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«Il nome della rosa» come non l’avete mai visto

A quarant’anni dalla prima edizione torna in libreria grazie a La nave di Teseo il capolavoro di Umberto Eco corredato da una ricca nota critica ma soprattutto da una serie di disegni preparatori inediti realizzati dallo scrittore prima della stesura del testo
Personaggi e luoghi de «Il nome della rosa» così come li aveva pensati e disegnati Umberto Eco. (© La nave di Teseo)
Red. Cultura&spettacoli
27.05.2020 06:00

A 40 anni dalla prima edizione, nel 1980, Il nome della rosa di Umberto Eco torna in libreria questi giorni in una preziosa edizione, curata da La nave di Teseo, impreziosita dai disegni e gli appunti preparatori realizzati dallo scrittore mentre lavorava al suo bestseller mondiale.
Premio Strega nel 1981, tradotto in 60 Paesi, Il nome della rosa ha venduto oltre 50 milioni di copie, è diventato un film di Jean-Jacques Annaud interpretato da Sean Connery e ha ispirato più o meno fortunate serie tv: l’ultima nel 2019 con John Turturro. Nell’appendice inedita si possono scoprire oggetti, ambienti, abiti e personaggi, quel «mondo il più possibile ammobiliato sino agli ultimi particolari» che «per raccontare bisogna anzitutto costruirsi» come diceva Eco e come ricorda Mario Andreose, presidente de La nave di Teseo e autore della nota critica.

La costruzione di un romanzo
Questa nuova edizione de Il nome della rosa corredata dai disegni preparatori «da conto del pensiero e dello studio che sta dietro la costruzione di un grande romanzo», ha spiegato Elisabetta Sgarbi che con Eco ha fondato La nave di Teseo di cui è direttore editoriale e generale. «Il nome della rosa resta un libro letto e amato, con numeri straordinari, se si pensa che ha quarant’anni. È un testo rivoluzionario, che ha cambiato l’idea di romanzo. E anche oggi resta un esempio insuperato di alto e basso, nel senso di una cultura sconfinata che si scioglie in una narrazione avvincente, in un thriller», aggiunge. Ambientato in un’abbazia medievale isolata, il racconto vede una comunità di monaci sconvolta da una serie di delitti e un frate francescano indagare i misteri di una biblioteca inaccessibile. «Prima di scrivere Il nome della rosa Umberto Eco aveva buttato giù degli schizzi. Si immaginava i personaggi, come sarebbe stata l’Abbazia, la biblioteca. Lui lo chiamava “l’arredo prima della scrittura”. È una documentazione visiva del suo modo di lavorare. Questa mazzetta di disegni rimasti nel suo cassetto sono stati fatti presumibilmente tra il 1976-77. Solo nel 1978 Umberto Eco ha poi cominciato a scrivere il romanzo che nel 1980 è stato pubblicato» spiega Andreose.

Il volto dei protagonisti
«E che cosa ci racconta o, meglio, ci anticipa di questo mondo il materiale visivo qui riprodotto? Innanzi tutto l’identità, la fisionomia dei principali protagonisti, con il tipico tratto veloce, arguto dell’autore, che ne giustificherà l’invenzione «per sapere quali parole mettere loro in bocca». Poi profili e piante di abbazie, castelli, labirinti, scaturiti dalla mente di un soi disant «medievalista in ibernazione», che nel frattempo si è occupato anche d’altro» sottolinea Andreose nella nota critica.

L’eredità letteraria
A quattro anni dalla morte di Eco, avvenuta il 19 febbraio 2016, dopo Il pendolo di Foucault, anche Il nome della rosa entra così nel catalogo de La nave di Teseo, a cui si aggiungeranno in autunno Baudolino e Il cimitero di Praga. «Ci sono una miniera di suoi scritti occasionali, come lui li chiamava, che sono quelli del lavoro di giornalista, saggista, conferenziere. In questi quattro anni ne abbiamo conservato e rilanciato la memoria con la riedizione di libri editi e con le proposte che vengono dalla sua eredità inesauribile. Quando si aprono gli archivi chissà che non ci siano altri spunti. Ha ricevuto 42 lauree honoris causa e ogni volta c’era una lectio di ringraziamento. Escluderei che ci siano inediti di narrativa», spiega Elisabetta Sgarbi. «Il suo pensiero è di un’attualità estrema. Tra i libri che ristamperemo c’è Come costruire il nemico che parla della pratica di trovare consenso attraverso la costruzione di un nemico» commenta la Sgarbi, spiegando che i progetti dedicati a Eco sono «tanti e molto belli» dice la Sgarbi aggiungendo: «Mi sembra naturale che il catalogo di Umberto sia nella casa editrice che lui ha fondato e finanziato, con le persone con cui la aveva creata».