Graficamente Giacometti

Lui lo sapeva benissimo: in principio era il disegno e il disegno, qualsiasi disegno su qualsiasi supporto, in qualsiasi condizione era l’atto primigenio alla base di qualsiasi esperienza artistica. E d’altronde tutti gli innamorati del grande bregagliotto rimangono affascinati da quel suo non sprecare nemmeno un centimetro quadrato di carta, come se Alberto Giacometti non smettesse mai di disegnare dappertutto. Dalla scatola di fiammiferi all’angolo di un elenco telefonico. Sempre all’eterna ricerca della «meraviglia delle meraviglie», all’inesausta, ma insoddisfatta, ricerca dell’essere. E d’altronde i critici che si sono occupati dell’opera di Alberto Giacometti concordano che per l’artista di Borgonovo ( perché lì, in quella frazione di Stampa, egli nacque il 10 ottobre del 1901, come ama precisare il nume tutelare della cultura grigionese Chasper Pult) il disegno fosse la base concettuale di tutta la sua ricerca artistica. Lo stesso Giacometti più volte ebbe a rimarcare il valore del disegno come atto primigenio del pensiero artistico. È noto che egli disegnava dappertutto, sulle buste e lettere ricevute, su giornali e riviste, sull’interno del pacchetto di sigarette, al bar sui tovaglioli o sulla tovaglietta di carta, in atelier sulle pareti intonacate e sui pannelli di legno tavolato, e più normalmente sul suo inseparabile taccuino e sull’album per gli schizzi. La sua opera grafica non è quindi marginale rispetto alla produzione artistica vera e propria - ossia alla pittura e alla scultura - ma riesce a rivelare meglio il pensiero giacomettiano in cui dal segno emerge un senso di angoscia, di affanno, di incertezza, nei ritratti affiora l’incapacità di ritrovare la forza dello sguardo e il suo valore emozionale, o ancora il foglio come metafora del concetto di spazio e tempo in cui l’uomo cerca la sua dimensione dell’essere.
Prospettiva inedita
Ecco dunque che l’attesa esposizione Alberto Giacometti 1901-1966. Grafica al confine tra arte e pensiero, da oggi finalmente visitabile al m.a.x. museo di Chiasso, assume delle valenze persino filosofiche permettendo anche al più incallito cultore di approcciare l’affascinante e misterioso universo giacomettiano da una prospettiva meno consueta e frequentata. Questo nuovo e azzeccatissimo tassello al mosaico del complesso e decennale discorso sul sommo artista grigionese, certosinamente curato da Jean Soldini (da quasi quarant’anni ormai assoluto punto di riferimento per tutti i giacomettofili) e da Nicoletta Ossanna Cavadini, va perfettamente ad inserirsi nel contesto geografico di Chiasso come luogo di confine per antonomasia e nel tempo particolare che stiamo attraversando in cui per infinite ragioni l’arte di Alberto Giacometti sembra assumere valori e significati ancora nuovi. Per illustrarne almeno sommariamente i densissimi contenuti possiamo dire che la mostra di Chiasso offre un ricco panorama del processo creativo di Alberto Giacometti partendo dalla tecnica xilografica effettuata nel periodo giovanile seguendo l’esempio paterno, all’incisione a bulino con tecnica diretta quindi all’acquaforte con tecnica indiretta. La principale produzione grafica di Giacometti è senza dubbio la litografia ampiamente rappresentata in mostra.
Globalmente sono esposti 405 materiali – provenienti da 16 prestatori comprendenti le principali istituzioni deputate a conservare l’opera di Alberto Giacometti e gli importanti collezionisti della stessa – allestiti nelle sale del m.a.x. museo in quattro ambiti tematici che comprendono 5 xilografie, 13 incisioni a bulino, 157 incisioni all’acquaforte, 121 litografie, 2 matrici litografiche, 1 matrice calcografica, 29 libri d’artista, 7 riviste, 21 fotoincisioni, 9 disegni, 2 dipinti ad olio, 3 sculture, 25 fotografie, 9 pubblicazioni storiche. Come ha ampiamente illustrato in sede di presentazione alla stampa la direttrice del m.a.x. museo e Spazio Officina Nicoletta Ossanna Cavadini, il percorso espositivo della mostra segue un criterio tematico-cronologico incentrando il focus sull’opera grafica di Alberto Giacometti ma raffrontando questa alla più nota espressione scultorea e pittorica; in ogni sala infatti è presente una scultura, o un dipinto ad olio o un disegno dell’immenso artista svizzero. Dopo una parte iniziale dedicata alla biografia, ai principali cataloghi e riviste pubblicati sulla sua opera e alle significative immagini fotografiche di Ernst Scheidegger in cui il fotografo svizzero riprende Alberto Giacometti nell’atelier parigino restituendone pienamente il clima di riflessione e creazione, il percorso espositivo inizia con la sala dedicata al primo periodo artistico di Giacometti, intitolata L’avvio di una grande passione.
Dalle origini a Parigi
In questa sezione si trovano le opere che hanno caratterizzato il progressivo accostarsi di Giacometti alla grafica fin da fanciullo. Alla grafica Giacometti si dedicherà poi nel 1930 quando, entrato in contatto con il movimento Surrealista a Parigi - di cui farà parte fino al 1934 – eseguirà diverse tavole. A testimoniare la ricerca surrealista in scultura, è esposta al centro della sala l’opera Construction (Homme et femme) del 1927 che trova assonanza con il tema del serpente affrontato in grafiche successive. Segue la seconda sezione dedicata a Lo spazio e gli oggetti irrequieti: si tratta di bottiglie, sculture, quadri, stufe, mobili, donne e uomini ripresi nell’atelier e nella camera di rue Hyppolite-Maindron, nella casa e atelier di Stampa oppure nell’appartamento di Michel Leiris. Sono esposte le litografie riguardanti le sue care montagne (quanta meravigliosa Bregaglia in questa mostra!): Le Lac de Sils et le Piz Corvatsch depuis, la maison de Giacometti à Maloja, Pizzo della Margna vu de la maison de Giacometti à Maloja I e Pizzo della Margna vu de la maison de Giacometti à Maloja II del 1957, accompagnata dalla sua matrice litografica in pietra, realizzata nell’atelier Mourlot a Parigi, per l’editore Kornfeld e Klipstein di Berna, esposta qui in mostra per la prima volta per gentile concessione di Kornfeld. Maloja, come noto, è il villaggio affacciato sull’Engadina dove la famiglia Giacometti aveva una casa dove trascorreva le vacanze: Alberto rimane affezionato ai quei luoghi che per lui sono «energetici» e dove puntualmente ritorna e ritrae il Piz Lunghin che fa da spartiacque a tre fiumi con destinazioni diverse (Mediterraneo, Mar Nero e Mare del Nord). Nella terza e quarta sala del m.a.x. museo è stato invece messo in evidenza come l’artista, negli anni della maturità, scelga di concentrarsi su pochi soggetti, ossia su singole presenze o figure umane, dalle quali emerge un senso di solitudine; è intitolata: L’insostituibile si rifà senza tregua.
Così come senza tregua si rimane affascinati dalla modernità del pensiero e della ricerca di un maestro che questa nuova indagine espositiva ha il pregio di interrogare attraverso una passione/ossessione che lo ha accompagnato lungo tutta l’esistenza.
