I vecchi sessantottini tornano a lottare

Che fine hanno fatto i sessantottini? Quei giovani che oltre mezzo secolo fa fecero tremare la società borghese scendendo nelle piazze per rivendicare un bisogno di libertà di cui oggi si sono smarrite le tracce? Per invocare quella rivoluzione che non ebbe luogo ma che suscitò speranze e timori un po’ ovunque nel mondo, Svizzera compresa. Oggi hanno tra i 70 e gli 80 anni e il regista losannese Fred Baillif - sostenitore di un cinema sociale e solidale - ce ne fa incontrare alcuni di loro - tuttora sul piede di guerra nonostante gli acciacchi dell’età e un’esistenza non priva di difficoltà e drammi personali - nella simpatica commedia Edelweiss Revolution (titolo originale: La preuve scientifique de l’existence de Dieu) in uscita nelle sale ticinesi. Il film si potrebbe definire una docufiction, ma la sua genesi è oltremodo particolare: sono infatti stati gli stessi protagonisti ad andare alla ricerca di un cineasta che fosse interessato a girare un documentario sulle loro esperienze di militanza, dopo essersi ritrovati a decenni di distanza da quei fatti. Baillif ha accettato con entusiasmo ma ha posto le sue condizioni: il film non sarebbe stato un documentario bensì una fiction con una sceneggiatura ispirata ai fatti reali i cui personaggi sarebbero stati interpretati da loro stessi, con l’aggiunta di alcune figure di fantasia a cui avrebbero prestato il volto professionisti di fama, come Jean-Luc Bideau e Irène Jacob. Una scommessa non certo facile da vincere, ma il cui risultato è senz’altro accattivante. Edelweiss Revolution si sviluppa seguendo una trama ricca di spunti di estrema attualità, come la lotta contro l’esportazione di armi da parte delle industrie svizzere, e pur non brillando per la presenza di grandi colpi di scena riesce a trattare con arguzia il tema del ruolo giocato (o non giocato) dagli anziani all’interno della nostra società. Tutto ciò senza rinunciare a tratteggiare una serie di ritratti di personalità sincere, appassionate anche se non certo prive di contraddizioni ormai irrisolvibili. Non mancano i documenti d’archivio né le parodie dell’informazione televisiva, mentre il finale - anche se un po’ sfilacciato - segna il trionfo degli arzilli vecchietti che riusciranno ad interessare alle proprie imprese anche i più giovani. Un esempio di piccola produzione che è stata capace di conquistare il cuore e l’attenzione degli spettatori romandi, grazie anche a un sapiente lavoro di post produzione che punta su una colonna sonora in puro stile anni Sessanta per mascherare i momenti in cui i dialoghi tra i protagonisti si fanno un po’ troppo verbosi. È chiaro però che, nonostante tutta la loro buona volontà, i dilettanti non sono all’altezza dei professionisti e alla lunga questo disequilibrio può essere fastidioso.