Classica

Fanno centro le «Settimane Musicali di Ascona» in versione cameristica

Pur condensata all’interno di un unico fine settimana, con concerti per organici ridotti e con limitato accesso di pubblico, l’edizione 2020 della rassegna asconese non delude le aspettative e, anzi, lancia interessanti segnali al futuro
Ton Koopman & Amsterdam Baroque Orchestra (Roberto Barra Photography)
Red. Online
20.09.2020 22:42

La necessità aguzza l’ingegno, recita un noto proverbio. E la tenacia e la determinazione – aggiungiamo noi – possono trasformare il tutto in un capolavoro. Così potremmo riassumere l’edizione 2020 delle Settimane Musicali di Ascona, la prima grande manifestazione musicale ticinese post-pandemia. Sottolineamo l’aggettivo «grande» perché sebbene sia stata costretta a rinunciare al faraonico programma di matrice sinfonica allestito per celebrare i suoi primi 75 anni, sostituendolo con una tre-giorni cameristica e nonostante il fatto che per le norme sanitarie in vigore solo un numero ristretto di spettatori ha potuto seguire dal vivo i concerti, quella svoltasi nella chiesa del Collegio Papio durante il fine settimana è stata un’edizione indimenticabile. Proprio per la sua formula che, pur nel solco della tradizione, ha proposto un qualcosa di nuovo e di inedito. Ossia una sorta di elaborata «jam session» (per dirla con un linguaggio jazzistico che non deve far storcere il naso visto che il genere musicale più importante del XX secolo ha quale padre nobile il Barocco, che ad Ascona ha goduto di largo credito) durante la quale un manipolo di musicisti dallo straordinario talento, ha potuto esprimersi secondo canoni inusuali per una rassegna classica: dando libero sfogo al proprio talento individuale (un’annotazione particolare in tal senso la merita l’interpretazione regalata ieri pomeriggio da Leonidas Kavakov della Partita in mi maggiore n. 3 per violino di Bach, che resterà a lungo impressa nella memoria di chi ha avuto la fortuna di ascoltarla...) ma anche spaziando, in contesti ogni volta diversi, attraverso un repertorio di ben quattro secoli: il Settecento di Bach e Mozart, il romantico Ottocento di Schubert e Brahms, l’innovativo «secolo breve» di Messiaen fino al nuovo Millennio di Jörg Widmann i cui Cinque frammenti per clarinetto e pianoforte e le cui Fantasie solistiche hanno molte assonanze con l’universo afro-americano.

Il direttore artistico e pianista Francesco Piemontesi.  (Roberto Barra Photography)
Il direttore artistico e pianista Francesco Piemontesi. (Roberto Barra Photography)

Un festival, insomma, breve ma intenso, raffinato e brillante, ulteriormente esaltato – lo ripetiamo – dal grande talento e dalla versatilità dei suoi protagonisti che hanno sfruttato alla perfezione gli spazi concessi loro dal direttore artistico Francesco Piemontesi (che alle sue già note qualità ha aggiunto anche quella di abile tessitore di trame artistiche) nonché le peculiarità di un luogo, quale la chiesa asconese della Misericordia, quasi perfetto per questo tipo di operazioni artistiche (unica eccezione il clavicembalo, la cui ridotta dinamica poco si adatta ad un luogo così ampio – ed infatti le performance di Ton Koopman allo strumento non hanno potuto essere apprezzate appieno).

Se dunque alla vigilia c’era un po’ di apprensione per queste insolite «Settimane», in sede di bilancio possiamo tranquillamente affermare che la scommessa lanciata dagli organizzatori si è rivelata non solo vincente ma – ne siamo certi – anche foriera di indicazioni sul futuro di una rassegna che nonostante la sua veneranda età, ha dimostrato di avere la vitalità di un ragazzino.