Festival

Il Sanremo di Pippo Baudo

Che fine ha fatto il famoso presentatore? Quasi tutto ciò che stiamo vedendo e che vedremo è stato inventato da lui negli anni Ottanta e soprattutto Novanta: non a caso molti dei 13 Sanremo da lui condotti sono stati presi a modello dai colleghi
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Stefano Olivari
07.02.2023 20:30

Che fine ha fatto Pippo Baudo? Domanda di tanti spettatori di Sanremo 2023. Perché, con tutto il rispetto per Amadeus e gli altri presentatori nella storia del Festival, quasi tutto ciò che stiamo vedendo e che vedremo è stato inventato da Baudo negli anni Ottanta e soprattutto Novanta: non a caso molti dei 13 Sanremo da lui condotti sono stati presi a modello dai colleghi.

Una bellissima sorpresa?

Il più famoso presentatore, insieme a Mike Bongiorno, nella storia della televisione italiana ha 86 anni e mezzo e l’ultima edizione di Sanremo condotta da lui risale al 2008, quando di anni ne aveva 72. Poi le trasmissioni gestite da protagonista sono diminuite mentre sono aumentate le ospitate per parlare del tempo che fu, ma comunque indimenticabile è stata la sua conduzione delle due serate finali di Sanremo Giovani, nel dicembre 2018, insieme a Fabio Rovazzi, in particolare della seconda, quando vinse Mahmood. L’ennesimo caso in cui Baudo, per bravura o fortuna, si è trovato a battezzare un grande della musica o dello spettacolo. Da lì in poi Baudo è stato ospite in molte trasmissioni, dedicandosi più che in passato a figli e nipoti, ma da Sanremo si è tenuto alla larga: un po’ per rispetto nei confronti dei presentatori e molto perché il Sanremo moderno l’ha sempre considerato una sua creatura e gli farebbe male viverlo da comprimario. Certo sarebbe una bellissima sorpresa se comparisse sul palco dell’Ariston insieme ad Amadeus, ma il carattere di Baudo probabilmente impedirà un saluto al suo pubblico che farebbe uscire lacrime vere dagli occhi di tanti.

Gli operai dell'Italsider

Dopo il declino e la quasi scomparsa degli anni Settanta il Festival fu rilanciato e in parte ringiovanito dalle tre conduzioni di Claudio Cecchetto, ma fu nel 1984 con Baudo che davvero cambiò passo, diventando il fenomeno nazionalpopolare, anzi internazionalpopolare, che è ancora oggi. Baudo aveva già condotto un’edizione, da giovanissimo, nel 1968 (primi Sergio Endrigo-Roberto Carlos, seconde Ornella Vanoni-Marisa Sannia, terzi Celentano e Milva, per dire), ma poi la sua carriera era esplosa con altre trasmissioni, da Fantastico a Domenica In. Certo riuscì a mettere il suo marchio anche sul ’68, a suo modo, interrompendo un’esibizione di Louis Armstrong che era andata troppo lunga… Tutto un altro Baudo rispetto a quello che nel 1987 avrebbe imposto a Whitney Houston il bis di All at Once, visto che il pubblico era impazzito. Fu proprio nel 1984 che alla gara principale si affiancò quella della Nuove Proposte, che fu vinta da Eros Ramazzotti con Terra promessa. Quell’edizione, che fra i Big fu vinta da Al Bano e Romina Power con Ci sarà, fu segnata dalla protesta degli operai dell’Italsider di Genova, che manifestarono davanti all’Ariston contro i tanti licenziamenti in programma. Baudo di sua iniziativa invitò una rappresentanza degli operai sul palco dell’Ariston ad esporre le proprie ragioni: nei giorni in cui si discute del videomessaggio, diventato messaggio, di Zelensky, e della presenza di Mattarella, si può dire che la politica al Festival l’abbia portata Pippo Baudo. Che si impose anche su Freddie Mercury, che si voleva rifiutare di cantare nel playback che all’epoca era (mal) costume.

Un riformista

Baudo continuò a riformare Sanremo nel 1985: consapevole che molti cantanti italiani di successo avrebbero continuato a snobbare il Festival, e impossibilitato a chiamarli come superospiti, Baudo creò all’interno della manifestazione tre mondi ben distinti: quello dei cantanti cosiddetti sanremesi (ed infatti vinsero i Ricchi e Poveri con Se m’innamoro), quello dei giovani semisconosciuti e soprattutto quello dei grandi stranieri. Non è nemmeno immaginabile oggi l’importanza di avere Duran Duran e Spandau Ballet sullo stesso palco nel 1985, per tacere di tutti gli altri. La quarta edizione baudiana, nel 1987, fu quella dell’allargamento da tre a quattro serate: sembrava un azzardo, ma Baudo e le case discografiche imposero la novità nonostante la poco lungimirante opposizione del Comune di Sanremo. Il presentatore catanese intuì una cosa oggi scontata ma nel 1987 no: Sanremo da gara musicale, legata alla qualità delle canzoni, si era trasformata in argomento da bar, come la Nazionale di calcio, un argomento su cui chiunque aveva un’opinione. E così la terza serata, al venerdì, fu trasformata in una specie di dibattito su Sanremo stesso, con giornalisti musicali e cantanti della sezione Campioni ad accendere polemiche. Fu un successo strepitoso, che aprì la strada ai vari dopofestival e che diede notorietà anche ai critici musicali, dei quali nessuno conosceva la faccia. Un’edizione vinta da Morandi, Ruggeri e Tozzi con Si può dare di più e ricordata anche per la morte di Claudio Villa proprio il giorno della finale, con Baudo che volle dare la notizia prima del Tg1. Un successo certificato anche dall’Auditel: con il 68.95% di share medio Sanremo 1987 rimane il più visto di sempre.

Prima repubblica

Dopo la rottura con la RAI, anche per attriti con il suo presidente Enrico Manca, Baudo forte del trionfo di questo Sanremo firmò un contratto pazzesco con la Fininvest, ma la sua esperienza con Berlusconi fu breve e dolorosa, vista la penale pagata per uscire dal contratto. Baudo era la RAI, soprattutto Baudo era Sanremo. E così dopo un rientro in tono minore e qualche anno di semi-punizione tornò alla guida del Festival nel 1992, battendo la concorrenza di Renzo Arbore e coinvolgendo tre vallette d’eccezione, Alba Parietti, Brigitte Nielsen e Milly Carlucci. Baudo per una volta si impose sui discografici, reintroducendo le eliminazioni fra i Campioni, e fu protagonista anche per uno dei suoi famosi (e sospetti) fuori programma, quando Mario Appignani, noto come Cavallo Pazzo, conquistò non si sa come (…) il palco gridando che il Festival era truccato per far vincere Fausto Leali. Che in realtà sarebbe arrivato nono, anche se è vero che la competizione non era trasparente, visto che c’erano case discografiche che investivano sulle schedine del Totip (nota per la generazione Z: un concorso a pronostici basato sulle gare di ippica) più che sulla qualità dei cantanti. Nel 1993 Baudo condusse con la sua scoperta, una delle tante, Lorella Cuccarini, e fu artefice dell’esplosione di Laura Pausini, poi nel 1994 fu il cerimoniere dell’ultimo Festival di Sanremo della Prima Repubblica, usando lo schema della valletta bionda (Anna Oxa) e della valletta mora (Cannelle).

Cinque serate

L’ennesima svolta con lui protagonista fu quella del far confluire nella stessa persona le figure del presentatore e del direttore artistico: quasi sempre poi si sarebbe fatto così. Nel 1995 vallette furono Anna Falchi e Claudia Koll, con Baudo di nuovo protagonista oltre la musica, visto che un uomo, Giuseppe Pagano, minacciò di suicidarsi all’Ariston, buttandosi dalla balaustra, in diretta televisiva. Allora Baudo andò a parlargli e lo ‘convinse’ a desistere: una delle scene, o sceneggiate, più famose nella storia di Sanremo. Ma soprattutto il ’95 fu la prima edizione di cinque serate, il format utilizzato ancora oggi: un successo clamoroso, e proprio nel 1995 ci fu il top come telespettatori, 16.845.000 di media (l’ultima edizione di Amadeus ne ha avuti 11.270.000). Nel 1996 apertura con Bruce Springsteen, vallette Sabrina Ferilli e Valeria Mazza, tante canzoni di alto livello e tante voci di brogli (ai danni di Elio e le Storie Tese con la loro chirurgica La terra dei cachi), davvero gli anni Novanta di Baudo non si sarebbero potuti concludere meglio. Il vero Baudo sanremese finì lì, anche se avrebbe condotto nel 2002 (polemiche politiche per l’esibizione di Benigni), 2003, 2007 e 2008, edizione (fu quella della vittoria di Giò Di Tonno e Lola Ponce) che rimane la meno vista di sempre, con il suo 35,34%. Dire Pippo Baudo sarà per sempre come dire Sanremo, e viceversa. Ma ormai su quel palco è più facile vedere il presidente della Repubblica, e non è un modo di dire, che lui.

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