Harry Potter: la battaglia finale

Il segreto del suo successo planetario è ancora ben custodito, ma la scrittrice Joanne Kathleen Rowling deve averlo studiato a fondo, dando al contesto in cui si muove il suo giovane mago Harry Potter caratteristiche prese a prestito e rielaborate da fonti disparate dell'immaginario. Sceneggiata come tutte le altre (esclusa Harry Potter e l'Ordine della Fenice) dall'americano Steven Kloves, quest'ultima pellicola risulta in assoluto la più convincente della saga, che ha visto alternarsi altri tre registi prima che la prendesse in mano per gli ultimi quattro episodi l'inglese David Yates. Dopo un accumulo durato sette film di avvenimenti, di trame collaterali, di un numero sterminato di personaggi e situazioni qui finalmente i nodi vengono al pettine e si sciolgono; tutto ha un senso, il processo di maturazione e acquisita consapevolezza del protagonista è compiuto. I potteriani non hanno più bisogno di spiegazioni e riassunti dei fatti antecedenti. Se, per ipotesi, il film venisse visto da chi non sa nulla di Harry Potter, dei suoi nemici e della scuola di Hogwarts, non susciterebbe l'emozione che invece regala ai fedelissimi. Che sono da una parte i bambini di dieci anni fa, cresciuti insieme ad Harry, Hermione e Ron e quegli adulti con l'animo ancora disponibile agli incanti del linguaggio fiabesco. In quest'ultimo film, i due blocchi di maggiore impatto sono momenti di climax: la battaglia tra maghi che riduce in macerie la scuola di magia e le fasi del duello risolutivo tra Harry e Voldemort. Il resto è contorno.