Gavroche e la difficile scelta della strenna natalizia

La Nota

La strenna. Sì, alla piccola collezione dei piccoli fastidi che fioriscono nell’orticello della vita quotidiana, all’ombra dei fastidi più grandi e degli altri fastidi, quelli grassi che sono come i rosolacci, tutta apparenza e si sfanno con un soffio, ci mancava anche questo della strenna natalizia. Fastidio grazioso, profumato di gentilezza, ma con qualche piccola spina. L’imbarazzo della scelta. In questi giorni si vede la gente correre per i negozi, affollarsi davanti alle vetrine, ai banchi, fare lunghi studi, profonde meditazioni, complicati esami comparativi di qualità, di prezzi, laboriosi sforzi per creare dei rapporti fra l’oggetto che parrebbe utile per una strenna ed i gusti o i bisogni o i capricci di colui o, più spesso, di colei per la quale si deve scegliere la strenna. Preoccupazione di indovinare il gusto – ed i gusti sono così svariati, così mutevoli, così differenti –, desiderio di fare buona figura, timore di scegliere male. Queste sono le piccole spine di quel graziosissimo fastidio che è la strenna natalizia. Ma quanta poesia, quanto profumo di grazia! Questo atto di affetto, di deferenza, di gratitudine, di cortesia, sia pure anche di forzato compenso, atto rimasto tradizionale attraverso i tempi, sopravvissuto a tutte le vicende della società, le cui origini risalgono ai primissimi tempi della vita sociale, e derivano dall’istintivo bisogno di fare al nostro prossimo, verso il quale siamo tanto spesso poco buoni, un atto gentile, una cosa gradita, una sorpresa piacevole, è bello, è buono e sta a dimostrare che non sempre l’uomo è lupo per l’uomo e che in certe circostanze della vita, quando tacciono le passioni, quando riposa la cattiveria che abbiamo ereditato dal primo padre e portiamo in noi come un peso fatale, e risuona solo la voce pura e dolce della bontà, sappiamo anche noi uomini essere fratelli, fratelli buoni verso gli uomini.

Gavroche

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