Il pubblico ha raccolto la sfida del Film Festival Diritti Umani

La sfida era coraggiosa e ricca di insidie, vista l’incertezza della situazione, ma l’esito si può senz’altro definire positivo e non privo di preziose indicazioni per il futuro. La 7. edizione del Film Festival Diritti Umani di Lugano (FFDUL), conclusasi domenica sera dopo cinque giorni di proiezioni, ha fatto registrare un’affluenza di circa 2.500 spettatori, nettamente al di sopra delle previsioni, tenendo conto del dimezzamento dei film in programma (17 contro i 32 del 2019), della capienza ridotta delle sale a causa delle norme COVID e della rinuncia agli appuntamenti pomeridiani riservati alle classi delle scuole superiori. In alcuni momenti gli spazi a disposizione si sono addirittura rivelati insufficienti, come nel caso del convegno sugli armamenti a grappolo tenutosi domenica pomeriggio al Palacongressi con la partecipazione di Carla Del Ponte; o della presentazione del documentario Ritorno in apnea di Anna Maria Selini (cfr. CdT del 16.10), di cui è stata organizzata una proiezione supplementare domenica mattina.
Una scelta azzeccata
La novità più importante della manifestazione riguardava la sua diffusione su tutto il territorio con proiezioni non solo a Lugano ma anche a Bellinzona, Locarno e Mendrisio. «Questa scelta si è rivelata molto positiva, - ci conferma Roberto Pomari, presidente del FFDUL - la partecipazione è stata buona in tutte le sedi e penso che abbia fatto bene anche ai cinema, visto che questo era uno degli argomenti per cui avevamo optato per questa soluzione organizzativa e logistica. Siamo quindi molto contenti anche di aver portato gente nelle sale, cosa che di questi tempi non è così evidente». Oggi come oggi è impossibile sapere quale sarà la situazione tra un anno, ma per Pomari si tratta di un’esperienza che potrebbe essere riproposta, almeno in parte: «Sì, soprattutto pensando alla partecipazione delle scolaresche, poiché uno dei grossi problemi che hanno sempre lamentato gli istituti scolastici riguardava il fatto di trasportare gli studenti fino in centro a Lugano, il che significava spesso sacrificare un’intera giornata per vedere un film, dover comunque lasciare la sala prima della fine della proiezione per non perdere il treno. Mantenendo questa formula per le scuole, faciliteremmo l’accesso alle nostre proposte».
Un altro aspetto che poteva essere «a rischio» durante l’edizione 2020 del FFDUL era quello legato alla presenza dei relatori previsti ai vari dibattiti in programma dopo i film. «Ci sono stati dei forfait dell’ultimo minuto - afferma ancora Roberto Pomari - determinati da problemi di forza maggiore tipo quarantene, e quindi abbiamo dovuto ricorrere alle videochiamate, soprattutto per ciò che riguarda gli interventi degli autori. Laddove è stato possibile però, abbiamo avuto partecipazioni in presenza da parte di specialisti, soprattutto quelli reperibili sul nostro territorio».
Problemi endemici
Questo ottimo esito in un periodo difficile non può però far dimenticare quelli che sono i problemi endemici del FFDUL (e di altre manifestazioni simili), prima di tutto quelli finanziari. «Bisognerà continuare a lottare perché l’impresa non è facile, ma quello che ci rasserena al di là dell’aspetto economico è il riconoscimento da parte delle istituzioni, sia cantonali sia federali come il DFAE. Un altro aspetto importante a livello di reputazione riguarda il rapporto con gli altri festival svizzeri che si occupano di diritti umani, basti dire che abbiamo presentato tre film che erano stati selezionati dalla rassegna di Ginevra, che ha dovuto essere annullata a marzo all’ultimo momento, mentre il film su Greta Thunberg è stato selezionato in collaborazione con il festival gemello di Zurigo, la cui direttrice era presente domenica sera a Lugano. Per l’aspetto economico dipendiamo molto dai finanziamenti istituzionali, dalla generosità di alcuni privati e soprattutto dagli sponsor locali. È chiaro che se avessimo maggiore disponibilità finanziaria potremmo pensare anche a proporre altre rassegne durante l’anno». Rimane aperto anche il discorso logistico legato al cinema Corso: Roberto Pomari dice di averne parlato con le autorità comunali luganesi e che si aspetta ora una mossa da parte loro in tempi brevi a favore della riapertura di questo gioiello architettonico. Come direttore del Palacinema, Pomari è però anche convinto che il successo del FFDUL sia anche il segnale che c’è un pubblico che ha voglia di tornare al cinema per vedere film di qualità, «a condizione - conclude - «di offrire loro qualcosa in più, anche solo una presentazione curatoriale o la presenza del regista».