Il drago Smaug come Gollum

Anche chi è digiuno di plot tolkieniani può godersi La desolazione di Smaug, secondo episodio della trilogia Lo Hobbit, che rappresenta il prequel della trilogia ormai leggendaria Il Signore degli Anelli (2001-2003). Lo stesso Peter Jackson – cosceneggiatore, regista e produttore – ha dichiarato che il secondo episodio di una trilogia è sempre più facile da realizzare perché le premesse sono già note e non è necessario rispiegarle, mentre tutti i fili del racconto verranno tirati nel capitolo conclusivo. Il drago Smaug che dà il titolo alla pellicola appare solo dopo un paio d?ore e occupa maestosamente lo schermo per una quarantina di minuti. A dargli la voce originale è l?attore del momento, Benedict Cumberbatch, che determina anche i movimenti del mostro digitale in motion capture. Insomma, Smaug è come Gollum del Signore degli Anelli. Le prime due ore raccontano il viaggio di Bilbo (Martin Freeman) nella Terra di Mezzo insieme ai tredici nani guidati da Thorin Scudodipietra (Richard Armitage) e a Gandalf il Grigio (Ian McKellen) verso la Montagna Solitaria e il perduto Regno dei nani di Erebor. Il viaggio è costellato di luoghi pericolosi (il Bosco Atro, Pontelagolungo avvolto dalle nebbie e dal dispotismo del governatore), incontri con creature mostruose esaltate dall?efficace 3D (grosse api, lupi ringhiosi, un orso mutaforma, ragni giganti), battaglie e fughe. Tornano gli elfi e tra loro Legolas, di nuovo interpretato da Orlando Bloom. Jackson gli affianca – sconcertando i puristi tolkieniani – un personaggio inventato dalla sceneggiatura, l?arciere guerriera Tauriel (interpretata da Evangeline Lilly). Ciò che più rende equilibrato il film è la giusta miscela tra una fiaba dai colori accesi nel suo essere sempre ad un passo dall?orrorifico ed effetti speciali di grandissima qualità. A questi due elementi, che assicurano ritmo senza cadute, Jackson aggiunge un impianto registico ormai strarodato che non riserva sorprese ma conferma uno stile.