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Estasi musicale

A colloquio con il compositore e pianista Giovanni Allevi che lunedì 14 febbraio si esibirà al LAC di Lugano
Saranno le composizioni del recente album «Estasi» al centro dell’atteso ritorno del pianista e compositore marchigiano a Lugano. Biglietti su www.luganolac.ch. © Riccardo Spina
Red. Online
11.02.2022 13:37

Giovanni Allevi è una delle personalità più spiccate della musica italiana contemporanea: amatissimo da alcuni, criticato da altri, con le sonorità romantiche del suo pianoforte riesce comunque sempre ad attirare l’attenzione, specie nei suoi concerti, che, dopo la pandemia, hanno da poco ripreso il loro corso inserendo, tra i primi appuntamenti, il LAC dove l’artista si esibirà lunedì 14 febbraio, alle 20.30.

Con che sentimento torna a calcare le scene dopo due anni di stop?
«Di trepidazione ma anche di felicità per l’entusiasmante incontro con il pubblico. Il tour è infatti da poco iniziato e, nelle prime due date, ho sentito attorno a me un calore e una partecipazione incredibili».

Durante la pandemia comunque non è rimasto con le mani in mano; ha concepito un nuovo album, Estasi e ha scritto un libro, Le regole del pianoforte. Cominciamo dal primo: come è nato e cosa aggiunge alla sua storia?
«È nato da un episodio di “Sindrome di Stendhal” in seguito al quale sono svenuto nel centro di Roma, dopo aver contemplato una statua del Bernini, l’Estasi di santa Teresa d’Avila. In quel momento ho capito che l’estasi sarebbe stata l’oggetto della mia ricerca musicale: ho intuito che la parola estasi sarebbe tornata a far parte dell’immaginario collettivo in questo strano periodo storico e ho pensato che l’estasi sia più importante della felicità. Da qui è nato l’album che è tra i più completi che ho realizzato. E che avvicino al mio primo disco, 13 dita, per libertà espressiva, virtuosismo e complessità. È un lavoro coraggioso ma la grande attenzione che sembra ricevere dal pubblico in questi primi concerti, mi fa pensare quasi ad un sotterraneo desiderio di complessità, di ascolto impegnativo, di ritrovata dimensione della storia in un’epoca che invece sembra essere caduta in un eterno presente».

I brani di Estasi, come quelli dei precedenti dischi, sono contraddistinti da una grande cantabilità. Non le è mai venuta voglia di sfruttare questa caratteristica della sua musica, affiancandole dei testi e trasformandola in canzoni?
«La mia insegnante di storia della musica all’università di Macerata, Claudia Colombati, una delle più autorevoli conoscitrici di Chopin, ricordava che il valore inestimabile della sua musica sta nell’essere sempre cantabile e al tempo stesso impossibile da cantare. Ossia che Chopin mette in evidenza una cantabilità che è tutta del pianoforte ma che per la voce è impervia anche per una questione di estensione. Ho voluto fare mio questo valore che diventa anche un ideale e un obiettivo: il pianoforte deve sempre cantare, la musica deve sempre farsi veicolo di un valore melodico, soprattutto se a crearla è un compositore italiano, che ha la melodia nel proprio DNA».

Parliamo ora de Le regole del pianoforte, libro che dà l’impressione di essere un pretesto, attraverso una serie di consigli sullo strumento, per parlare d’altro...
«Certamente. Dopo trent’anni di concerti, nel momento in cui la pandemia sembrava volesse togliermi il pianoforte, ho voluto mettere nero su bianco cosa fosse davvero importante, rispetto al mio strumento prediletto. Dunque non parlo soltanto di questioni tecnico-musicali ma entro nel mondo della filosofia, del senso, della nostra dignità interiore. Suonare il pianoforte significa trovarsi di fronte ad uno specchio e avere la possibilità di guardare in profondità dentro noi stessi. Ed è un viaggio complesso e affascinante».

Torniamo ai concerti e a Lugano, una città che deve piacerle particolarmente visto che ci viene spesso a suonare.
«Ho un legame profondo con Lugano. Anni fa vi registrai, all’Auditorio della RSI, un mio album, Love. Ricordo che durante la registrazione ebbi un momento di crisi e l’allora direttore della radio mi consigliò di fermarmi un attimo e di andare a buttare delle briciole di pane nella vasca dei pesci rossi in giardino. E ho un ricordo bellissimo di quel momento. Al di là di quell’episodio, tutte le volte che sono tornato a Lugano ho sempre ricevuto un grande affetto da parte del pubblico. Rammento comunque pure un concerto disastroso che feci al LAC dove affiancai vuoti di memoria a momenti sublimi dell’interpretazione. Ma questa è la vita dell’artista...»

Visto che ha un po’ di Lugano nel cuore, sappiamo che per il lunedì ha preparato qualcosa di speciale.
«Io scrivo musica: questa è la mia ragione di vita. Quindi la prima esecuzione di ogni mia composizione la vivo come un evento che mi coinvolge profondamente e che resta impresso nella mia memoria per sempre. Visto che lunedì sera è San Valentino, eseguirò al LAC, per la prima volta in assoluto, I Need Your Love (brano nel quale voglio esprimere il sentimento di incompletezza, di desiderio e di nostalgia che ci coglie al pensiero della persona amata) e siccome sono convinto che questo brano mi accompagnerà a lungo nei miei live, significa che ogni volta ripenserò a Lugano e a quel primo applauso che quelle note hanno ricevuto».

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