La riflessione

Il sentimento della letteratura

Un saggio di Julio Cortázar invita a riflettere sul comportamento degli autori contemporanei che, in modo sempre più marcato, mettono al centro dell’attenzione non le loro opere ma se stessi, in un sistema narcicistico che fa smarrire il senso e il vero significato dello scrivere
Roberto Cotroneo
01.10.2020 06:00

Sta accadendo da tempo, anche se è difficile, molto, trovare il punto di inizio. Solo che a un certo momento un argine va trovato. Se ne parla di continuo, ma non come un limite, un problema, un impoverimento, semmai come un vezzo, una debolezza bonaria, il frutto dei tempi. Poi esce, ma solo in formato ebook, un piccolo saggio di Julio Cortázar intitolato Il sentimento della letteratura (Sur Edizioni). E ti arrivano addosso di colpo una serie di cose a cui pensavi da tempo, e che forse è giusto mettere in fila.

Ma partiamo da più lontano. Nel 1980 Cortázar, uno degli scrittori più importanti ed eccentrici del ‘900, fu invitato dall’Università di Berkeley a tenere una serie di lezioni sulla letteratura. La cui trascrizione uscì in italiano per Einaudi con il titolo Lezioni di letteratura. Fu un libro importante, non solo perché Cortázar raccontava il suo lavoro letterario e rispondeva alle domande degli studenti incuriositi. Ma perché da quel libro, attraverso un lungo ragionamento sul proprio lavoro e la disponibilità a mettersi in gioco rispondendo e dialogando, usciva un quadro della letteratura, del gioco letterario, che è ancora quello autentico, che è ancora quello che aderisce alla strada, morde l’asfalto, se ne infischia di realismo e verità, non ambisce a descrivere nulla: sogna, passa attraverso la realtà senza curarsene, dialoga con la fantasia, con i fantasmi del mondo, e non con il reale.

Il racconto della letteratura di Cortázar è in quel non sapere, in quello stupore, in quel sorprendersi delle proprie storie e della loro genesi. È tutto nella sorpresa di uno scrittore quando si accorge che il suo vero lavoro non è andare incontro ai lettori, ma è fare in modo che siano i lettori ad andare incontro a lui. Ma nel 1980 gli scrittori erano ancora scrittori. E parlare di letteratura voleva dire «frequentare la letteratura», condividere il proprio tempo con i libri e scrivere romanzi per rispondere a quello che si è letto dagli altri, per cercare delle cose nel mondo. Tema che si ritrova anche nel piccolo ebook sul sentimento della letteratura. C’è l’idea di Julio Cortázar di una letteratura sfuggente, così sfuggente da tenere a distanza persino l’autore che ha scritto.

Il lavoro dello scrittore non è andare incontro ai lettori, ma è fare in modo che siano i lettori ad andare a lui

Da molti anni ormai la letteratura è entrata in un sistema narcisistico. Anzi per certi versi fonda un vero e proprio sistema narcisistico. Non è più il risultato di lunghe letture, di domande complesse sullo scrivere, sul tempo, sulla vita e sul mondo che viviamo, ma è diventato un punto fermo l’affermazione dell’autore: che si racconta sempre e che tende a essere protagonista, in primo piano rispetto alle sue opere. Le kermesse, i festival letterari, i reading, e più in generale le presentazioni, met-tono l’accento su questo: l’autore che si racconta, l’autore che legge, l’autore che si mostra, e in certi casi, addirittura, l’autore che trae un vero e proprio spettacolo teatrale da ciò che ha scritto. Ormai il libro è un pretesto, un modo come un altro per mostrare se stessi. Il libro oggi è un veicolo efficace di narcisismo. Si tratta di una malattia culturale contemporanea, che neppure la pandemia del coronavirus ha fermato: laddove non si poteva essere presenti fisicamente, si era presenti via web, con collegamenti video, laddove si poteva lasciare finalmente al libro un po’ di vita propria, senza il disturbo dell’autore, si è trovato un modo, una soluzione, per ovviare all’inconveniente. Invece il sogno degli autori di un tempo era di pubblicare e poi rendersi invisibili, di mandare le proprie pagine per il mondo, lasciandole ai lettori, dotandole di vita propria. Oggi il sogno di qualsiasi autore è di pubblicare di continuo, anche libri di pagine bianche, non ha importanza. Quello che importa è portare se stessi, il proprio corpo, ovunque. Dire: io sono qui.

Eppure Cortázar, anche con questo piccolo libro appena uscito, sarebbe di insegnamento. Cos’è il sentimento della letteratura, si chiede l’autore argentino, se non qualcosa di simile a un estraniamento dal mondo»? Ma quel sentimento, quella voglia di essere altrove, di portare via con sé il lettore, non esiste più. Ed è un problema, perché qui si fonda il motivo di tanta letteratura che non capiamo, che non ci piace e che ci sembra avere poco senso. Questa letteratura anche elegante, anche ben scritta, che non ci comunica quasi nulla, che non ci turba, che non ci genera ammirazione, e che mettiamo in una medietà di buon livello. Appassionati di storie quasi sempre tutte uguali, dovremo tenere a mente le parole che in questo piccolo saggio scrive Cortázar: «Molti miei scritti vanno catalogati sotto il segno dell’eccentricità visto che fra vivere e scrivere non ho mai ammesso una netta differenza... Scrivo per difetto, per dislocazione; e siccome scrivo da un interstizio, non faccio che invitare gli altri a guardare attraverso questi». Tenendosi in disparte, naturalmente.

Un autore da scoprire

Soprattutto per i più giovani Julio Cortázar non è più un nome familiare. Ma nel suo essere discontinuo, avvolgente, difficilmente afferrabile resta un maestro assoluto della letteratura dei nostri tempi, e della letteratura latino americana. Autore di saggi, e di racconti vertiginosi era assai amato da Jorge Luis Borges, argentino come lui. Eppure ancora oggi Cortázar resta un eccentrico, un uomo altrove. Morì a Parigi nel 1984, aveva poco meno di 70 anni, ed è sepolto nel Cimitero di Montparnasse. Di lui Pablo Neruda scrisse una frase enigmatica e affascinante: «Chiunque non legga Cortázar è condannato». Come a dire: leggere questo autore è un modo di salvarsi. E aveva ragione. Leggere letteratura, quando è vera letteratura come in questo caso, ha un potere salvifico.

Julio Cortázar (1914-1984).
Julio Cortázar (1914-1984).