Il nuovo disco di Zucchero è a «denominazione controllata»

«Guardo al mondo ma sono sempre più legato alle mie radici. I doppi sensi non sono più adatti a questi tempi incattiviti». C'è sempre il blues (anche se canta «sono fuori dal blues») nella musica di Zucchero Fornaciari. Blues fatto alla sua maniera, la canzone popolare e un occhio strizzato, ancora più strizzato del solito, alla musica del mondo nel quale tornerà in tour da aprile. La ricetta è quella di D.O.C., il suo nuovo lavoro in studio che arriva nei negozi a tre anni di distanza da Black Cat, farcito di undici canzoni inedite. «Vivo come tutti i tempi che viviamo - ha raccontato Zucchero - e prima di decidere il titolo dell'album ci ho pensato molto. Avevo anche pensato a qualcosa che rispecchiasse questi tempi sospesi o sospettosi. Poi, parlando con i contadini della mia fattoria, ho pensato a qualcosa che rappresentasse il mio modo di fare le cose in modo genuino. Viviamo in una pentola in ebollizione che speriamo non scoppi e sono preoccupato come lo sono in tanti. Per fortuna al momento non abbiamo politici con un grande carisma, perché se ne arrivasse uno...».

Tutti i testi dell'album, nato tra le mura (e i prati) di casa sua in Lunigiana e registrato tra Los Angeles e San Francisco, sono firmati dallo stesso Zucchero, che però, per la scrittura, si è affidato anche alla collaborazione di diversi colleghi. Se per il singolo che ha anticipato l'album al completo, Freedom, lo zampino era quello del britannico Rag'n'Bone Man, Francesco De Gregori e Davide Van De Sfross hanno messo la penna, rispettivamente, per Tempo al tempo e Testa o croce.
«Musicalmente - ha spiegato Zucchero - non volevo realizzare una protesi dell'album precedente. Ho studiato molto i suoni e mi sono circondato di professionisti che conoscessero anche mondi diverso dal mio, a cominciare dall'elettronica, che può anche essere usata con cuore. Per i testi, quella con De Gregori è una collaborazione già sperimentata negli anni, mentre a Van De Sfroos mi ci ha fatto pensare proprio Francesco. Poi ho pensato ad artisti che ultimamente mi hanno dato speranza: tra questi, quando ho sentito Human di Rag'n'Bone Man, ho pensato che avrei voluta cantarla io". C'è tanto del mondo più intimo di Zucchero in questo album, anche oltre al racconto prettamente terreno di un bluesman tutto italiano anche nel suo essere internazionale. «Ero quasi geloso dell'uscita di questo album perché parlo di cose molto personali, anche di fede a modo mio, ma non per forza in un Dio cristiano. Per un ateo convinto come me è comunque qualcosa di particolare, una sorta di redenzione. Ricordo di essere stato colpito da mio padre, vicino alla fine e che dopo aver sempre rifiutato anche la benedizione di casa a Natale, si è fato il segno della croce davanti al prete con gli occhi umidi».



Tra i nomi che hanno collaborato alla scrittura di alcuni brani ci sono anche quelli di Pasquale Panella e Daniel Vuletic (per la ballata 'La canzone che se ne va'), Rag'n'Bone Man, Steve Robson e Martin Brammer (Freedom), Eg White e Mo Jamil Adeniran (Vittime del cool), oltre all'artista scandinava Frida Sundemo che ha anche cantato con Zucchero sulle note di Don't Let It Be Gone.
Sul fronte della musica suonata dal vivo, Zucchero tornerà invece presto sul palco per il nuovo tour mondiale, al via in aprile dal Byron Bay Bluesfest in Australia e che arriverà in Svizzera per la prima volta a maggio all’Hallenstadion di Zurigo.