L'anniversario

Il ventunesimo secolo ha 25 anni: storia di un'accelerazione verticale

Eravamo partiti, nel gennaio del 2001, con l’illusione della «Pax Technologica» e della globalizzazione felice – Quell'ottimismo è naufragato dapprima tra le violenze del G8 di Genova e le macerie delle Torri Gemelle, quindi nelle crepe della crisi finanziaria del 2008
©Peter Kovac / Alamy Stock Photo
Red. Online
27.12.2025 23:00

Se il Novecento è stato il «secolo breve», il ventunesimo si sta configurando come il «secolo stretto». Stretto tra l’infinitamente piccolo dei microchip e l’infinitamente grande delle sfide climatiche e geopolitiche. Mentre ci apprestiamo a girare la boa del primo quarto di secolo, la sensazione non è di un lento approdo, ma di una vertigine.

La fine delle illusioni e il ritorno della geografia

Eravamo partiti, nel gennaio del 2001, con l’illusione della «Pax Technologica» e della globalizzazione felice. Quell'ottimismo è naufragato dapprima tra le violenze del G8 di Genova e le macerie delle Torri Gemelle, quindi nelle crepe della crisi finanziaria del 2008. Citando lo storico Ian Kershaw, abbiamo imparato che la stabilità è un'eccezione, non la regola.

In questi 25 anni, abbiamo assistito al tramonto dell’unipolarismo americano e al ritorno prepotente della Storia con la «S» maiuscola: l'ascesa della Cina, le tensioni nell'Europa orientale e la frammentazione del commercio globale. Il Ticino, nel suo piccolo grande osservatorio, ha visto mutare il concetto stesso di confine: non più solo linea di demarcazione, ma filtro di flussi di capitali e competenze in un mondo sempre più competitivo.

La grande accelerazione digitale

Analiticamente parlando, il dato più rilevante è la velocità della transizione tecnologica. Nel 2000, la larghezza di banda era un lusso; oggi, secondo i dati dell'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU), oltre il 67% della popolazione mondiale è connesso.

Ma non è solo una questione di numeri. È una mutazione antropologica. Da un lato, soffermandoci sulla cosiddetta economia dell'attenzione, siamo passati dal possesso dei beni all'accesso ai servizi, con colossi come Amazon e Google che hanno ridefinito il PIL immateriale. Dall'altro, pensando all'intelligenza artificiale come punto di svolta, se i primi vent'anni sono stati l'era dei social media, gli ultimi hanno segnato l'ingresso definitivo nell'era dell'IA generativa. Non più strumenti che eseguono ordini, ma sistemi che co-creano realtà.

La sfida della resilienza elvetica

Per la Svizzera, e per il nostro Cantone, questi 25 anni sono stati un banco di prova per il modello di «eccezionalismo» elvetico. Dalla fine del segreto bancario alla gestione della pandemia, fino alla neutralità ridiscussa dai conflitti odierni, il Paese ha dovuto aggiornare il proprio software istituzionale. La sfida del prossimo quarto di secolo? L'energia e la demografia. Con un’età mediana che continua a salire (secondo l'UST, la quota di over 65 supererà il 25% entro il 2050), il sistema di sicurezza sociale dovrà mostrare una flessibilità mai vista prima.

Verso un nuovo umanesimo?

Che cosa resta, dunque, di questo primo quarto di secolo? Resta la consapevolezza che la tecnologia, da sola, non risolve l'enigma della convivenza umana. La crisi climatica – il vero convitato di pietra di questi due decenni – ci impone una riflessione che non è più solo economica, ma esistenziale.

Il 2025 non è solo un anniversario numerico. È il momento in cui il futuro smette di essere una promessa lontana e diventa una responsabilità urgente. Il primo quarto è finito. Le squadre tornano in campo per un secondo quarto che si preannuncia ancora più complesso, e per questo, straordinariamente decisivo.