Agendasette

La serialità svizzera sbarca su Netflix

«Neumatt», prodotta dalla SRF, è la prima serie elvetica acquistata dal gigante dello streaming
© SRF / Sava Hlavacek
Max Borg
25.02.2022 12:00

Correva l’anno 2018 e il pubblico del Festival di Zurigo scopriva in sala la commedia Wolkenbruch, basata sul celebre romanzo incentrato su un giovane ebreo che commette il peccato mortale – agli occhi della madre – di innamorarsi di una ragazza cristiana. Uscito al cinema sul territorio elvetico, con grande successo di pubblico (nelle aree di lingua tedesca ha avuto più spettatori di Avengers: Infinity War, il grande blockbuster americano dell’anno), a livello internazionale Wolkenbruch è diventato un Netflix Original, il primo acquisto di un titolo nostrano da parte della piattaforma streaming.

A quasi quattro anni di distanza, il gigante della visione domestica, che da qualche mese ha un ufficio apposito per la regione DACH (Germania, Austria, Svizzera) e si interessa attivamente allo sviluppo e/o all’acquisizione di produzioni cinematografiche e seriali provenienti da questi Paesi, ha fatto il passo successivo assicurandosi i diritti internazionali di Neumatt, la serie targata SRF che ha raccolto consensi sulle varie reti nazionali e – per chi non avesse avuto la pazienza di aspettare la messa in onda settimanale – su Play Suisse che rimarrà la dimora esclusiva per lo streaming delle produzioni SRG SSR.

Nella vecchia fattoria alemanna
La serie, andata in onda lo scorso autunno dopo l’anteprima zurighese (avvenuta sempre in sala nel contesto del festival che da anni propone uno spazio anche per la televisione), è ambientata a Zurigo e nell’Oberland circostante, dove una famiglia divisa tra città e campagna deve lottare per la sopravvivenza della propria fattoria, alle prese con una realtà economica sempre più brutale per il settore primario. Un dramma forte che sfrutta le potenzialità narrative e iconografiche degli ambienti zurighesi e, come spesso capita con queste produzioni, unisce il meglio delle diverse realtà regionali elvetiche: il centro nevralgico, sullo schermo e dietro le quinte, è infatti Zurigo, ha un team di sceneggiatori (coordinati dalla showrunner Marianne Wendt) che include Petra Volpe, il cui percorso, per questioni di doppia cittadinanza, è fatto da opere girate in tedesco e in italiano. E multilingue è anche la carriera dei due registi, l’argoviese Sabine Boss (che nel 2015 è stata a Soletta e Locarno con la produzione italofona Vecchi pazzi) e il romando Pierre Monnard, che ha firmato le prime due stagioni di Wilder e il film Platzspitzbaby (e ha già in cantiere Hors Saison, co-produzione della RTS con France Télévisions). La fotografia, infine, è del ticinese Pietro Zuercher, collaboratore regolare di cineasti come Mohammed Soudani, Erik Bernasconi e Niccolò Castelli.

Netflix e l’espansione europea
Mentre il pubblico internazionale aspetta di poter scoprire Neumatt, che sarà disponibile in 190 Paesi e in 30 lingue diverse, e quello nostrano attende la seconda stagione, le cui riprese inizieranno a marzo, su Netflix è già presente una parziale influenza svizzera attraverso la serie originale Guida astrologica per cuori infranti: una produzione italiana, girata a Torino (con seconda stagione in arrivo l’8 marzo), ma con un elemento ticinese dato che l’adattamento dell’omonimo libro di Silvia Zucca è stato fatto da Bindu De Stoppani, ticinese da parte di madre. Un prodotto, questo, che fa parte di una strategia di espansione avviata da Netflix sin da quando è sbarcata in Europa, con debutti graduali nei vari Paesi a partire dal 2014, e i cui effetti sono evidenti scorrendo l’elenco di produzioni originali aggiunte al catalogo nei primi due mesi del 2022 o in arrivo nel corso dell’anno (tra queste il film danese Against the Ice, scritto e interpretato dal divo scandinavo Nikolaj Coster-Waldau, che è stato presentato fuori concorso alla Berlinale e arriverà in streaming il 2 marzo): titoli italiani, polacchi, tedeschi, sudafricani, coreani. Strategia che inizia a dare i suoi frutti anche in prospettiva Oscar, visto che uno dei film in lizza per la statuetta del miglior lungometraggio internazionale è È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, realizzato in collaborazione con la società la cui N rossa a caratteri cubitali è diventata parte integrante della nostra vita quotidiana.

Quanto al ruolo della Svizzera, se n’è parlato in occasione dell’edizione più recente del Geneva Digital Market, la parte per addetti ai lavori del Geneva International Film Festival, tenutosi a novembre. In occasione del dibattito, i presenti hanno potuto dialogare con Wolf Osthaus, portavoce di Netflix nell’area DACH, su come funziona la collaborazione con le realtà locali: anzitutto gli eventuali Originals di natura elvetica non devono sacrificare le loro peculiarità nazionali o addirittura regionali in nome dell’algoritmo, perché i dati mostrano che tali specificità contribuiscono al fascino universale del singolo titolo (basti pensare al recente successo della serie animata di Zerocalcare, personaggio finora semi sconosciuto fuori dal territorio italofono). Quanto alla distinzione tra serie e film, spetta agli autori e produttori decidere il formato migliore per la singola storia che si intende raccontare.

E a chi lamenta la scarsa presenza di titoli svizzeri in generale sulla piattaforma, la risposta molto pragmatica: non ha senso per Netflix avere film e serie di origine elvetica all’interno del catalogo nostrano, perché ciò si trova già su Play Suisse (guarda caso, la piattaforma più popolare da noi dopo il gigante statunitense). Il tutto con lo scopo di offrire qualcosa di complementare, anziché concorrenziale, per una coesistenza quanto più possibile pacifica.

Scoprite di più sugli eventi in programma dal 25 febbraio al 3 marzo sfogliando AgendaSette n. 8, in allegato venerdì al Corriere del Ticino e sempre a portata di smartphone e tablet con l’app CdT Digital.