Locarno film festival

«Incontro le donne capoverdiane per riscoprire le mie radici»

La regista ticinese-portoghese Denise Fernandes presenta il suo cortometraggio «Nha Mila» tra i Pardi di Domani
Un momento del film coprodotto da Venturafilm e RSI.
Antonio Mariotti
07.08.2020 06:00

A Locarno 2020 i Pardi di Domani occupa un posto centrale. Il Festival ha infatti voluto mettere l’accento sui cineasti di domani. Tra le 12 opere selezionate per il concorso nazionale c’è anche «Nha Mila», quarto cortometraggio della regista ticinese-portoghese d’origine capoverdiana Denise Fernandes, in programma venerdì sera al PalaCinema.

Dopo essersi diplomata al CISA e aver frequentato la Scuola di Cinema e TV a Cuba, questo è il suo primo corto girato in Portogallo: Cosa l’ha spinta a raccontare questa storia che ha anche radici autobiografiche?

«Sono tanti i motivi che hanno portato alla nascita di Nha Mila. Un elemento molto forte che mi accomuna con Mila, la protagonista, è il fatto che per molti anni Lisbona per me è stata solo una città di passaggio, uno scalo aereo. Una situazione molto comune per i capoverdiani emigrati all’estero. Per chi non ha mai lasciato l’isola invece Lisbona è una città molto idealizzata. D’altra parte, nel 2016 mi sono trasferita a Lisbona, anche perché ho un progetto di lungometraggio che si svolge a Capoverde e questa mi sembrava una buona occasione per scoprire questa città dove sono nata ma non avevo mai passato del tempo e che rappresenta un ponte tra l‘Europa e l’Africa. Essendo cresciuta in Ticino, vivere a Lisbona mi ha permesso per la prima volta di incontrare per strada altri capoverdiani. E soprattutto la generazione delle donne di cui fa parte Mila è una delle più sfuggenti, perché lavorano tanto e sono sempre di fretta. Questo film mi è quindi servito anche per avvicinare queste persone e per condividere questo incontro con gli altri».

Fondamentale quindi è stata la scelta delle quattro protagoniste del film: com’è andata?

«Una sola di loro, la più giovane, Cleo Tavares, è attrice e ha già alle spalle un percorso molto interessante a livello nazionale e internazionale. Ho scritto il personaggio di Sheila pensando a lei e per fortuna è stata subito d’accordo di girare il film. Per le altre tre c’è stato un percorso in due fasi. Dapprima, senza avere ancora la storia del film, ho cercato di avvicinarmi a queste donne molto sfuggenti e molto forti ma con tentativi piuttosto goffi che non sono andati a buon fine. Stavo per arrendermi, quando mi hanno presentato una signora che fa parte della comunità capoverdiana del quartiere dove ho poi girato il film: lei ha capito subito il mio progetto e mi ha aperto le porte. Ho poi organizzato durante circa sei mesi un atelier di recitazione molto semplice con una decina di donne, abbiamo imparato a conoscerci e tra loro ho trovato facilmente le altre tre interpreti».

Ora vive in Portogallo, come si trova nell’ambiente cinematografico di un Paese molto vivace da questo punto di vista?

«Bene, Nha Mila è prodotto da Luis Urbano, una figura molto importante anche a livello internazionale. I primi due anni a Lisbona mi sono serviti soprattutto per riscoprire le mie origini, dopo di che ho preso contatto con l’industria cinematografica portoghese che effettivamente è molto attiva e mi trovo bene anche per ciò che riguarda il modo di lavorare e per la forte presenza dell’Africa nella cinematografia del Pese».

A che punto è il suo progetto di primo lungometraggio, Hanami, ambientato a Capoverde?

«Il film è in fase di sviluppo. Negli ultimi due anni mi sono recata regolarmente a Capoverde e conto di iniziare le riprese nel 2022. La bella notizia è che dallo scorso luglio sono stata accettata in una residenza artistica molto prestigiosa, la Oxbelly Lab, con due mentori eccezionali: la regista greca Athina Tsangari e l’attore americano Willem Dafoe. Molto dipenderà anche dall’evoluzione della pandemia: a Capoverde in un primo tempo i numeri erano molto contenuti ma ora la situazione sta peggiorando ed è difficile dire cosa succederà nei prossimi mesi».

Il Festival di Locarno quest’anno vede i cortometraggi al centro del programma: un fatto positivo?

«Nessuno poteva aspettarsi un’edizione così, ma credo che il formato del cortometraggio non sia ancora così conosciuto e quindi può essere un’occasione per avvicinare un nuovo pubblico a questo genere di film».