Il River Plate, storia di una passione a forma di pallone

Diciamolo subito, per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco: chi scrive tifa Boca Juniors. Il mio mito è Maradona e i miti, si sa, come gli amori, non possono essere traditi. Fatta questa debita premessa, merita un plauso il docu-film «River, el más grande siempre», prodotto da Netflix, sugli acerrimi rivali degli eredi del Pibe, l’altra squadra di Buenos Aires: il River Plate. Il Superclásico, d’altronde, la sfida fra i due plurititolati club, ha fatto le fortune di entrambe le società e accende di anno in anno la passione dei caldissimi tifosi. È un po’ come, restando alle nostre latitudini, HCAP-HCL nell’hockey o ACB-Lugano nel calcio. In questo periodo di pausa forzata dallo sport giocato a causa dell’emergenza coronavirus – come insegna l’amico Marcello – anche un documentario può riscaldare la passione mai assopita degli amanti del pallone. Parliamo allora di calcio, prendendo in prestito l’incipit di uno degli aforismi più famosi del grandissimo Gianni Brera.
Il River è il club più grande del mondo. È anche uno dei suoi soprannomi, peraltro, assieme al forse fin troppo inflazionato «Los Millonarios». Non hanno dubbi gli «hinchas» della società fondata nel 1901. Nella pellicola, uscita nel 2019, si ripercorrono – attraverso alcuni dei calciatori e degli allenatori che ne hanno scritto la storia, recente e passata – i trionfi più significativi. Le epoche d’oro dei bianco-rossi della capitale argentina. Uno su tutti si erge, indiscutibilmente, a protagonista assoluto: la mezzapunta uruguagia Enzo Francescoli, che ha indossato quella maglia in ben due distinti periodi, all’inizio degli anni Ottanta e nella seconda metà dei Novanta. Al suo attivo vanta 115 reti in 197 partite. Un mostro di tecnica, bravura, eleganza. «El Principe», che ebbe fortune alterne in Italia nelle esperienze al Cagliari e al Torino, è uno degli eroi più amati dal popolo dello stadio Monumental. Ha trascinato il River (di cui oggi è direttore sportivo) in successi epici nella Coppa Libertadores nel 1996 (con la decisiva doppietta del giovane Crespo, poi diventato un campionissimo nella vicina Penisola) sconfiggendo i colombiani dell’America de Cali e nella prima Coppa sudamericana un anno più tardi, dopo aver superato il San Paolo.
Ma Francescoli è entrato negli annali anche per un gesto unico, al limite del parossismo: una rovesciata superba (pardon, una «chilena») nell’amichevole contro la Polonia del 1986, disputata a Mar del Plata e finita con il mirabolante risultato di 5-4 per gli argentini. «La più bella di sempre», l’ha definita l’allenatore dell’Atletico Madrid Diego Simeone.
Un altro personaggio che ha fatto pulsare all’impazzata il cuore dei tifosi del River è Norberto «Beto» Alonso, genio e sregolatezza. Un centrocampista sopraffino, uno Zidane ante litteram. Con 149 gol si issa al quinto posto nella classifica di tutti i tempi fra i goleador dei «Millonarios». Di lui, però, si ricorda in particolare il passaggio illuminante che portò alla rete che diede al club di Buenos Aires la Coppa Intercontinentale nel 1986 contro gli arcigni rumeni della Steaua Bucarest. Quell’anno fu magico per la società allenata da Héctor Veira: si portò a casa il triplete vincendo pure la Libertadores e il campionato.
Un altro mister, Ángel Labruna, è quello che secondo tutti ha fatto fare il salto di qualità al River. Il suo calcio offensivo (altro che Zeman...) oggi farebbe la gioia dei tifosi ma farebbe ammattire più di un presidente. Tuttavia tra il 1975 ed il 1980 con lui i bianco-rossi impreziosirono ulteriormente la loro già gloriosa bacheca. In quella squadra, oltre a Beto Alonso, c’era ad esempio anche Daniel Passarella, campione del mondo con l’Argentina sia nel 1978 sia nel 1986 (pur non scendendo mai in campo).
Il documentario ci offre, inoltre, dei brevi spaccati su altri campionissimi che hanno fatto la gioia del Monumental. Citiamo ad esempio Ortega, Saviola, Gallardo, Aimar, Cavenaghi, Fillol, e via mitizzando. Tutti hanno fatto battere il cuore dei fedelissimi del River. Tutti hanno partecipato a scrivere la storia del club più grande al mondo (dopo il Boca, sia chiaro).
