L’intervista/ carlo agliati

Giovanni Orelli, instancabile letterato

Il direttore del «Cantonetto» parla dell’omaggio speciale allo scrittore bedrettese
Giovanni Orelli (1928-2016). Fotografia di Giovanni Giovannetti, Pavia, 1991 (Archivio svizzero di letteratura, Berna, fondo Orelli)
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
08.02.2019 06:00

Giovanni Orelli è stato uno scrittore di grande notorietà nel Ticino, conosciuto per romanzi diventati dei classici come quello d’esordio «L’anno della valanga» (1965), ambientato nella sua valle Bedretto, ma anche per la produzione poetica in lingua e in dialetto e per numerosi interventi di critica letteraria. Insieme al cugino poeta e critico letterario Giorgio Orelli, o a Fabio Pusterla, anch’egli poeta, è tra i non molti autori ticinesi contemporanei che godono di ampia notorietà fuori dai confini cantonali, sia per le traduzioni dei romanzi in tedesco e francese, e addirittura in lingua russa, sia perché le sue opere maggiori sono state pubblicate in Italia presso editori di ambito «nazionale» come Mondadori, Einaudi e Donzelli. Ne parliamo con Carlo Agliati direttore della rivista «Il Cantonetto».

Carlo Agliati, è la popolarità dello scrittore che ha indotto la rivista «Il Cantonetto» a dedicare un generoso numero monografico al nostro scrittore a due anni dalla scomparsa?

«L’idea ha cominciato a prendere forma in maniera “naturale” il giorno stesso delle sue esequie, sul sagrato della chiesa di Santa Teresa a Viganello: in molti eravamo lì col sentimento di chi aveva contratto un debito di riconoscenza verso Giovanni Orelli, con il desiderio di volerlo in qualche modo saldare. Per parecchi di noi, anche per quelli, come me, che sono stati attivi su fronti di ricerca e scrittura diversi rispetto agli interessi squisitamente letterari di Orelli, non sono mancate occasioni per incrociare la sua “lezione”, e intendo non unicamente quella del letterato e del critico, ma anche quella offerta da una persona generosa sul piano umano. Personalmente, la generosità di Orelli ho avuto modo di sperimentarla fin dalle mie prime prove di ricerca, con incoraggiamenti venuti attraverso segnalazioni e recensioni sui giornali; oggi mi sembrano da inquadrare nel ruolo da lui assunto di “intellettuale militante”, impegnato sì sul piano della scrittura in proprio, ma nel contempo attento alla promozione e al sostegno della cultura in senso largo, che ha lungamente alimentato anche nel contesto forse più congeniale alla sua crescita, cioè la scuola. Per noi – con l’aiuto delle figlie Luisa e Chiara – non è quindi stato poi così difficoltoso raccogliere intorno al nome di Giovanni Orelli un cenobio di compagni di strada non immemori: antichi allievi, colleghi dei lunghi anni d’insegnamento, critici letterari, naturalmente i poeti. Così è cresciuto un volume in forma di monografia a più voci, che ha già trovato sinceri apprezzamenti, e che penso potrà rientrare tra i titoli della bibliografia critica orelliana, per merito dei tanti amici dello scrittore che vi hanno aderito con competenza e passione. Semmai oggi il rammarico, a cose fatte, è quello che mi esprimeva recentemente il professor Pietro De Marchi, tra i collaboratori di questa piccola impresa editoriale, di essere arrivati tardi: “Quanto avrebbe fatto piacere a Giovanni tenere in mano queste pagine, sfogliarle, guardare e riguardare le foto, leggere gli articoli...”».

In effetti il lettore apprezza anche l’apparato illustrativo che accompagna i testi, una sorta di biografia per immagini dello scrittore.

«Com’è nelle consuetudini della rivista, prestiamo una grande attenzione alle illustrazioni, che cerchiamo di rendere non esornative ma “parlanti”. E iniziamo dagli esordi di Orelli scrittore, che è nato come poeta dialettale proprio sul “Cantonetto”: in una fotografia d’epoca ritroviamo il giovane poeta trentenne – siamo nel 1958 – fresco degli studi letterari e filologici alla Cattolica di Milano, intento nella lettura pubblica delle poesie nell’Aula Magna del Liceo di Lugano, in occasione della cerimonia di premiazione del secondo concorso dialettale indetto dalla rivista, proclamato vincitore dalla giuria presieduta dal dialettologo Silvio Sganzini. Da lì è poi seguita la carriera operosa di scrittore e intellettuale che conosciamo, e che si legge in immagine per alcune tappe fondamentali: per fare un unico esempio il Premio letterario Veillon del 1964, che sancisce la nascita di Orelli romanziere, premiato per “Il lungo inverno”, che è il titolo originario de “L’anno della valanga”, suggerito quale alternativa da Vittorio Sereni, una delle voci più significative della letteratura italiana del Novecento, qui nella sua veste di consulente editoriale della Mondadori. E non mancherà di suscitare stupore in chi vorrà sfogliare il volume la raccolta di fotografie della “sua” Bedretto sepolta sotto la neve appunto nell’inverno del 1951, e della stessa valanga che avrebbe drammaticamente travolto il borgo di Airolo di lì a poco, che accompagnano un saggio inedito dedicato al romanzo dal cugino più anziano Giorgio Orelli, fortunosamente riemerso recentemente tra le carte di quest’autore. Ma vedrà il lettore anche l’incontro di Giovanni Orelli con scrittori come Plinio Martini, o le immagini che oggi si guardano con particolare commozione che lo ritraggono insieme all’amico forse più caro, perso troppo presto, il grecista e latinista Mauro Patocchi compagno di studi a Milano e collega d’insegnamento al Liceo».

Prosa, poesia, dialetto, lingua, insegnamento: la raccolta di saggi e immagini del «Cantonetto» restituisce l’insieme del paesaggio letterario e intellettuale orelliano durato un sessantennio...

«Le facce del poliedro Giovanni Orelli sono numerose e sovrapposte. La raccolta del «Cantonetto» ne ha intersecate alcune, trattando del docente, del poeta, del romanziere, del critico, ma anche di sue attività per così dire “collaterali”, come quella del traduttore letterario, del giornalista televisivo, perfino dell’uomo di radio. Ma altri spazi di studio restano da riempire, dal suo impegno in politica, all’analisi linguistica della sua scrittura in lingua e in dialetto, a un più completo scavo nella generosa bibliografia “giornalistica”, cominciando dalle prime collaborazioni letterarie negli anni Sessanta con “Illustrazione ticinese” diretta dall’amico Aldo Patocchi, su su fino a “Politica Nuova” e “Azione”: così da concorrere a restituire la complessità di una figura intellettuale restìa a farsi incardinare in uno schema rigido».

Il volume

Una monografia tra memorie e immagini rare

Il numero speciale della rivista «Il Cantonetto», il secondo del 2018, si intitola Un insonne della letteratura. Compagni di via in memoria di Giovanni Orelli (1928-2016) e contiene una trentina di contributi a vario titolo dedicati al ricordo dell’intellettuale ticinese, che occupano le quasi duecento pagine del volume. Essi possono essere raggruppati lungo alcuni filoni principali: dapprima, ovviamente, il ricordo personale, di amici, colleghi e studiosi, ognuno da un suo peculiare osservatorio, umano ma anche professionale e di ambito di attività (il direttore della rivista Carlo Agliati, ma anche Paolo Di Stefano, Andrea Kerbaker, Donata Berra, Fabio Pusterla, Gertrud Leutenegger, Giampaolo Cereghetti). Parecchi sono anche gli studi dedicati alle varie forme della produzione letteraria e saggistica di Orelli (Giorgio Orelli, Giuseppe Curonici, Gilberto Isella, Pietro De Marchi, Christian Genetelli, Stefano Barelli, Matteo M. Pedroni, Maria Cristina Cabani, Francesco Brancati, Giovanna Cordibella), oltre a una cronaca documentaria che approfondisce le attività di preparazione editoriale de L’anno della valanga e i rapporti con l’editore Mondadori (Fabio Soldini). Non mancano poi testi che rendono conto di rapporti professionali e di amicizia, come quelli che studiano ed esemplificano i contatti epistolari con Plinio Martini (Alessandro Martini) e Pierre Casè (Flavio Catenazzi), o quello che restituisce la storia di un’amicizia fraterna con il collega d’insegnamento al Liceo Mauro Patocchi, autore di una poesia in dedica all’amico (Giancarlo Reggi), o ancora quello sulla collaborazione con la televisione della Svizzera italiana e con Bixio Candolfi in particolare (Danilo Baratti). Un articolo di Annetta Ganzoni presenta il fondo di Giovanni Orelli depositato presso l’Archivio svizzero di letteratura, che ha sede alla Biblioteca nazionale svizzera. Il volume contiene infine numerose fotografie di pregio che documentano in modo molto parlante i singoli testi e un inserto di omaggi in forma di poesia, illustrato da Sam Gabai, con i contributi lirici annotati di Pietro De Marchi, Aurelio Buletti, Gilberto Isella, Alida Airaghi, Ugo Petrini, Chandra Livia Candiani, Fabio Pusterla, Antonio Rossi, Alberto Nessi, Piergiorgio Morgantini. Di particolare pregio è l’introduzione di Carlo Agliati; vi si ripercorrono i rapporti tra Giovanni Orelli e la rivista stessa, in particolare con il suo fondatore Mario Agliati. Nel «Cantonetto» Orelli ebbe «presenze ricorrenti a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso», che assunsero volentieri la forma della poesia dedicata, in lingua o in dialetto. In particolare, con due produzioni nella varietà arcaica della valle Bedretto egli partecipò al concorso di poesia dialettale che la rivista organizzò nel 1958 (una I edizione si era tenuta tre anni prima); di quella rassegna Orelli fu proclamato vincitore, «per la spiccata educazione letteraria che lo volge a seguire attentamente alcuni importanti esempi e tendenze della lirica più recente».