Arte

E Mendrisio riparte dal contemporaneo

Il Museo del magnifico borgo riapre i battenti mettendo in risalto un’ampia scelta di opere della propria collezione che, dagli anni Ottanta ad oggi, testimonia la sua vicinanza ai valori artistici e umani espressi dal territorio
Tra le opere in mostra: Cesare Lucchini, Senza titolo (2008). Olio su tela. (ProLitteris).
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
10.06.2020 06:00

In attesa della assai promettente mostra su André Derain slittata per ovvie ragioni alla fine di settembre, al Museo d’arte di Mendrisio non sono certo rimasti con le mani in mano. Lo testimoniano il sito dell’istituto rinnovato da cima a fondo consultabile da oggi o la bella serie di cinquanta cortometraggi online costruiti intorno ad altrettante opere dalle proprie collezioni dal Seicento ad oggi. Il risultato più immediato rimane tuttavia la mostra allestita per colmare questa fase interlocutoria dal titolo «Da ieri a oggi» che vede quali protagoniste le linee del contemporaneo rappresentate nelle collezioni del museo, dagli esordi negli anni Ottanta alle più recenti acquisizioni.

Come ha spiegato il direttore Simone Soldini in sede di presentazione «nel corso degli anni il Museo ha costituito all’interno delle proprie collezioni una ricca sezione del contemporaneo diventando, dopo quarant’anni di attività, presenza costante per la regione e per i suoi artisti». Il contemporaneo è qui inteso come un dialogare tra generazioni che coprono circa quarant’anni di storia, mutando di colpo da una memoria di atmosfere da ultimo naturalismo a un’immagine tecnologicamente ultraelaborata. «Una scelta motivata, non un azzardo, ha proseguito Soldini, se pensiamo che dai primi anni Ottanta, passato il terremoto delle neoavanguardie, si è assistito a un graduale assestamento e a un ritorno in primo piano di tecniche antiche accanto a quelle di recente produzione. Attraverso un centinaio di opere che dai Paolo Bellini e Aldo Ferrario delle primissime biennali o dagli esiti estremi di un Max Huber , di un Giuseppe Bolzani o di unRolando Raggenbass, passando per i Lucchini, i Dobrzanski, i Gabai, gli Emery, i Pitschen o gli Abdullah, solo per citare qualche nome, arrivano sino ad Alan Bogana e Marta Margnetti.

Un dialogare tra generazioni insomma che è anche un modo per tracciare la storia del museo del magnifico borgo facendo il punto sul concetto di contemporaneo senza perdere di vista i nuclei del linguaggio che lo caratterizzano nella nostra peculiare realtà locale.