Gli 80 anni di Dario Argento, grande maestro del brivido

Compie oggi 80 anni il regista italiano Dario Argento, maestro indiscusso di stile e creatore di incubi che hanno dato paura e piacere a intere generazioni. Romano «di Roma», figlio di un uomo di cinema (il padre, Salvatore, è stato un produttore di talento) e di una celebre fotografa dello star system italiano (Elda Luxardo), sin da bambino si è ritrovato immerso nella settima arte. Spirito ribelle, ancora minorenne lascia il liceo classico scappando a Parigi dove vive un anno nello stile della più tipica bohème, facendo mille mestieri. Tornato a casa, strappa un contratto da «vice» critico al quotidiano pomeridiano della Capitale, «Paese sera» dove si ritaglia uno spazio come specialista del cinema di genere e di quello delle avanguardie, a cominciare dalla «Nouvelle Vague».
La sua vita conosce una svolta alla metà degli anni ‘60 quando entra nel giro degli sceneggiatori di mestiere lavorando a molti copioni, per poi approdare su un set nel 1969 per dirigere alcune sequenze del western Un esercito di 5 uomini. Frequenta anche Sergio Leone che lo coinvolge insieme a Bernardo Bertolucci ad abbozzare il soggetto di C’era una volta il West; collabora con Giuseppe Patroni Griffi per Metti una sera a cena e fonda una società di produzione col padre (la S.E.D.A.) con cui mette il cantiere il suo primo film, ispirato a un racconto del mistero di Fredric Brown. È L’uccello dalle piume di cristallo (1970) la cui genesi è ormai leggenda: la distribuzione Titanus infatti non crede nel film che non si iscrive in nessuno dei filoni allora di moda. Il padre, Salvatore Argento, si impegna personalmente nel radunare una squadra tecnica d’eccezione (Morricone alle musiche, l’esordiente Storaro alla fotografia, Franco Fraticelli al montaggio) e insieme a Dario convince un riluttante Tony Musante che ha conosciuto per Metti una sera a cena ad interpretarlo. Alla prima del film non c’è nessuna attesa, ma nei giorni successivi le sale si riempiono grazie al passaparola e l’incasso nazionale supera largamente il miliardo di lire. Seguono Il gatto a nove code, Quattro mosche di velluto grigio e, nel 1975, il film che gli fa guadagnare definitivamente il titolo di «re del brivido»: Profondo rosso (1975). In quel periodo Dario Argento viene spesso accostato a Hitchcock, ma nonostante le affinità tecniche, il suo cinema è già profondamente diverso e lo sarà ancor più quando vira verso l’horror e l’incubo puro tra Suspiria e gli altri titoli nella cos iddetta trilogia delle «Tre madri». Se dunque bisogna cercare delle affinità vanno ricercate piuttosto con gli americani John Carpenter, Wes Craven e soprattutto George Romero, con cui collabora per il dittico Due occhi diabolici» da E.A.Poe e che resta uno dei suoi più grandi amici.
Con 19 film alle spalle, svariate prove televisive tra Italia e Stati Uniti e tre regie d’opera, oggi Argento è amato, premiato e venerato in tutto il mondo. E nel 2021 il Museo del Cinema di Torino gli dedicherà una grande mostra antologica che sottolinea la complessa e raffinata composizione visiva delle sue immagini che lo pongono come «uno dei grandi maestri del cinema contemporaneo, punto di riferimento per generazioni di registi cinematografici fino alle serie televisive di questi ultimi anni».