Il più famoso orsetto di Londra

La letteratura per l'infanzia ha caratteristiche sue, diverse da quella per adulti. E gli scrittori britannici per ragazzi sembrano avere un immaginario particolare e la capacità di creare personaggi dotati di una poetica e una complessità che non parlano solo ai bambini, o piuttosto parlano contemporaneamente a piccoli e grandi, ma in modo diverso. Per il periodo natalizio ecco per la prima volta sul grande schermo (il produttore è lo stesso della saga di Harry Potter) un piccolo eroe già leggendario nel mondo anglosassone. Si tratta dell'orsetto Paddington, protagonista di una serie di libri di successo scritti a partire dal 1958 da Michael Bond, oggi 88.enne. All'inizio del film, come in un vecchio cinegiornale, un esploratore inglese entra in contatto, nel misterioso Perù, con una famigliola di orsi. I plantigradi restano folgorati, attraverso lui, dalla civiltà britannica, in particolare dalla marmellata di arance. Anni dopo, a causa di un terremoto, per mettere in salvo il nipote la zia orsa Lucy lo fa imbarcare clandestinamente, gli lega al collo un bigliettino con la richiesta di prendersi cura di lui e lo spedisce a Londra. Arrivato nella metropoli, lo spaurito orsetto (che indossa un montgomery blu, un cappellino rosso e impugna una valigetta con le sue poche cose) finisce alla stazione di Paddington e se ne resta lì perplesso, in attesa di qualcuno che lo aiuti, sotto il cartello degli oggetti smarriti. A fargli compagnia ci sono solo i piccioni. Questo semplice incipit racconta già una montagna di cose, in estrema sintesi e con humour. Per i bambini introduce un viaggio di esplorazione e iniziazione, ma agli adulti dice altro. Intanto, l'esploratore e l'ammirazione altrui per l'Inghilterra richiamano il concetto dell'Impero e delle colonie, mentre l'orso – il diverso – che sbarca a Londra simboleggia l'immigrazione nell'attuale società multietnica. Quanto al cartellino e alla richiesta di aiutare il cucciolo, risale ad un ricordo personale dell'autore: durante la seconda guerra mondiale c'era chi, per metterli in salvo dalle bombe, faceva prendere ai bambini di città treni diretti in campagna, sperando che qualcuno si prendesse cura di loro. Ad adottare l'orso sarà la famiglia Brown (il padre è Hugh Bonneville di Downton Abbey; la madre è Sally Hawkins) che decide di chiamarlo Paddington perché lì è stato trovato. Il resto del film, sempre dall'ottimo ritmo, viaggia tutto sul doppio binario del parlare agli adulti e ai bambini, con un tono non sentenzioso; a seconda dei momenti comico, malinconico, tenero o avventuroso. Con gag slapstick, situazioni da commedia familiare e momenti più dark, come quando Paddington cerca le tracce del viaggio in Perù dell'esploratore ma una perfida tassidermista (Nicole Kidman in un ruolo alla Crudelia De Mon) lo vuole imbalsamare. Il film è in live-action e l'orsetto, realizzato in computer grafica, interagisce con gli attori. Il regista e co-sceneggiatore Paul King sa dosare bene estetica e contenuti, confezionando una fiaba dai toni surreali e dalla fotografia pastello, nello stile della prima illustratrice dei libri Peggy Fortnum (i disegni cartacei originari erano in bianco e nero ma sono stati successivamente colorati).