Il giorno in cui un patriota rubò la «Gioconda» al Louvre

«Una notizia straordinaria si è sparsa nel pomeriggio a Parigi. La Gioconda, l’immortale capolavoro di Leonardo da Vinci, che costituiva l’orgoglio del Salone Carré al Museo del Louvre, è scomparsa! La scomparsa è stata constatata a mezzogiorno. È noto che la Gioconda occupava il posto d’onore in uno dei grandi panelli del salone. Essa era stata ivi posta cinquant’anni or sono in una mirabile cornice di legno scolpito, stile rinascenza, offerta dalla contessa di Bearn. Come si comprende, grande è l’emozione al Museo del Louvre. [...] Furono immediatamente intraprese ricerche all’interno del museo, perchè si supponeva dapprima che il quadro fosse stato semplicemente spostato per essere fotografato; le ricerche proseguono, ma non hanno ancora dato risultato». Così riferì «Gazzetta Ticinese» il 24 agosto del 1911 a proposito di uno dei furti di opere d’arte più noti al mondo. A compierlo, nel primo mattino del 21 agosto, giorno di chiusura del Louvre, fu l’emigrato varesino Vincenzo Peruggia che portò l’opera a Firenze, dove cercò di venderla per mezzo milione di lire di allora, alla condizione che rimasse in Italia, poiché considerava il furto dai lui perpetrato come un gesto patriottico. Attirato in una trappola, venne arrestato dai carabinieri nella sua stanza d’albergo e nel 1914 si vide infliggere una pena detentiva di un anno e 15 giorni di carcere, ridotta successivamente a sette mesi. La «Gioconda» fu restituita alla Francia, dove era stata portata nel 1516 da un già anziano Leonardo, che la vendette, insieme ad altre opere, al re Francesco I, suo ultimo mecenate.
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