L’intervista

«Il Concerto di Alban Berg è come un viaggio pazzesco»

La violinista tedesca Carolin Widmann di scena giovedì sera con l’OSI al LAC
Carolin Widmann è nata nel 1976 a Monaco di Baviera.
Roberta Gandolfi Vellucci
25.02.2019 06:00

Giovedì prossimo, 28 febbraio, per il ciclo di concerti OSI al LAC – alle ore 20.30, nella Sala Teatro del LAC e in diretta radiofonica su RSI Rete Due – torna il direttore d’orchestra tedesco Michael Sanderling, dopo il successo ottenuto l’anno passato, per eseguire la grande Sinfonia Pastorale di Beethoven. Nella prima parte della serata l’Orchestra della Svizzera italiana e Sanderling accompagneranno la violinista tedesca Carolin Widmann nel Concerto per violino di Alban Berg, opera che rappresenta la summa del compositore austriaco e nello stesso tempo il suo straordinario testamento artistico e morale. Scritto nel 1935 sotto la forte commozione destata dalla morte della giovane Manon, figlia di Alma vedova Mahler e di Walter Gropius, ne rappresenta una sorta di ritratto-trasfigurazione spirituale. Ne abbiamo parlato con la solista per introdurci al concerto.

A Lugano suonerà un concerto nato nella Vienna delle sperimentazioni dodecafoniche. Che tipo di musica dobbiamo immaginarci?

«Oggi è ancora vivo il cliché che tutto ciò che è dodecafonico debba essere per forza complicato e privo di emozioni. Il concerto di Berg rappresenta l’esatto contrario di questo cliché: non è né freddo, né cervellotico, ma trasmette emozioni pazzesche, in mille sfumature diverse. Tuttavia i giovani violinisti sembrano avere un po’ di soggezione di fronte a quest’opera: solo dopo aver studiato tutti i concerti standard, ma proprio tutti, da Beethoven a Sibelius, allora studiano Berg».

Anche lei ha avuto timore di avvicinarsi al concerto di Berg, da giovane?

«Io no. Ma il mio è un caso un po’ speciale, forse perché ho un fratello compositore (Jürg Widmann n.d.r.): ogni volta che lui scriveva qualcosa, io ero la prima a provarlo, già da giovanissima, insieme ai musicisti e compositori che venivano a pranzo da noi. Sono cresciuta senza paura di accostarmi alla musica moderna. Per me era normale. Quando mi chiedono: “Perché suona cosi tanta musica moderna?” io rispondo: “Perché non lo fanno anche tutti gli altri?”. Se uno studia letteratura, non gli verrebbe mai in mente di trascurare la letteratura contemporanea, no? Lo stesso vale per chi studia architettura, o pittura. I musicisti invece trascurano spesso la musica moderna».

Il concerto è dedicato «Alla memoria di un angelo», la giovane Manon stroncata dalla poliomielite a diciotto anni. Che emozioni prova mentre lo suona?

«Questo concerto è sempre stato un amico intimo per me. Ogni volta faccio un viaggio incredibile, dall’ottimismo iniziale al te1782 by Giovanni Battista Guadagninrribile combattimento tra la vita e la morte nel secondo movimento, fino alla serena accettazione della morte del finale. È una musica che conforta, che consola. Ed è una musica che emoziona. Il momento che più mi commuove è l’ultima pagina, una meravigliosa ascesa al cielo con tutti i violini che si uniscono a me in un grande coro e poi, uno a uno, smettono di suonare finché rimango io da sola, là in alto, con una nota lunghissima, dolcissima. Io sola. Perché su questa terra viviamo tutti assieme - ma alla fine ognuno si ritrova solo».

E come reagisce il pubblico a questa musica?

«Anche negli ambienti più tradizionalisti la gente rimane affascinata da questo concerto, forse perché intuisce che in esso succede qualcosa di veramente speciale. Una volta un signore mi scrisse una cosa interessante dopo un concerto: dopo aver visto il programma della serata era stato tentato di non ascoltare il concerto di Berg in prima serata ma solo la Sinfonia di Beethoven del secondo tempo. In fondo non ci capiva niente di musica dodecafonica e la musica moderna non gli piaceva affatto! Invece proprio quella musica gli aveva dato tantissimo, l’aveva commosso profondamente. Emozionare – questo è per me lo scopo principale della musica».