Musica

Fabrizio De André e il film fantasma finalmente ritrovato

Mentre ricorrono gli ottant’anni dalla nascita del cantautore, nelle sale italiane viene proposto un documentario su un suo concerto insieme alla PFM del 1979
Fabrizio De André in concerto a Locarno nell’agosto del 1982. © CdT / Archivio
Antonio Mariotti
18.02.2020 06:00

L’ottantesimo compleanno di Fabrizio De André, che sarebbe caduto oggi, non avrebbe probabilmente suscitato grande attenzione mediatica se non fosse in cartellone nelle sale cinematografiche italiane (solo fino a domani) il documentario che Walter Veltroni ha realizzato sulla base delle riprese di un concerto tenuto dal cantautore genovese nella sua città natale il 3 gennaio del 1979 nell’ambito della indimenticabile tournée con la Premiata Forneria Marconi, già documentata in due dischi pubblicati tra il 1979 e il 1980.

Un’esperienza inedita

Il documentario, che speriamo prossimamente possa trovare spazio anche sugli schermi ticinesi, inizia con una conversazione filmata su un treno in corsa durante la quale Dori Ghezzi (vedova di De André), Franz Di Cioccio e Patrick Djivas (storici componenti della PFM) e David Riondino (che faceva da spalla a Faber durante la tournée) ripercorrono la genesi, i rischi e gli imprevisti di questa inedita operazione musicale che vedeva per la prima volta sullo stesso palco le star italiane del cantautorato e del rock progressivo. «A qualcuno - scrive il direttore di Castellinaria, Giancarlo Zappoli, nel recensire il fil

m sul sito mymovies.it - potrebbe sembrare un percorso troppo lungo in attesa dell’esplosione di musica e parole e invece si rivela come un viaggio nel passato che ci fa comprendere come gli artisti, quando sono pienamente tali, possono far scaturire qualcosa di profondamente nuovo e valido dalla fusione di visioni e personalità anche molto differenti».

Questione d’immagine

L’aspetto più interessante di questa iniziativa non riguarda però tanto l’aspetto artistico - che l’abbinamento De André-PFM facesse faville lo si sapeva già - quanto piuttosto il cambiamento che si è verificato dal 1979 ad oggi nel mondo della musica a livello di promozione e cura dell’immagine dei suoi protagonisti. Stiamo infatti parlando di un periodo in cui il massimo guadagno proveniva ancora dalla vendita dei dischi e i concerti erano visti quasi unicamente come cassa di risonanza per smerciare il massimo numero di copie o come occasione per produrne di nuovi registrati dal vivo. L’immagine dei musicisti inizierà a cambiare con la nascita di MTV nel 1981 e la moda dei videoclip, ma oggi fa comunque una certa impressione leggere che Piero Frattari, autore delle riprese originali del concerto, dovette agire quasi di nascosto, dopo aver ottenuto il permesso di De André che gli aveva però raccomandato «di essere invisibile».

Per fortuna queste immagini, credute perse per decenni, sono ora tornate alla luce e - come scrive ancora Zappoli - «proprio grazie alle imposizioni di Faber, assumono un valore di servizio che non le rendono ancillari ma determinanti. (...) Suoni e parole conservano , grazie anche a una rigenerazione in audio 5.1, tutta la purezza e e la capacità di emozionare che ebbero quella sera».

Alimentare il mito

L’idiosincrasia di Fabrizio De André nei confronti della sua immagine non è certo un’eccezione nell’ambiente musicale (basti pensare a Bob Dylan che ha proibito qualsiasi tipo di ripresa durante le sue ultime tournée, o al caso limite di Mina) ed ha di certo contribuito ad alimentarne il mito. Non sono molti gli artisti ai quali sia stata dedicata, ad esempio, una pubblicazione così ricca da questo punto di vista come Una goccia di splendore, edito da Rizzoli nel 2007 a cura del fotografo Guido Harari. Sfogliando quelle splendide pagine si ha l’impressione di penetrare tra le pieghe più recondite della vita di un artista che per i primi 15 anni della sua carriera ha rifiutato qualsiasi esibizione in pubblico o in televisione, ritenendola superflua se non addirittura controproducente.

A oltre vent’anni dalla sua scomparsa (avvenuta l’11 gennaio del 1999), il mito di De André è ancora, giustamente, vivissimo. Regolarmente gli vengono dedicate mostre, convegni e pubblicazioni che - grazie anche alla supervisione della Fondazione che porta il suo nome guidata dalla vedova - sono quasi sempre di alto livello. Senza dimenticare il fatto che il figlio Cristiano, la PFM e alcune tribute band più o meno omologate non mancano di riproporre dal vivo le sue canzoni.

Questo film aggiunge quindi un ulteriore importante tassello alla «ricostruzione postuma» dell’immagine di un personaggio che non si è mai legato all’attualità ma ha sempre creduto solo nella forza della poesia.