cantati da chiunque e pertanto durano nel tempo».

Molto apprezzati sono pure i suoi concerti, che fanno spesso registrare il tutto esaurito. Come ha fatto a creare questo legame forte con i suoi fan?
«La spiegazione è molto semplice: la gente non mi vede solo come un cantante, ma anche, e soprattutto, come un uomo che, nell’arco della sua vita, si è dovuto confrontare con molteplici difficoltà, penso per esempio alla dipendenza dal gioco d’azzardo, che lo hanno buttato a terra, ma dalle quali è sempre riemerso. Per i miei sostenitori sono insomma una persona vera nella quale possono, in un certo senso, identificarsi. Capita così che i miei fan, incontrandomi per strada o ai margini di un’esibizione, non mi parlino solo di musica, ma mi chiedano pure consigli su argomenti più profondi e personali».

Emblematico del discorso che ha appena fatto è il titolo del suo ultimo album, Porno contro amore, nel quale racconta come, alla fine, nonostante le molteplici insidie, sia stato quest’ultimo sentimento a trionfare. Qual è stato l’elemento decisivo che le ha permesso di imboccare la strada giusta?
«Senza voler essere presuntuoso, il mio si potrebbe definire un percorso buddista, siddhartiano: nell’arco della mia vita ho dovuto affrontare esperienze orribili e confrontarmi con squallide brutture, ma è proprio questo che mi ha permesso di scoprire i veri valori. Come cantava De André: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. Sono insomma convinto che gran parte di coloro che vivono dei periodi difficili, ne escono migliori dal punto di vista umano. Ci tengo poi a sottolineare come la “pornografia” a cui faccio riferimento nel mio ultimo disco non vada intesa solo in senso sessuale, ma rimandi ad un orizzonte semantico nel quale rientra, in termini più generali, l’esagerazione, quella, per intenderci, tipica della televisione attuale nella quale viene ospitata per parlare di coronavirus, per esempio, gente che non ha le qualifiche per farlo. L’“amore”, infine, trionfa perché è presente in quantità maggiore nella nostra società rispetto alla “pornografia”, anche se quest’ultima fa più rumore».

All’inizio dell’intervista ha accennato alla questione coronavirus parlando del suo tour Pupo... 40 anni... Su di noi: come ha affrontato questi anni di pandemia?
«Ho deciso di lanciarmi in un’avventura che mi incuriosiva molto visto che era una cosa a cui ero completamente alieno, ovvero fare da opinionista al Grande Fratello Vip assieme ad Alfonso Signorini. Professionalmente è stata un’esperienza meravigliosa, umanamente è invece stata inquietante perché non credevo che avrei potuto assistere a delle vicende che definirei fuorvianti. Quando non ero in televisione, invece, stavo a casa a scrivere delle nuove canzoni. Ne ho composte molte e mi è sembrato di tornare ragazzino, tuttavia non le pubblicherò mai visto che, ormai, non serve più a niente. Questa decisione l’ho presa sulla base di un’amara constatazione: che i grandi cantanti italiani sono prigionieri delle canzoni che li hanno resi famosi al punto che, oggi, alla gente, alle radio e alle piattaforme online non interessa nemmeno sentirne e promuoverne le nuove creazioni».

Si è recentemente chiuso il Festival di Sanremo di cui lei, in passato, è stato uno degli attori principali. Come valuta l’edizione 2022?
«Le canzoni erano mediamente buone, tuttavia nessuna di esse ha incontrato il mio gusto. A me piacciono i brani cantautoriali italiani, le pietre miliari del country e i brani anni Sessanta-Settanta».