Estival Jazz 2009: un gran finale

Come in uno spettacolo di fuochi d'artificio, anche l'atto conclusivo di Estival Jazz 2009, consumatosi sabato in Piazza dellla Riforma nel corso di un'interminabile maratona iniziatasi alle 20.45 e conclusasi alle 3 e mezza del mattino, è stato uno scintillante ed esplosivo bouquet che ha lasciato senza fiato le migliaia di spettatori accorsi per la varietà dei generi musicali proposti e per l'altissimo standard del suo protagonisti.
Una serata iniziatasi all'insegna del jazz elegante e raffinato del fisarmonicista Richard Galliano. Un jazz romantico il suo, sempre percorso da quell'alone di melanconia così tipicamente francofona da risultare riconoscibilissima sin dalle prime note. Sessanta minuti di rara intensità in cui le delicate armonie che uscivano dallo strumento di Galliano hanno trovato un ideale parner nel suono altrettanto delicato e preciso del pianista Gonzanl Rubalcaba e nella ritmica, anche in quuesto caso molto profilata della coppia Richard Bona-Clarence Penn. Un concerto quasi estatico che ha avuto quale unico "neo" la forse eccessiva presenza di Galliano che ha messo praticamente in ombra i suoi partner che se maggiormente coinvolti nella parte creativa dello show avrebbero potuto dargli un maggiore tocco di originalità.
Dal jazz si è poi passati al rock progressivo con quella che può definirsi la grande sorpresa della serata: Steve Hackett, storico chitarrista dei Genesis nel primo grande periodo della band, e presentatosi all'interno di un quinteto elettrico di straordinario spessore. Musica intimamente legata ai primi anni Settanta quella presentata da Hackett, e non solo per la presenza in scaletta di alcuni brani dei Genesis (Firth or Firth, Blood of The Rooftops, Horizon, Los Endos), ma anche perché anche tutte le altre composizioni del set hanno avuto quale preciso riferimento il più classico stile "progressive": dalle nuove Fire To The Moon e Storm Chaser alle più datate Mechanical Brides (che sembra uscita dal repertorio dei primi King Crimson) a Spectral Mornings.
Gradito ritorno, in seguito, dell'Idan Raichel Project, uno degli ensemble di maggior successo del pop israeliano. Anche in questo caso con un repertorio intelligente, gradevole, ben orchestrato musicalmente e scenicamente che però forse, ha voluto concentrarsi eccessivamente su dolci "ballad" piuttosto che su brani in grado di scatenare una platea che a quell'ora (la mezzanotte era passata da un pezzo) necessitava di atmosfere più vivaci.
Atmosfere che sono poi giunte, comunque, dalla straordinaria Rock Reunion di Vic Vergeat: un combo straordinario grazie alla presenza accanto al chitarrista e cantante ossolano (in granfo forma dal punto di vista vocale che strumentale) dall'eccelso sassofonista Mel Collins, del tastierista inglese Tim Hinkley (un mostro di bravura e comunicatiività) e della incredibile Kat Dyson, chitarrista e cantante americana dall'immmenso talento. Rock-blues viscerale e coinvolgente il loro che però, purtroppo, ha iniziato ad andare in scena solo alle 2.15 di notte: un po' troppo tardi per garantirgli la visibilità di cui meritava...