La forza e la fragilità di Greta

I am Greta, il documentario del regista svedese Nathan Grossman che, dopo l’anteprima dei giorni scorsi al Film Festival Diritti Umani è da oggi nelle sale ticinesi, unisce diversi aspetti che meritano di essere considerati. Da una parte si tratta del ritratto di una vera e propria celebrità, che è la protagonista assoluta del film, colta nel suo periodo di folgorante ascesa mediatica, e può quindi richiamare da vicino la parabola di una rockstar, di una influencer o di un’attrice di Hollywood. D’altra parte il film è anche uno studio - mai superficiale - su una personalità complessa, un’adolescente con alle spalle un’infanzia non certo priva di problemi, nonostante l’ambiente familiare affettuoso e solidale nel quale è cresciuta. Las but not least, I am Greta è anche un documento eccezionale per ciò che riguarda la nascita e il fulmineo dilagare a livello planetario delle proteste e degli scioperi giovanili (anzi, si dovrebbe usare il termine «infantili», ovviamente non in senso spregiativo, vista la verdissima età dei partecipanti) in favore di politiche più incisive contro i pericoli per la nostra salute e la nostra stessa esistenza indotti dai cambiamenti climatici.
Intuito, audacia, fortuna
Partendo da quest’ultimo aspetto, l’eccezionalità di I am Greta nasce dall’intuito di cui ha fatto prova Grossman e dalla sua capacità di non farsi irretire dai complessi meccanismi produttivi che oggi determinano sempre più anche il lavoro dei documentaristi. Come racconta lui stesso, nell’autunno del 2018, venuto a conoscenza tramite un amico in contatto con la famiglia Thunberg, dell’idea di Greta di inscenare, da sola beninteso, un sit in di protesta contro i cambiamenti climatici di fronte alla sede del parlamento svedese nelle settimane precedenti le elezioni, Greenberg si è subito da fare. Ha parlato con la ragazza e, ottenuto il suo consenso e quello dei genitori, ha iniziato a seguirla da vicino, a filmare gli scambi di battute con i passanti incuriositi dalla sua presenza e con i giovani che iniziano ad unirsi a lei convinti dalle sue parole. E tutto ciò senza avere né un budget, né un piano preciso, né tantomeno sapere quale sarebbe stato il destino di Greta e del movimento a cui stava per dare origine. Nel giro di poche settimane, le cose accelerano sempre più: Greta inizia a viaggiare per tutta l’Europa in compagnia del padre, invitata ad importanti meeting politici ed economici e nel contempo per le strade del mondo intero manifestano decine di migliaia di giovani uniti sotto la bandiera dei «Fridays for Future». Nathan Grossman è stato audace e la fortuna aiuta gli audaci, si può ben dirlo, poiché oggi la diciassettenne Greta Thunberg non è solo conosciuta ovunque ma è pure una vera e propria icona, e il suo film sta suscitando una grande eco.
Alibi, insulti e sconforto
La genesi di I am Greta spiega in gran parte anche perché non si tratti di un documentario apologetico ma di un documento che non esita a mostrare la sua protagonista nei momenti migliori ma anche in quelli peggior. Ad esempio quando si chiede se per i politici e i leader economici che la invitano per ascoltare le sue parole non costituisca solo un alibi per continuare a lanciare promesse, mai seguite dai fatti, sul tema che più le sta a cuore. O quando, in una delle sequenze più dure del film, si ritrova a leggere gli insulti e le minacce nei suoi confronti che pullulano sui social media. O ancora, quando nel suo viaggio in barca a vela verso New York per partecipare all’assemblea generale dell’ONU, Greta vive momenti di profondo sconforto mentre l’imbarcazione è sballottata dalle onde nel bel mezzo dell’Atlantico. Il fatto che Grossman abbia girato il 95% del film da solo, occupandosi delle immagini e del suono, gli ha permesso di restare sempre vicinissimo alla ragazza e ha fatto sì che né lei né il padre - che l’accompagna nei suoi spostamenti in treno, con auto elettriche, o i mezzi pubblici - abbiano mai chiesto al regista-camerman di lasciarli soli o di spegnere la macchina da presa.
Personaggio anomalo
Questo modo di procedere permette di interrogarsi anche sui motivi che hanno fatto sì che un personaggio tanto «anomalo», lontano mille miglia dai cliché che animano il mondo adolescenziale, diventasse un vero e proprio modello per milioni di suoi coetanei. Da un lato Greta Thunberg appare irresistibile, quasi invincibile, tanto è convinta di ciò che afferma e tanto è in grado di argomentare sui temi che ha studiato, e continua a studiare, a fondo. Dall’altro ci appare come un essere estremamente fragile, che deve tenere a bada una forma leggera di sindrome di Asperger ma anche tutte quelle irrequietudini che caratterizzano la tumultuosa fase della sua vita che sta attraversando.