“Il moralista lo faccio malvolentieri”

È in libreria "Comportati come se fossi felice", una conversazione con Claudio Magris a cura di Marco Alloni
"Se la vita non mi ponesse mai di fronte a problemi morali, lo confesso, sarei ben felice"
Tommy Cappellini
Tommy Cappellini
08.04.2016 16:19

«Comportati come se fossi felice, la felicità verrà in seguito» è una frase colma di saggezza e pazienza di quel genio di umanità e letteratura che fu Isaac Bashevis Singer e siccome è stata, senza dubbio, anche il motto esistenziale di Claudio Magris, ecco che oggi fa da titolo a questo dialogo fra lo scrittore triestino e Marco Alloni. Un'intervista-confessione? Dio ce ne scampi. Piuttosto, centocinquanta pagine di intelligenza morale coerente ma non dogmatica né ideologica. E quindi perturbante. Magris, d'altra parte, è fatto così. A prima vista sembra quieto e vasto come il delta del Danubio, con la sua oramai globale reputazione di autore di una manciata di libri «che resteranno», di ricambiatissimo amante del mare istriano e di editorialista pacato, meditativo, affidabile, non certo antagonista.

Tuttavia a guardar meglio, a legger bene tra le righe, è un animo inquieto e molto più ribelle di quanto si pensi. Non si esce rassicurati o consolati da queste pagine, soprattutto se nella vita si cerca il calduccio del mainstream (sociale, politico, mediatico). Sui talk show: «Credo che le persone che ci vanno lo facciano più per non perdere che per vincere. E ciò me li rende sospetti». Sulla scrittura: «Questa fedeltà alle cose e alle persone è un modo per me di non lasciare che la morte abbia l'ultima parola» (son sempre meno coloro che sentono così, pure quando lo dichiarano). Sulla separazione tra giornalismo e letteratura, mondi distanti l'uno dall'altro e negli ultimi anni frullati insieme da un'editoria inetta: «Un conto è parlare dell'amore o del problema delle pensioni, altro conto è raccontare la storia del signor o della signora X, pensionato o pensionata innamorata, con tutte le contraddizioni che porta in sé».

Sull'etica della lealtà: «Mai inseguita con la smania di fare il moralista. Se faccio qualche intervento etico politico, lo faccio malvolentieri. Nel senso che quel che si fa per morale è un dovere e, purtroppo, il dovere non è mai un piacere. Se la vita non mi ponesse mai di fronte a problemi morali, lo confesso, sarei ben felice». Ci sono poi aneddoti memorabili: la «lezione» del professor Tivoli al prepotente Pirella (momento di feroce ironia, «è giusto che i forti picchino e i deboli le prendano, purché chi lo dice sappia che è lui il debole»), quella del teologo Rahner sul «mangiare una banana» («un fatto assolutamente innocente. Però forse quella banana è arrivata al nostro tavolo attraverso un processo di chissà quale violenza e ingiustizia del quale non possiamo infischiarcene. Il nostro dovere morale non è dunque avere la veste candida ma, se necessario, sporcarla. Per esempio per fasciare una ferita o pulire un pavimento»).

E ancora, Magris racconta le ricerche per Alla cieca (gran romanzo poco frequentato, lo raccomandiamo en passant); spiega perché non reggerebbe mai un cartello con scritto «Je suis Charlie» e la ragione per cui quelle vignette erano «inaccettabili» («Il rispetto è la prima istanza di cui bisogna tener conto. E senza il rispetto ogni discorso sull'argomento è vano sul nascere»); si allunga, controvoglia, sulla sua passione per «l'infinito viaggiare»; premia, tra tutte, l'ironia ebraica («che rifiuta il pathos e ogni esaltazione»). Quasi senza darlo a vedere, lancia stoccate profonde: contro la Halbkultur, la «mezza cultura» che «decide il valore di un'opera a seconda di quanto vende», la competizione da due soldi dei premi letterari, la moda-mania delle conferenze. Il libro di un ribelle, come lo sono certi lunghi, indomabili fiumi. Tommy cappellini

Claudio Magris – Marco Alloni, "Comportati come se fossi felice", Compagnia editoriale Aliberti, pagg. 144, euro 14.

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