Personaggi

Imperatori, un luganese in camicia rossa

Le avventure poco note del garibaldino svizzero che partecipò alla spedizione dei Mille
Umberto Coromaldi, Camicie rosse (1898), olio su tela. Particolare.
Piero Capone
14.12.2018 19:30

A dargli l’ultimo saluto, tanti cittadini commossi che sfilarono a Lugano, mentre il sindaco elencava le doti di quell’uomo libero e valoroso ; con dovizia di fanfare, echeggiava l’inno a Garibaldi. Si chiamava Natale Imperatori, era stato uno dei mille garibaldini e l’ultimo ad andarsene, a 79 anni, di un manipolo di nazionalità svizzera che aveva fatto parte delle camicie rosse. Ma quel 25 novembre del 1909, nell’elenco delle gesta declamate a gran voce, vi erano alcune omissioni. Solo da alcuni anni infatti, uscito dalla galera e ripresa la sua professione di tipografo e libraio, Natale Imperatori aveva potuto riavere la medaglia al valore e la pensione riservata ai garibaldini, essendo stato espulso dal glorioso elenco dei Mille per avere attentato in Francia niente meno che alla vita di Napoleone III. Omissioni volute senza imbarazzo perché doveva prevalere nella cerimonia funebre la figura di un eroe romantico. Chi oggi farebbe l’agiografia di un terrorista? A quei tempi una cosa del genere era possibile perché il salto fra irredentismo e terrorismo poteva essere breve. Se ripercorriamo i «fatti e misfatti» di Natale Imperatori possiamo calarci nelle contraddizioni e nei mutamenti di un’epoca, quando si poteva essere amici di Mazzini e nello stesso tempo ammiratori dell’anarchico russo Bakunin o di comunardi francesi come Benoît Malon.

Idealista mazziniano

Natale Imperatori (Lugano, 1830- 1909), a 15 anni era già al lavoro in una tipografia, ma come molti giovani ticinesi abbracciò presto la causa della libertà nella vicina Italia. Infiammato dalla figura «ascetica» di Mazzini e da quella avventurosa di Garibaldi. Nel 1848, a 18 anni, partecipò alle Cinque Giornate di Milano, poi seguì le bande garibaldine in Lombardia. Nel 1850 finì gli obblighi militari in patria e come caporale maggiore fu arruolato con il fratello Enrico in un reggimento di mercenari svizzeri. Gli fu cambiata destinazione (non il nord Italia contro gli austriaci) ma il sud, dalla parte dei Borboni. I due fratelli disertarono e tacendo quel disdicevole «equivoco» si unirono al corpo garibaldino piemontese dei Cacciatori delle Alpi. Nel 1859 Natale era con i garibaldini nel bresciano e nel 1860 partecipò alla storica spedizione dei Mille. A Calatafimi, sconfitti i Borboni, fu decorato con medaglia al valore e promosso ufficiale. Più tardi, sul «Giornale d’Italia» il presidente del senato italiano Luigi Federzoni svelò alcuni retroscena della battaglia. Come fu che Garibaldi riuscì a prevenire così intelligentemente le mosse del nemico? «Fu un miracolo...» riferì il senatore. «Sul Pianto dei Romani (l’altura sopra Calatafimi) squillarono i segnali di trombe dei Borboni. Un volontario che casualmente si trovava vicino a Garibaldi riuscì a decifrare quei segnali e riferì il loro significato al generale. « Come lo sai tu?»gli chiese Garibaldi. «Se sarò questa sera ancora al mondo glielo spiegherò, disse il volontario che si chiamava Natale Imperatori (e quei segnali li aveva imparati prima di disertare ndr.). «Garibaldi gli credette dando ordini di contrattacco decisivi per l’esito della battaglia». La spedizione dei Mille proseguì con l’entrata trionfale a Palermo e la vittoria di Milazzo (20 luglio) e poi con la presa delle fortificazioni borboniche a Capua ( 3 novembre). Nel 1862, il 29 agosto, Natale combatte ad Aspromonte dove i garibaldini vengono sconfitti dalle truppe italiane e lo stesso Garibaldi ferito a una gamba. Due anni dopo cambia la scena e Imperatori viene arrestato a Parigi perché sta preparando un attentato a Napoleone III. Via la medaglia, niente più pensione da reduce dei Mille. Ma Imperatori in realtà non perde di prestigio. «All’epoca del romanticismo patriottico» spiegava Antonio Gili, già direttore dell’Archivio storico della città di Lugano, sulle Pagine Storiche Luganesi «l’assassinio politico, anche se sconfessato ufficialmente, incontrava un certo consenso, vuoi nella plebe più oppressa, vuoi fra gli intelletti più progressisti e libertari, vero era che le gesta degli attentatori politici furono presto o tardi mitizzate nel loro aspetto eroico». Emblematico fu il caso di Felice Orsini, ghigliottinato nel 1858 per avere tentato di uccidere Napoleone III. Le bombe di Orsini che fecero strage nella parigina via Le Peletier, mancando il monarca, non macchiarono il suo nobile passato politico. «Al suo patibolo» continua lo storico ticinese «si accompagnò l’apoteosi popolare e, a suo favore, si diffuse un’onda mitica».

Vent’anni di galera

Natale Imperatori volle ritentare l’impresa (andata male anche a Giovanni Pianori, calzolaio romagnolo giustiziato nel 1855). Pare che Imperatori contasse sulla benedizione di Giuseppe Mazzini, che fece avere a lui e altri tre congiurati soldi e armi, in particolare dieci bombe. Napoleone III proteggeva lo stato Pontificio, quindi era un ostacolo a Roma come capitale. Inoltre era considerato causa, attraverso i Savoia, del voltafaccia di Aspromonte. Anche allora però nei gruppi di attentatori potevano esserci informatori e infiltrati. E Pasquale Greco uno dei quattro era in realtà un informatore della polizia francese. I congiurati partirono da Lugano, dove ne frattempo Mazzini era stato allontanato per la pressione degli austriaci, e giunsero a Parigi. Avrebbero dovuto poi rifugiarsi a Londra dopo l’assassinio, dove Mazzini aveva riparato. Ma l’attentato non ci fu perché la polizia irruppe nell’hotel dove si stavano preparando all’azione i congiurati e li arrestò tutti. Il 28 febbraio del 1864 comparvero davanti alla Corte d’assise della Senna: Greco Pasquale di anni 28, musicante, nato a Pizzo di Calabria; Trabucco Raffaele di anni 40 , professore di corno, di Aversa; Imperatori Natale di anni 32, libraio, di Lugano; Scaglioni Angelo, di anni 32, di S.Giuseppe (Pavia). L’onorevole Francesco Crispi dichiarò: «Nessuno degli accusati apparteneva alla leggendaria spedizione, sono il rifiuto della società italiana». Invece non era bene informato poiché sia Imperatori che Scaglioni erano stati dei Mille ed entrambi decorati. Trabucco era un patriota che partecipò alla seconda spedizione Medici (sbarco di rinforzo ai Mille). E Greco si dichiarava anche lui garibaldino. Ma il suo lavoro di spia consisteva in tribunale nell’incastrare il mandante, cioè Mazzini, che venne condannato in contumacia. Quanto a Imperatori si prese vent’anni di carcere da scontare in un bagno penale della Nuova Caledonia. Di anni ne fece solo quattro, data la caduta del Secondo impero, in seguito all’esito alla guerra franco-prussiana e all’amnistia. Tornato a Lugano Imperatori simpatizzò per l’anarchico e filosofo russo Michail Bakunin, amico di Garibaldi, e collaborò con Benoît Malon elemento di spicco della Comune di Parigi (1871) e del movimento socialista francese, rifugiato anche lui a Lugano. Alla fine del 1875 Imperatori fondò la sezione del Ceresio degli anarchici svizzeri e fu fra i sostenitori a 60 anni della cosiddetta rivoluzione del 1890 quando salì al potere un governo liberale-radicale. Dovette poi intervenire l’esercito, su mandato del Consiglio federale, per imporre un governo di transizione di liberali e conservatori e ristabilire l’«ordine». Imperatori si ritirò allora nella sua cartolibreria, continuando però a vivere, come ricordò il sindaco di Lugano Elvezio Battaglini ai funerali civili senza preti, nelle sue convinzioni «nitide e incrollabili» e nel «libero pensiero».